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In merito all’ultimo discorso “anticapitalista” di Papa Ratzinger

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Capitalismo: o prendere o lasciare
di Pierpaolo Gatti
riceviamo e pubblichiamo 
E’ come minimo curioso, al limite del censorio, la maniera come i media “laici” hanno trattato la notizia del discorso che Papa Benedetto XVI ha pronunciato ieri mattina inaugurando i lavori dell’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi sul Medio Oriente. Io ho avuto modo di ascoltarlo per intero, trasmesso dalla Radio Vaticana. Mi riferisco alla parte, inusualmente svolta a braccio, e che non trovate dunque nel testo integrale dell’omelia, e nella quale ha compiuto una vera e propria requisitoria contro le “potenze mondane” che stanno dissolvendo la società contemporanea. Egli, in maniera inequivoca e cogente, ha posto l’attuale capitalismo finanziario sul banco degli accusati.
Anche L’Avvenire, quotidiano della CEI, che istituzionalmente dovrebbe attenersi al più rigoroso rispetto del pensiero del Papa, non ha saputo evitare la pulsione censoria. Ecco quanto scarnamente riporta sotto il titolo Quattro falsi dei e l’unico Dio: «I “capitali anonimi” che “schiavizzano” gli uomini ad un modo di vivere immorale. La ferocia della violenza terroristica perpetrata in nome di Dio. E poi la forza annientatrice della droga, e la mentalità dominante che tende a screditare valori come il matrimonio o la castità. Sono queste le «false divinità» che oggi “distruggono il mondo”».
Come gli altri giornali, anche l’Avvenire, ha dunque risposto ad un filo-capitalista pavloviano riflesso condizionato. Il Papa ha invece rivolto accuse durissime al sistema dominante del capitalismo-casinò, fondato sulla rendita, la speculazione e il gioco d’azzardo, sulla brama incontenibile di denaro. Il sistema che ha portato al crollo del settembre 2008 e che, secondo Ratzinger, è destinato a condurre il mondo verso l’autodistruzione. I giornali hanno sfumato il tutto, virgolettando la frase in cui il Papa ha condannato i “capitali anonimi”, come se avesse dunque stigmatizzato, non il capitalismo, ma solo quello “anonimo”.
Il fatto è che da molto tempo il capitalismo si basa sulle società anonime, per cui Egli sapeva bene di non parlare di una imperfezione particolare, di un dettaglio, ma del vero e proprio modus essendi del capitalismo.
Non si fraintenda la mia denuncia della incredibile censura a cui il Papa è stato sottoposto. Alla evidente Sua consapevolezza della causa primaria di tutti i mali che affliggono la società contemporanea (che la stampa ha invece sfumato cone una mera concausa) non corrisponde alcuna proposizione adeguata. Non ci si aspetti da questo Papa, che da prefetto del Sant’uffizio tentò, senza successo grazie a Woytila, di scomunicare i teologi della liberazione, un’apertura al marxismo, all’idea della necessità e della legittimità della lotta di classe. Alla fine il Papa, per salvare il mondo, ha fatto appello all’intercessione dei santi e della Vergine Maria. Consolante? Sconfortante anche per i credenti che cerchino ancora giustizia e che, scomparso il comunismo, vorrebbero dalla Chiesa, risposte concrete e non esortazioni vacue e rassegnatorie. 
E dunque, se potessi essere ascoltato dal Papa —premesso che sarebbe sbagliato non cogliere questo nuovo accento critico, diciamo così, “anticapitalista”, da parte della massima autorità della Chiesa— mi verrebbe da dirgli: “Questo è il capitalismo bellezza. O prendere o lasciare“. 


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