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Islanda: tra il serio e il faceto

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[ 29 giugno 2010 ]

CRISI SISTEMICA E SOCIETÁ DELLO SPETTACOLO

«Nessuno deve preoccuparsi del Partito Migliore. Perché si tratta del partito migliore. Se così non fosse si chiamerebbe “Partito Peggiore”, o “Partito Pessimo” e noi non accetteremmo mai di lavorare con un partito del genere». Jon Gnarr (nella foto)

Col 34.7% dei voti il Best Party, il “Partito Migliore”, nato pochi mesi fa sull’onda del devastante crack finaziario dell’isola, ha vinto le elezioni municipali di Reykjavik, ponendo dunque alla poltrona di sindacao il suo leader, Jon Gnarr. Chi è costui? Un comico rockettaro, mezza star televisiva nell’isola dei ghiacci.

Avendo Reykjavik un terzo degli abitanti del paese, ognuno capisce l’importanza di queste elezioni. Nel marzo scorso avemmo modo di segnalare il referendum col quale la maggioranza degli islandesi respinse la decisione del governo di rimborsare le banche inglesi e danesi, in larga parte responsabili del crack finanziario dell’isola. (1) Si trattò in pratica della volontà popolare di annullare il debito. Che quel referendum avrebbe terremotato il panorama politico islandese non avevamo dubbi. L’Islanda, nel suo piccolo, dimostrava fino a che punto la crisi sistemica avrebbe squassato i vecchi equilibri e assetti politici.
Il terremoto infatti c’è stato e, sorprendendo tutti, ha premiato un movimento nato all’ultimo momento, sorto dopo il crack. Un movimento nella cui piattaforma in 13 punti troviamo la richiesta di orsi polari allo zoo, palme sul lungomare e asciugamani gratis nelle piscine, e cure dentali gratuite per tutti. Ma vi troviamo anche la fine della corruzione dei politici, la parità tra i sessi, l’eguaglianza, una democrazia effettiva e la cancellazione dei debiti. Ed è senz’altro quest’ultimo, vista la situazione in cui versa il paese, il punto decisivo che spiega il consenso ottenuto dal Partito Migliore
Prima della crisi finanziaria le banche islandesi erano cresciute in modo esponenziale per dieci anni, fino ad arrivare a un valore dieci volte superiore al prodotto interno lordo del Paese. Poi il sistema è collassato – insieme alla moneta nazionale, la Corona Islandese – e gli effetti sono stati devastanti. La disoccupazione ora è al 9 per cento – una cifra mai vista nella storia dell’Islanda – e moltissime persone sono schiacciate da mutui due o tre volte superiori al valore della casa o della macchina che hanno comprato. 
Ha contato infine il più classico dei messaggi anti-sistema e anti-casta: “mandiamo a casa i politici, facciamo piazza pulita, sbarazziamoci di questi parassiti”.
La stampa italiana che si è occupata del caso ha fatto spallucce su questo fenomeno, allineandosi a quella inglese, ovvero ridicolizzando Gnarr. Ciò è quantomeno buffo in un paese come l’Italia che per primo ha conosciuto l’ingresso in politica di personaggi dello spettacolo (e Berlusconi è anzitutto un uomo di spettacolo prima ancora che facoltoso imprenditore), e che ha poi dato i natali al movimento fondato dal comico Beppe Grillo, che pare appunto essere il contraltare di Silvio Berlusconi.
Che la crisi sistemica e il terrore della fine dell’opulenza premi movimenti come quelli di Gnarr o di Grillo, non deve stupire. In una società di tele-spettatori e tele-votanti vince il tele-leader, ovvero colui che sappia coniugare protesta populista e divertissement. Quanto durerà questo andazzo? Quando la situazione, per parafrasare Flaiano, da tragica, diventerà finalmente seria.

Un pensiero su “Islanda: tra il serio e il faceto”

  1. Anonimo dice:

    Anonimo 1 dice:L'Islanda, si legge in qualche fonte, ha intrappolato la Tigre. Che sia un fatto vero e come abbiano fatto non é facile da sapere. Anche perchè gli amici delle Tigri sono piuttosto incavolati con la minuscola, gelida Islanda e, se possono, minimizzano il fenomeno di una Tigre messa in trappola.Certamente sarà in cantiere qualche terribile ritorsione. Il 9% di disoccupazione non sarebbe poi elevatissimo se confrontato con il nostro, tanto più che là hanno adottato la sovranità monetaria che i problemi ebonomici li risolve a modo suo, ma sembra in modo meno "lacrimevol -sanguinoso" degli Stati (Italia docet) che prendono a prestito dalle banche S.p.a. e poi svenano i miseri cittadini con tasse e macelleria sociale per rimborsare capitali e interessi da cui sono schiacciati (cioé ridotti a bocconi ! per Tigri).

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