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LA SPIEGAZIONE “MINIMALISTA” DELLA CRISI

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[ 04 maggio 2010 ]

«Quando gli Stati Uniti starnutiscono il mondo prende il raffreddore» 
DI DAVE KEATING
Questo detto del Ventesimo secolo non è mai stato tanto azzeccato quanto lo è oggi, momento in cui le economie d’Europa incespicano per via di una crisi economica creata a migliaia di chilometri di distanza.
Ciò che era cominciato con degli incauti prestiti concessi negli Stati Uniti è andato espandendosi a macchia d’olio sull’intero pianeta e minaccia oggi di trasformarsi in una nuova grande depressione di portata globale. 

Tutto è cominciato con un mutuo.
La crisi ha raggiunto proporzioni allarmanti. Tutto ha avuto inizio con lo scoppio della bolla del mercato immobiliare americano nel 2004, dopo un lungo periodo in cui i prezzi delle case erano cresciuti costantemente. A un numero crescente di famiglie veniva data l’opportunità di accendere un mutuo, in maniera quasi indiscriminata. I creditori, infatti, si erano dati ad una pratica chiamata dei “ prestiti subprime” – concedendo prestiti a persone poco solubili, gente a cui normalmente non sarebbe mai stato accordato un mutuo per comprar casa. I mutui subprime prevedevano un tasso d’interesse molto basso per i primi anni e un brusco aumento nei successivi. Di solito i rischi non venivano spiegati nei dettagli, mentre i debitori imboniti con la prospettiva di poter rifinanziare il mutuo negli anni a venire per mantenere il tasso di interesse ai livelli iniziali.
Alcuni economisti misero in guardia riguardo ai rischi che si correvano, ma la maggioranza non volle interrompere l’atmosfera festosa che regnava nel mercato immobiliare statunitense. Sembrava che tutti ci stessero guadagnando: compagnie di costruzione, agenti immobiliari, istituti bancari e produttori di materiali edili.
I felici consumatori diventavano, spesso per la prima volta nella loro vita, proprietari di una casa. Il settore passò praticamente inosservato agli occhi del Governo americano, dopo anni di deregolamentazione costante ad opera del partito repubblicano.
La festa è finita.
Nel periodo 2004-2006 arrivò il momento di ripagare. I tassi d’interesse sui mutui subprime schizzarono alle stelle. Molti debitori non erano semplicemente in grado di ripagare o rifinanziare. La crisi sarebbe potuta rimanere confinata agli Stati Uniti.
Sfortunatamente le banche e i creditori di questi prestiti avevano venduto i debiti ad altri investitori. I debiti sminuzzati in azioni erano stati venduti a investitori stranieri e ad istituti bancari di tutto il mondo sotto forma di cavillosi pacchetti finanziari incomprensibili ai più.
Nel 2007, 1,3 milioni di proprietà immobiliari sono state messe all’asta per insolvenza, il 79% in più rispetto al 2006. Fu il panico: nessuno sembrava sapere di chi fossero questi debiti “ senza valore”, sparsi nel sistema finanziario a tutte le latitudini del globo.
Improvvisamente le banche non erano più disposte a farsi prestiti a vicenda, diffidenza che risultò in un cosiddetto “ credit crunch” ossia un periodo in cui c’è poca liquidità (cioé soldi contanti) nel sistema perché nessuno presta denaro. Le perdite cominciarono ad accumularsi.
A luglio 2008, grandi banche e istituzioni finanziarie a livello mondiale denunciarono perdite per circa 435 miliari di dollari. Oggi, banche e istituti finanziari non riescono a ottenere crediti e sono in fase di stallo con valori negativi nei loro libri contabili. Molti hanno dovuto dichiarare fallimento o sono sul punto di farlo. I Governi sono stati obbligati a venire in soccorso di questi istituti per scongiurare un collasso dell’economia dalle conseguenze disastrose.

Ecco solo alcuni nomi per tutti quelli per cui i Governi sono intervenuti, Freddie Mac e Fannie May negli Usa, il gigante delle assicurazioni AIG, Northern Rock in Gran Betragna e Fortis e Dexia in Belgio. Sentori di bancarotte imminenti hanno spinto il Governo americano a predisporre un pacchetto di salvataggio (bailout) del valore di 700 miliardi di dollari per scongiurare i fallimenti prima che avvengano.


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