14 visite totali, 1 visite odierne

Browse By

POMIGLIANO: DOVE VA A PARARE L’ANTIBERLUSCONISMO

14 visite totali, 1 visite odierne
[ 22 giugno 2010 ]

la Repubblica si schiera con Marchionne

DALLA “ECONOMIA SOCIALE DI MERCATO” ALLA ECONOMIA PAUPERISTICA DI MERCATO

«Io vivo nell’epoca dopo Cristo; tutto ciò che è avvenuto prima di Cristo non i riguarda e non m’interessa». Questo ha dichiarato Marchionne qualche giorno fa riferendosi alla vicenda Pomigliano. Eugenio Scalfari ha preso la palla al balzo per dargli man forte, sostenendo che il “dopo Cristo è l’epoca della globalizzazione della finanza, delle merci e del lavoro, un’epoca che ha radicalizzato la legge dei vasi comunicanti“.

L’analogia col principio fisico dei vasi comunicanti è presto spiegata: «I salari dei paesi emergenti sono ancora molto bassi; dovranno gradualmente aumentare ma lo faranno lentamente. I livelli dei salari dei paesi opulenti [vada Scalfari a farsi un giro nella Napoli metropolitana per vedere se ci sia opulenza, Nda] e di antica civiltà industriale sono molti alti, ma tenderanno a diminuire e questo fenomeno avverrà invece con notevole rapidità per consentire alle imprese manifatturiere di vendere le loro merci sui mercati mondiali a prezzi competitivi. In questo schema già operante va collocata la vicenda di Pomigliano». (la Repubblica del 20 giugno).
E’ vero ciò che dice Scalfari? Certo che è vero! Egli non fa altro che descrivere, senza infingimenti, non tanto la legge fisica dei vasi comunicanti, quanto la tanto vituperata marxista del valore, ovvero la legge fondamentale del capitalismo per cui solo il lavoro degli operai crea plusvalore, e che questo plusvalore è tanto più alto quanto più gli operai faticano come bestie da soma in cambio di bassi salari (sfruttamento). Quel “cane morto” di Marx l’aveva detto: il saggio di profitto del capitale dipende dalla relazione di proporzionalità inversa tra produttività e remunerazione salariale.
Né Scalfari usa infingimenti nel descrivere la reale portata del diktat della FIAT. In polemica con gi stessi sindacati firmatari l’accordo e i suoi sodali del PD, egli chiosa: «Pomigliano è l’apripista d’un movimento generale e non sarà né la Fiom né Bonanni che potrà fermarlo». E per rafforzare il concetto di ineluttabilità del verticale abbassamento dei salari, Scalfari ricorre ad un’altra analogia fisica: «Chi pensa di fermare l’alta marea costruendo un muro che blocchi l’oceano non ha capito niente di quanto sta avvenendo nel mondo».
Siccome la globalizzazione porta la miseria, la crescita delle diseguaglianze e delle ingiustizie sociali, e siccome tutto ciò può produrre fratturazioni e rivolte,  occorre «… un piano globale di redistribuzione del reddito da chi più ha a chi meno ha … compensando quei sacrifici con agevolazioni massicce anche in tema di servizi pubblici efficienti e gratuiti, finanziati da chi possiede mezzi in abbondanza».
Ecco dunque svelata l’equazione scalfariana: per indorare la pillola della “globalizzazione” e dei sacrifici crescenti, cioè per salvare il capitalismo, ci vuole un governo di sinistra, poiché solo la sinistra può addomesticare il proletariato per farlo sfruttare al massimo grado, in cambio di qualche briciola (redistribuzione dei redditi), ove le briciole, i costi, sono a carico della collettività, mentre al capitale, che deve avere mano libera, vanno i profitti. Ad un primo sguardo si potrebbe dire che questa è la vecchia minestra socialdemocratica. Invece no, non è affatto così. Se c’è appunto una cosa che la crisi attuale ha radicalmente posto in discussione è appunto la cosiddetta “economia sociale di mercato”. Questo modello ha conosciuto un periodo d’oro dopo la seconda guerra mondiale grazie alla combinazione di una serie di fattori che oggi non esistono più. La contesa globale col capitalismo asiatico, la crisi del sistema imperiale americano, il tendenziale spostamento del baricentro economico verso l’Asia, implicano che tra “globalizzazione” e “economia sociale di mercato” non c’è una relazione di complementarietà, esse si escludono anzi a vicenda. Il modello andato sotto il nome di “economia sociale di mercato”, dopo un ventennio di agonia, è morto. Per questo, dietro ad un apparente buon senso, la visione scalfariana, ove non sia un deliberato inganno ideologico, è una mera utopia.
E se è un’utopia vuol dire che la speranza che l’Occidente possa passare indenne da un’ “economia sociale di mercato” ad una “economia pauperistica di mercato”, ovvero senza gavissimi contraccolpi, senza violente fratture sociali e di classe è una pia illusione. Stiamo solo ora entrando, anche in Occidente, in un periodo di gravissime turbolenze sociali le quali  riporteranno alla ribalta la necessità di ripensare da cima a fondo come la società debba essere organizzata, e su quali paradigmi debbano rifondarsi “sviluppo”, “benessere”, “progresso”.
Ma dove sta scritto che non ci sia altra soluzione se non quella di salvare il capitalismo? Dove sta scritto che non si possa spezzare la camicia di forza della “globalizzazione”? Non sta scritto infatti da nessuna parte. Scalfari usa la metafora della legge dei vasi comunicanti, in verità nel campo sociale e storico non ci sono leggi ineluttabili come nel mondo fisico. Se un paese deve fare enormi sacrifici (e deve certamente farli) perché farli a favore del capitale? Perché ungere la decrepita macchina dello sfruttamento e non piuttosto  ricostruire su fondamenta socialista l’economia e lo stato?
E dove sta scritto che questi enormi sacrifici debbano essere fatti per rilanciare un modello economico insostenibile, fondato su un uso mercatistico forsennato di risorse energetiche esauribili, sulla distruzione dell’ecosistema, sull’imbarbarimento delle relazioni sociali?
Neanche questo sta scritto da nessuna parte, e più andiamo avanti, più questo sarà chiaro non solo ad esigue minoranze, ma alla maggioranza del corpo sociale.

Un pensiero su “POMIGLIANO: DOVE VA A PARARE L’ANTIBERLUSCONISMO”

  1. Anonimo dice:

    Il fatto che gli antiberluscones "di sistema" – grandi gruppi editoriali collegati al capitale privato, opposizione parlamentare amebica, eccetera – in qualche modo approvino il "modello Fiat" da imporre a Pomigliano per sconvolgere [e "globalizzare"] le relazioni industriali in Italia, altro non è che un'ulteriore riprova dell'esistenza di un Partito Unico della Riproduzione Capitalistica, che congloba, in Italia, Pd e Pdl, Cisl e Uil, Cir Group e Mondadori, Sacconi e Bersani, Veltroni e Fini, Il Giornale e La Repubblica, eccetera.Pensiamo all'osceno spettacolo offerto dal pd proprio in questi giorni, in cui l'amebico cartello elettorale discute al suo interno sulla legittimità dell'uso dell'espressione "compagno" [Fioroni e altri inetti], approvando frettolosamente l'accordo-capestro di Pomigliano, ma raccomandando alla Fiat "non farlo più" [passi per questa volta, tanto che ci importa a noi delle condizioni degli operai campani …].Pensiamo alle recenti dichiarazioni di supporto al "grande manager" Marchionne da parte di uno dei più abbietti ministri del IV governucolo Berlusconi, quel Maurizio Sacconi ex manutengolo craxiano il quale ha dichiarato che siamo davanti [in merito a Pomigliano] ad una "vittoria della modernità"!Non ci si dovrebbe sorprendere, quindi, che l'inutile, anzi, deleterio dinosauro Scalfari segua la stessa linea e pieghi l'anziana gobba davanti alla Globalizzone, al Dio-rendita, al Libero Mercato Globale, e soprattutto davanti a concreti interessi di dominio che si nascondono dietro a questi autentici "misteri della fede" nel dopo Cristo …Saluti antiglobalisti e anticapitalistiEugenio Orso http://pauperclass.myblog.it/

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *