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FIAT DI POMIGLIANO

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[ 21 giugno 2010 ]

LA LEZIONE PIU’ IMPORTANTE

Un delegato CGIL di Perugia
L’attacco portato dai vertici Fiat in sinergia con Governo, Confindustria, Sindacati Confederali e informazione di regime, contro gli operai di Pomigliano D’Arco, pone alcuni quesiti e sollecita alcune riflessioni.
Perchè proprio Pomigliano? Perchè la comunità di lavoratori di questa grande fabbrica, non si è mai piegata al comando capitalista, con forme di resistenza attive e passive, fra le quali esperienze di organizzazione sindacale fra le più avanzate e combattive che rappresentano un esempio per tutti i lavoratori italiani.
Perchè proprio ora questo attacco micidiale? Perchè è parte di un piano più generale di abbattimento dello standard dei diritti e della forza contrattuale e dei salari della classe operaia. Statuto dei Lavoratori, Norme Costituzionali, Contratti Collettivi di Lavoro, diritti umani altrimenti inesigibili verranno derubricati o spazzati via.


Perchè proprio in questo modo? Perchè il “colpo di maglio” dovrebbe annichilire la classe operaia. Colpirne uno per educarne cento, l’essenza del terrore di classe. Il comando, il ricatto e il terrore capitalista potrebbero così dilagare quasi istantaneamente in tutto il tessuto produttivo, favoriti dal collaborazionismo sindacale e da quello politico della “sinistra” piddina.

La prima riflessione è semplicissima: la classe operaia esiste, come classe e non come semplice ente sociologico. Montagne di carta e di libri scritti dai pennivendoli del capitale per dimostrare che il conflitto di classe era morto e sepolto, vanno bruciati insieme  agli autori. Sotto questa luce la stessa finanziaria (pur “necessaria”) appare come un gigantesco diversivo per mascherare l’obbiettivo vero della borghesia, colpire subito al cuore la classe operaia. La partita vera si gioca a Pomigliano non con lo sciopericchio generale del 25 giugno, che occorre comunque fare e radicalizzare.
La seconda riflessione è che la crisi strutturale, epocale, del capitalismo finanaziarizzato dell’occidente sta riportando ai fondamentali l’economia. Il profitto non scaturisce più dalle plusvalenze finanziarie e speculative, ma potrà essere, se sarà, solo plusvalore estratto dal lavoro vivo dell’operaio! Una montagna di cazzate sul capitalismo cognitivo e sul ruolo del precariato e delle moltitudini sociali vengono spazzate via in un colpo solo. La classe operaia è di nuovo al centro della storia! La prima linea è qui, ora, nel cuore dell’occidente. Le grandi lotte della classe operaia cinese di questi giorni stanno spazzando via ogni illusione di ripresa e “stabilità”. La farfalla che batte le ali a migliaia di kilometri di distanza sta perturbando irrimediabilmente tutto il sistema!
La terza riflessione è decisiva. Non c’è più spazio per il compromesso sociale. I margini del welfare già oggi sono ridottissimi. Ogni lotta sociale e di fabbrica porrà il problema di chi comanda nel paese. Il sindacalismo sociale non darà più risposte. Risposte politiche che solo un partito operaio può e potrà dare alle battaglie che inevitabilmente ci aspettano e che avranno un carattere sempre più politicizzato.

La lezione più importante che scaturisce dalla vertenza di Pomigliano è proprio questa. La battaglia ci sarà, anzi è già cominciata, suscitata artificialmente dai padroni che vogliono approfittare della debolezza, della divisione e dell’impreparazione attuale dei lavoratori. Non sarà indifferente a tutto ciò il risultato del referendum-ricatto del 22 giugno. Più sarranno i NO, più dura sarà per la Fiat.
Uno solo è lo strumento con cui si può sperare di vincere, un partito operaio all’altezza dei suoi compiti politici, che , mi sembra, sia tutto da costruire. Diamoci tutti da fare, il tempo non è molto!

Perugia, 20 giugno 2010

2 pensieri su “FIAT DI POMIGLIANO”

  1. Anonimo dice:

    Vorrei sbagliarmi, ma la classe operaia, salariata e proletaria è morente, assieme alla vecchia borghesia e ai "ceti medi figli del welfare novecentesco" e delle aspettative crescenti.Siamo prossimi all'affermazione di una nuova strutturazione dei classe, ben più aderente della passata strutturazione alle dimensioni culturali e sociali del capitalismo del terzo millennio.Il Nuovo Lavoro operaio e il cosiddetto Proletariato della Classe Media costituiranno le stratificazioni più alte [e potenzialmente rivoluzionarie, si spera] della Classe Povera, in contrapposto alla Classe Globale che ha ormai "divorato" la vecchia borghesia in cima alla piramide sociale.L'inefficacia e la indubbia frammentazione delle pur generose e condivisibili lotte dei lavoratori, in questi ultimi anni, la sconcertante passività delle stratificazioni più basse dei "ceti medi", velocemente ri-plebeizzati, la stessa "morte silenziosa" della vecchia borghesia – classe rivoluzionaria e trasformativa della realtà, secondo Karl Marx – sono altrettanti indizi che quello che sto affermando potrebbe essere un fenomeno epocale reale, nel "cambio di Evo" che caratterizza questo primo scorcio del terzo millennio.Viviamo in un "interregno" fra la dissoluzione del vecchio ordine sociale – fondato sulla dicotomia essenziale Borghesia/ Proletariato, o meglio, sulla società tripartita Borghesia/ "ceti medi"-welfare state/ Proletariato – e l'affermazione della nuova dicotomia Global class/ Pauper class, ed è chiaro che in assenza dall'aspetto soggettivo della nuova classe subalterna in via di formazione [soggettivo, da intendersi in senso gramsciano od anche autocoscienziale hegeliano]non è possibile una resistenza estesa alle dinamiche de-emancipatrici del Capitalismo "Transgenico" finanziario e l'adozione di forme di lotta più incisive ed efficaci.Quanto sopra spiegherebbe anche le "fole" di accademici, giornalisti, politici sistemici sulla morte del conflitto di classe, ormai da consegnare definitivamente alla storia.Semplicemente, il conflitto di classe ha languito, in questi ultimi anni – come se si fosse definitivamente inceppato quello che per moltissimi marxisti novecenteschi ha rappresentato il motore della storia – perché trovandoci nella fase di passaggio ad un nuovo ordine sociale, la nuova classe subalterna non si è ancora formata e non ha ancora "preso coscienza" di sé e della propria forza, da contrapporre ai dominatori globalisti [la Global class quale nuova "razza padrona"].Le resistenze in atto, per molta parte, sono quelle espresse dai "residui coscienziali" della vecchia classe [operaia, salariata e proletaria].Resistenze non di rado caparbie, in certi casi eroiche, ma destinate ad esaurirsi, purtroppo, in "battaglie di retroguardia".Ricordiamoci che l'effimera esperienza di lotta della Comune di Parigi del 1871 – quale ultima manifestazione conflittuale dell'esistenza in vita dell'antico Popolo – è nato il Proletariato che ha iniziato a prendere coscienza della propria condizione di minorità, ed è nato il movimento operaio moderno …Per ora mi fermo quiEugenio Orso

  2. Rivoluzione Democratica dice:

    caro Eugenio Orso,ci ripromettiamo di pubblicare il tuo prezioso commento in prima pagina. E col tuo permesso con la nostra chiosa.

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