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POMIGLIANO: LA FASCISTIZZAZIONE SOFFICE DEL SINDACALISMO

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[ 16 giugno 2010 ]

SE QUESTI SON “RIFORMISTI”
Pinocchio-Tremonti, lui che si fa bello blaterando contro la globalizzazione ma adottando, da ministro dell’economia, misure imposte proprio dalla grande finanzia predatoria globale, se n’è uscito, in merito alla vicenda Pomigliano, dicendo che l’accordo “… è la rivincita dei riformisti su tutti gli altri”.
Che l’inquietante aggettivo “riformista” fosse oltremodo polisemico lo sapevamo. Ora sappiamo che tra questi significati ha pure quello di essere sinonimo di sfruttamento selvaggio e  riduzione in schiavitù. Poiché questo implica l’ accordo separato sottoscritto dai sindacati gialli e respinto da Fiom e Slai-Cobas dello stablimento Fiat di Pomigliano. Una volta “riformista” era colui che difendeva i diritti dei lavoratori pur respingendo i metodi rivoluzionari. Ora “riformista” è colui che in nome della globalizzazione, delle sue selvagge leggi di mercato nonché della “produttività” (profitto dell’azienda) teorizza che l’operaio debba essere non solo una protesi della macchina, ma che il suo salario debba essere parametrato a quelli turco o cinese. “Riformista” è infine colui che punta la pistola del padrone alla tempia dell’operaio intimando: “o mangi questa minestra o salti la finestra”, o mi voti a favore o ti getto in mezzo alla strada.
L’accordo sottoscritto fa riferimento all’utilizzazione dei protocolli previsti dal WCM. Cosa sia il WCM ce lo spiega Luciano Gallino su La Repubblica di ieri:

«Si tratta dei metodi per determinare preventivamente i movimenti che un operaio deve compiere per effettuare una certa operazione, e dei tempi in cui deve eseguirli; misurati, si noti, al centesimo di secondo. Per certi aspetti si tratta di roba vecchia: i cronotecnici e l’analisi dei tempi e dei metodi erano presenti al Lingotto fin dagli anni 20. Di nuovo c’è l’uso del computer per calcolare, verificare, controllare movimenti e tempi, ma soprattutto l’adozione a tappeto dei criteri organizzativi denominati World Class Manufacturing (Wcm, che sta per “produzione di qualità o livello mondiale”).
Sono criteri che provengono dal Giappone, e sono indirizzati a due scopi principali: permettere di produrre sulla stessa linea singole vetture anche molto diverse tra loro per motorizzazione, accessori e simili, in luogo di tante auto tutte uguali, e sopprimere gli sprechi. In questo caso si tratta di fare in modo che nessuna risorsa possa venire consumata e pagata senza produrre valore.
La risorsa più preziosa è il lavoro. Un’azienda deve quindi puntare ad una organizzazione del lavoro in cui, da un lato, nemmeno un secondo del tempo retribuito di un operaio possa trascorrere senza che produca qualcosa di utile; dall’altro, il contenuto lavorativo utile di ogni secondo deve essere il più elevato possibile. L’ideale nel fondo della Wcm è il robot, che non si stanca, non rallenta mai il ritmo, non si distrae neanche per un attimo.
Con la metrica del lavoro si addestrano le persone affinché operino il più possibile come robot».

La FIOM, per aver tenuto una posizione di rifiuto, è adesso sottoposta ad un fuoco di fila di accuse, alle quali fanno da sponda settori del PD e della stessa CGIL (vedi le dichiarazioni di Epifani). Ma cos’altro poteva fare la FIOM? Essa aveva in buona sostanza accetttato l’impianto di fondo neo-schiavistico del documento FIAT, accettandone gli obbietivi di fondo. Chiedeva una modifica del documento per rimuovere alcune clausole che implicano null’altro che la fine del sindacalismo, la sua sussunzione competa all’azienda, la sua definitiva e formale trasformazione in un organismo aziendale di controllo della forza lavoro. Una fascistizzazione soffice della burocrazia sindacale.

Questa è dunque, tra l’altro, la posta in palio del conflitto a Pomigliano.
Marchionne, Berlusconi e Tremonti vogliono farne un banco di prova, un laboratorio, per imporre la cinesizzazione dell’industria italiana: massima flessibilità, massimo sfruttamento, strame dei diritti, zero conflitto. Il tutto con l’avallo dei sindacati medesimi e ovviamente la legittimazione “democratica” di un ricattatorio plebiscito.

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