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Turchia: un colpo al predominio dell’oligarchia militare

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[ 14 settembre 2010 ]

ISLAM E DIRITTI DEMOCRATICI



di Nicola Sessa*
Passa il Sì per le riforme costituzionali. Alta affluenza alle urne, fallita la campagna per il boicottaggio promossa dal filo-curdo Bdp

I turchi hanno detto Evete la vittoria del Sì con il 58 per cento dei consensi segna il trionfo dell’Akp (Giustizia e Sviluppo), il partito filo-islamico guidato da Recep Tayyip Erdogan.
La campagna avviata dal partito filo-curdo Bdp (Pace e democrazia)per il boicottaggio del voto non ha avuto un impatto significante dal momento che il 77 per cento degli iscritti alle liste si è messo in fila davanti alle sezioni elettorali. Il No, sostenuto soprattutto dai Repubblicani all’opposizione (Chp), si è fermato al 42 per cento.

Il referendum di domenica 12 settembre è connotato da valori simbolici importanti: è stato indetto nel trentesimo anniversario del golpe militare del 1980, rappresenta il manifesto e la volontà del popolo turco di omologarsi agli standard europei e, non ultimo, rappresenta una sorta di voto di fiducia per il premier Erdogan, impegnato a superare la crisi cipriota e, soprattutto, a risolvere la questione curda. Difatti con questo risultato in tasca, Erdogan – al governo da otto anni – è pronto alla prossima sfida elettorale del 2011.
I ventisei articoli del referendum approvati dalla maggioranza dei votanti, permetteranno al P arlamento turco di approvare una Costituzione “civile”, in sostituzione di quella ratificata nel 1982, due anni dopo il colpo militare guidato dal generale Kenan Evren. Gli emendamenti costituzionali andranno a incidere, innanzitutto, sui vertici dell’ordinamento giudiziario dando via a una profonda ristrutturazione del sistema: la Commissione Suprema della Magistratura (Hsyk) – l’organo corrispondente al nostro Consiglio Superiore della Magistratura (Csm) – vedrà incrementare il numero dei suoi componenti da sette a ventidue, di cuiquattro verranno nominati dal Presidente della Repubblica e sedici dai magistrati turchi; il ministro della Giustizia e il suo sottosegretario manterranno i loro seggi “di diritto”. Anche la Corte Costituzionale subirà dei ritocchi: i giudici saranno portati da undici a diciassette e sarà rivista anche la durata del mandato (quattro membri saranno “permanenti”). Come si diceva, la data del 12 settembre ha assunto un profondo significato storico e politico. Erdogan ha sfruttato l’occasione anche facendo leva su una drastica riduzione dell’autonomia militare ridisegnandone, con un emendamento, la giurisdizione: con le modifiche costituzionali la giustizia ordinaria – “civile” – avrà competenza per i reati commessi da militari contro la sicurezza nazionale e l’ordine costituzionale aprendo la strada a un ipotetico processo anche nei confronti del generale ed ex presidente turco Kenan Evren. Tutti quei turchi che hanno assaggiato direttamente, o indirettamente, il lutto e la tortura perpetrati dalla mano militare, non hanno certamente sottovalutato quest’aspetto.
Gli altri punti delle riforme riguarderanno la privacy, la famiglia, i sindacati e la base dei diritti fondamentali per tutelare maggiormente quelli delle donne, dei bambini, degli anziani e dei disabili. Verrà eliminato il divieto per i dipendenti pubblici di scioperare per motivi politici, inoltre i lavoratori potranno iscriversi anche a più di un sindacato di categoria.
L’Unione Europea ha accolto con favore il risultato del referendum e il commissario per l’Allargamento Stefan Fule ha riconosciuto che la Turchia si sta muovendo nella giusta direzione, anche se bisogna attendere l’applicazione concreta dei principi che saranno contenuti nella “nuova Costituzione civile”.

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