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VENDOLA IN PUGLIA

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[ 23 aprile 2010 ]

Tra il dire e il fare
c’è di mezzo il mare

di Giovanni Seclì 

In Puglia, il voto a  Vendola, soprattutto nel 2005, in parte anche nel 2010,  esprime volontà di cambiamento politico, da parte di una collettività tradizionalmente moderata e rassegnata. Un bel voto  orientato a sinistra, auspicio  di alternativa: anche se  130.000  (1 su nove)  elettori,  nel 2010 non hanno confermato la speranza di cambiamento in Vendola. Ma pure un voto orientato personalisticamente, verso un  politico che
spicca  rispetto al grigiore generale; ma insieme  ripropone, come  antidoto ad una politica senza progettualità alternativa, una risposta   spiccatamente leaderistica.   A  conferma   è il suo riconoscersi prioritariamente nelle “fabbriche di Niki”, più che nell’altra sua creatura Sinistra ecologia e libertà,  di cui Vendola  stigmatizza i limiti, sia in termini di risultati nazionali, ma anche  nel riprodurre vecchie logiche  partitiche, forse inadeguate a confrontarsi  con la fase politica attuale.
Certo sarebbe importante  capire quanto c’è di nuovo nelle “fabbriche di Niki”,  in Puglia  talvolta sovrapponibili con qualche  progetto giovanile finanziato dalla Regione Puglia; per non  affondare l’analisi sull’eterogeneo sostegno di candidati  e liste che hanno reso possibile la rielezione di Vendola (ex UDC, personaggi  di area confindustriale, diversi
riciclati, molti socialisti ex craxiani). E  quale sarebbe stata la sua “narrazione politica alternativa” se a sostenerlo ci fosse stata l’UDC e IO SUD (della ex MSI Poli Bortone), inutilmente corteggiati da Niki!? Quale possibilità di vittoria  se non ci fosse  stata la divisione nel centrodestra pugliese (da cui sarebbe arrivato a favore di Vendola qualche voto disgiunto): vittoria  non sappiamo quanto dovuta alla credibilità  conquistatasi sul campo, e quanto al discredito e al disorientamento dell’area  contrapposta. E quanto sarà netta la sua narrazione alternativa, rispetto a quella D’Alemiana, se le attenzioni verso IO SUD e UDC (di riconoscenza o di progettualità  politica?) continuano a esternarsi?
Ma Vendola , comunque, come nel 2005, così prima delle ultime regionali ha  riscaldato  i cuori con  messaggi  di alternativa culturale e politico-morale.  E accusa, dopo i risultati  negativi per il centro sinistra nazionale, che essi sono frutto dell’incapacità di tale forza  politica di una narrazione nuova e alternativa, rispetto a quella del centrodestra.
Bene; ma la necessità di   narrazioni alternative, (stigmatizzata da Vendola su Il manifesto  del 2 aprile) è sufficiente per  promuovere una conseguente prassi politica? Nella Puglia  gestita da Vendola vi è stata coerenza tra il dire e il fare; o il primo non è servito per nobilitare  scelte politiche forse  poco alternative?
In alcuni settori   vi è stato  qualche sprazzo di alternativa  rispetto a politiche  tradizionali e omologate::  la promozione della creatività,  per l’inserimento  lavorativo giovanile;   eventi e politiche socio culturali, e di solidarietà. Bene anche per  i circa 20000  posti di lavoro stabilizzati o , in prospettiva, internalizzati, pur con delle riserve e pasticci, dovuti alla frettolosità delle leggi e alle possibili vertenze tra precari , ancora insolute.
 Anche in altri settori più “strutturali”, dove i poteri forti  marcano interessi consolidati, la narrazione vendoliana è stata alternativa a quella  dei precedenti governi di centro-destra; a differenza del “racconto” del centro sinistra nazionale,   denunzia  Vendola,  in modo forse troppo drastico.
Se  dalle  narrazioni passiamo  alle scelte politiche concrete, la necessità  guardarsi “senza ipocrisie”  impone  la  critica ed anche l’ autocritica, rispetto alla  coerenza  dell’azione politica  con la propria  “narrazione alternativa”.
Ed emerge la figura di Vendola Giano bifronte.
Giustamente  teorizza  Vendola: vanno  “ invertiti i termini del rapporto tra rappresentati e rappresentanti, rendendoli sempre più orizzontali”. Ma in Puglia quante realtà di base hanno avuto  il “privilegio”di un tale confronto (almeno  di interlocuzione indiretta,  o di semplice risposta a domande, proposte, critiche), su temi forti, come acqua, energia e sanità,  soprattutto con il Presidente e con alcuni assessori? Quale democrazia partecipata senza steccati ha favorito Vendola?
“Dobbiamo dar seguito nei fatti a quello che proclamiamo e applaudiamo”: esortazione rivolta da Vendola ai cittadini , affinché pratichino la raccolta differenziata; ma  da girare agli stessi amministratori pugliesi, affinché pratichino  una politica nei fatti “differenziata” da quella del centrosinistra nazionale, e sovrapponibile a quella del centrodestra…!
A partire dalla legge elettorale pugliese, definita pessima da Vendola: premio di maggioranza  ipergeneroso, a favore del primo suffragato( richiama la legge fascista Acerbo); sbarramento elevato e antidemocratico al 4%, che ha tenuto fuori, per poche migliaia di voti la Federazione della Sinistra  dal Consiglio;  il più alto numero di consiglieri  regionali(i più pagati), in rapporto alla popolazione; il pateracchio finale : 78 eletti, oltre i 70 previsti dallo Statuto regionale, con  code vertenziali dagli esiti imprevedibili.  “La politica era consapevole di questo esito:per  5 anni, pur potendo intervenire sulla legge, ha evitato di farlo”  A  chi è rivolta la odierna denunzia  dell’assessore regionale Minervini…?
La sanità: oltre gli scandali che hanno coinvolto vicepresidente e assessore al ramo, ve n’è uno più grande, non criticato dalla destra perché realizza i suoi principi: ricorrere alla “finanza di progetto” (come programma di Brunetta  per Venezia) per costruire sette ospedali  pubblici, quindi “aprendo le porte ai privati” (Gazzetta Mez: 9 marzo); il varo di tale progetto è l’Ospedale oncologico del Mediterraneo di Taranto: 130 milioni di euro pubblici per costruirlo, “affidato” a don Verzè (che elogia Vendola “santo”),  padrino della sanità clericale e di Berlusconi,!
L’energia alternativa: la Puglia ha il primato delle rinnovabili in Italia, rivendica il Presidente. Ma per Puglia non va intesa l’Ente Regione, né le amministrazioni pubbliche, né consorzi di comuni e cittadini, o tra pubblico e privato. La Puglia ( pur con vincoli regionali per  poche zone  protette parchi, Sic etc:) ha il primato di aver  allettato con la sua legislazione  interessi privatistici, allargando la DIA-silenzio assenso, al massimo, fino a  50 volte di quanto previsto dalle norme statali  (da ciò la recente  bocciatura  della legge 31 /2008, da parte della  Corte C.). La  speculazione imprenditoriale settentrionale e straniera  ha invaso la Puglia,  con megafotovoltaico-eolico e biodiesel, espropriando beni pubblici (campi, ambiente, vento e sole) per enormi affari privati: la Puglia è la prima colonia energetica in Italia. Ai privati colossali contributi pubblici, verso altre regioni l’energia prodotta;  qui resta la devastazione del territorio (denuncia di  Martinez, diret: reg: Beni Paesaggistici, e di Assennato, dir: Arpa),    e  le montagne di carbone per le megacentrali , non ridotto di un grammo.
Bene ha fatto Vendola a opporsi ai saggi di perforazioni petrolifere off-shore, autorizzate dal governo; ma quelle  su terra autorizzate nel 2008 dalla Regione…?  Così per i termovalorizzatori: prima di Vendola, associazioni e comitati avevano contestato quelli di Fitto;  ma spacciare i propri come innocui  per  la salute dei pugliesi, pur bruciando cdr…….! E’ innanzitutto un’offesa all’intelligenza ,oltre che alla salute dei pugliesi, danneggiata pesantemente dalle emissioni di Taranto e Brindisi. Se la regione Puglia  è riuscita a concordare  con l’Ilva  l’abbattimento  della diossina (anche se nza un monitoraggio non-stop sulle emissioni), non è però coerente sdoganare gli inceneritori, che  risaputamene non emettono certo ossigeno!
E la legge sulla casa  di Berlusconi, con la  nefasta possibilità di ampliamento degli immobili fino al 35%,non ha forse trovato  nella regione Puglia una troppo sollecita e  assai generosa applicazione?
Non basta proclamare che  i tempi della vita devono prevalere su quelli della mercificazione: occorreva cambiare la legge di Fitto che liberalizzava notevolmente le aperture festive delle attività commerciali, a danno dei lavoratori e della qualità della vita; invece, la situazione  è immutata, se non peggiorata, dopo un provvedimento regionale (26.4.2009)  che  decideva la “liberalizzazione selvaggia” invece di ostacolarla (denuncia della CGIL pugliese): in una regione dove lavoro nero e precario sono  quotidianità.
Che fine ha fatto la promessa   vendoliana del salario sociale? Forse dissanguata e immolata sull’altare degli sprechi nella sanità e delle oltre 500 consulenze succulente a favore di  chi…!?
Infine la difesa sbandierata  della acqua pubblica e dell’AQP, nella proprietà e nella gestione:  in zona Cesarini , solo una delibera di giunta; ma perché aver fatto passare anni, senza  vararla prima e senza  trasformarla  in legge?!
E  le dimissioni di  R. Putrella, dal vertice dell’Acquedotto pugliese cosa sono state se non la palese denuncia dell’ambiguità della politica  della Regione , sdoppiata tra  proclami  e narrazioni seducenti, smentite da politiche  di compromesso
La  narrazione alternativa di Vendola  si è fatta prassi , oppure è servita e (servirà)   a nobilitare  una pratica politica del  governo di centrosinistra pugliese, finora poco alternativa?
Più che di narrazioni alternative, la sinistra  ha bisogno di scelte politiche alternative al modello liberista e agli interessi privatistici egemoni: diversamente le prime sono ipocrisie che danneggiano la stessa  sinistra, tradiscono i progetti sbandierati, favoriscono la logica del sistema dominante, grazie ad una verniciatura rosa, che  seduce, ma svuota e  narcotizza insieme

Giovanni Seclì – giogiuliana@alice.it

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