[ 13 aprile 2010 ]
CAPIRE IL NUOVO POPULISMO
I liberal-liberisti hanno vinto il primo turno delle elezioni ungheresi. Al secondo turno in programma il 25 aprile il partito Fidesz di Viktor Orban spera di ottenere una maggioranza talmente ampia da poter formare un governo monocolore. Tuttavia non è questa la prima sorpresa, e nemmeno il crollo dei “socialisti”, puniti dall’astensione e dall’esodo del loro elettorato a causa di anni di politiche antipopolari e della corruzione dilagante.
La vera sorpresa è che il partito
Jobbik è arrivato al 16,7% dei voti (alle europee di un anno fa aveva ottenuto il 14,9%). Una avanzata apparentemente inarrestabile. Ma chi è Jobbik? Se ne sono state dette di tutti i colori: nazisti, razzisti, qaedisti, comunisti, populisti. Chi più ne ha più ne metta. Consigliamo di leggere il loro corposo
Manifesto politico.
Cosa abbiamo? Un muscoloso populismo nazionalista e antiglobalista, che fonde xenofobia, moralismo cristianista conservatore e proposte sociali prese a prestito dalle antiche tradizioni socialiste. Il leader di Jobbik, Gabor Vona, ha promesso un’opposizione dura al futuro governo della destra liberista (che di sicuro condurrà il paese sull’orlo del precipizio), tendendo anzitutto a intercettare il profondo malessere dei ceti più poveri (ma solo ungheresi, Dio ce ne scampi dai Rom!) della popolazione.
Si commeterebbe un errore a liquidare Jobbik come un partito neo-fascista. Accusa che esso apertamente respinge. Occorre invece saper cogliere i tratti di novità che esso esibisce. Come nel resto d’Europa il populismo radicale ungherese raccoglie consensi di massa non in virtù dei suoi riferimenti al passato, quanto perché ha saputo leggere le novità e le contraddizioni sociali indotte proprio dalla modernità. O, se si preferisce, dalla post-modernità. Mutatis mutandi, come ha fatto la Lega in Italia, con la differenza che Jobbik ha tratti anticapitalistici accentuati, un nazionalismo che si tinge di antioccidentalismo (di qui anche il rifiuto della Ue). Un nazionalismo che guarda più ad Est che a Ovest.
Questo sembra a noi il tratto, programmaticamente parlando, più peculiare. Uno sguardo ad Est nient’affatto incolore o innocente. Jobbik dichiara apertamente che l’Ungheria non è solo quella che sta nelle sue attuali frontiere, ma dove stanno gli ungheresi. Abbiamo dunque un nazionalismo pan-ungherese, l’idea risorgente della Grande Ungheria. Il Manifesto di Jobbik non a caso insiste ripetutamente sul “Bacino carpatico” (nonché sui Balcani), quasi come questo fosse, ma questo lo diciamo noi, una specie di “spazio vitale” ungherese.
Vista la consistenza delle minoranze ungheresi in Serbia (Vojvodina), in Romania e in Slovacchia, questi paesi hanno di che stare in allerta. Cosa accadrebbe, ci chiediamo, se un domani non lontano Jobbik, spinto dalla crisi sociale, giungesse al potere? Quanto reggerebbe la Pax europea?