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Verso la fine di Silvio berlusconi

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[ 29 maggio 2010 ]

IL BUFFONE PERFETTO
E’ noto come Silvio Berlusconi ami raccontare barzellette. Non lo fa solo in privato ma pure in occasioni solenni. L’incontenibile smania di strappare consenso fa tutt’uno col suo narcisismo e la sua megalomania. Egli è un tolemaico, nel senso che considera se stesso al centro degli eventi e del mondo.
Così facendo sfuma i confini tra la realtà e il suo proprio immaginario. Il suo patologico “ottimismo”, frutto del suo straordinario successo personale, lo conduce infatti a smarrire il senso delle proporzioni. L’amore per la barzelletta si spinge al punto che la realtà finisce per essere rappresentata come una barzelletta, con se stesso come protagonista.
L’esempio più disarmante è come egli ha voluto raccontare la crisi economica che attanaglia il capitalismo occidentale ed in particolare quello italiano. Egli l’ha negata e continua a negarla, nonostante l’evidenza, malgrado tutti le affermazioni in senso contrario dei suoi compari ai vertici del sistema. Quello che potrebbe sembrare una distorsione psicologica, essendo egli Primo ministro, rischia di diventare un drammatico problema politico. La farsa del berlusconismo è una singolare metafora della tragedia italiana. Il Titanic è sull’orlo dell’abisso mentre il suo capitano ci racconta delle storie, tratta i cittadini come clienti che deve convincere ad acquistare la sua mercanzia.
Tuttavia la sua impudenza comincia ad innervosire la stessa borghesia. Ne abbiamo avuto una prova all’assise della Confindustria l’altro ieri. Essendo che la crisi ha gettato nel panico i capitalisti, l’atmosfera plumbea non ha consentito a Berlusconi di buttarla in barzelletta. Evidentemente imbarazzato dato il clima plumbeo ha quindi tirato fuori dal cappello il suo coniglio, certo di fare colpo sulla platea depressa. «Come vedreste la Marcegaglia come ministro dello sviluppo? Chi è daccordo alzi la mano!» Gelo in sala, le braccia restano immobili. In evidentissimo imbarazzo, non meno di quando Fini lo apostrofò alla riunione del PdL, il Cavaliere ha impudentemente chiosato: «Volete che rimanga in Confindustria? Allora non potete più prendervela col governo».
Una vicenda clamorosa, che denuncia non solo il malumore dei padroni, il loro disincanto rispetto a questo “buffone perfetto”, il fastidio ad essere trattati da dipendenti della sua ditta. Un incidente che simboleggia la fine del pur breve e contrastato sodalizio tra la borghesia italiana e questo suo enfant prodige. Berlusconi oramai è solo virtualmente Presidente del consiglio. Dovrà presto lasciare il comando, con le buone, o con le cattive.
Passavano poche ore e Berlusconi inciampava in un’altra, non meno clamorosa gaffe, citando Mussolini al vertice dell’OCSE a Parigi. E’ sintomatico che abbia citato proprio il Duce e la sua frustrazione: «Dicono che ho potere, ma ce l’hanno i gerarchi… So solo che posso ordinare al mio cavallo di andare a destra o a sinistra. E di questo devo essere contento». Una metafora  per affermare che «… come primo ministro non ho mai avuto la sensazione di essere al potere… Ne ho avuto come imprenditore quando avevo 56mila collaboratori, ma non adesso».
La qual cosa non solo rivela a quale politico italiano egli preferisca paragonarsi. Come Mussolini avrebbe voluto trattare i  suoi sodali come cavalli e il palazzo del governo come la sua propria scuderia, Berlusconi vorrebbe ministri e collaboratori come dipendenti a comandoe trattare il paese come la sua azienda privata.
E’ di tutta evidenza che questo personaggio psichedelico è una mina vagante, una minaccia molto seria, non solo per gli italiani in generale, ma per la stessa classe dominante, che dovrà sbarazzarsene, più presto che tardi. Staremo a vedere se egli accetterà una fine mesta o se la vorrà, come pare essere nelle sue corde, un commiato pirotecnico.

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