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SE GHEDDAFI TIRA IN BALLO BIN LADEN

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Derna, Libia, 23 febbraio

Chiamata di correo della NATO contro il proprio popolo


Dopo l’insurrezione la guerra civile. 
E domani l’inferno di un’invasione militare USA-NATO?


di Moreno Pasquinelli*

Messi in stato d’assedio da una rivolta senza precedenti, i notabili del “capitalismo burocratico” libico, forti di un consenso di massa nella città di Tripoli come in altre zone del paese, sono  passati al contrattacco.



Non ci sfugge che gran parte del flusso informativo sugli avvenimenti in Libia è tossico, sesquipedale, in buona parte frutto di invenzioni. Facciamo che il 50% sia vero. Se anche solo il 50% è vero, come noi pensiamo, non c’è dietrologia che tenga. Siamo in presenza, non solo di una insurrezione generale di un popolo indignato, deciso a cambiare musica, ovvero a fare a pezzi un regime inviso, ma di un bagno di sangue, di una mattanza, di una strage di migliaia di civili inermi, rispetto ai quali quelli compiuti dagli scherani di Mubarak appaiono bazzecole.

Che poi ci siano ampi strati della popolazione che sostengono ancora Gheddafi, vuoi perché unti dalle regalie del regime, vuoi perché affratellati da arcaici legami tribali, vuoi anche per ragioni ideologiche, e mettiamoci pure da sentimenti nazionalisti; questo non intacca minimamente che in Libia, dopo una virulenta fiammata insurrezionale, sia in corso una guerra civile.

I media occidentali, questa volta ben spalleggiati dalle emittenti del Golfo (da quelle parti Gheddafi non è mai andato in simpatia) vogliono farci credere che col Colonnello ci sono soltanto pretoriani sanguinari e sciami di mercenari di colore provenienti dall’Africa Subsahariana. E’ falso? ma ovvio che sì! Queste anime belle di giornalisti (prezzolati e indottrinati) si scandalizzano che Gheddafi abbia assoldato mercenari. E allora? Non sono forse gli Stati Uniti e la NATO che in Iraq, in Afghanistan, in tutti i luoghi ove inviano truppe queste sono affiancate da altrettanti mercenari assassini? Non è a questi che venivano e vengono assegnati i lavoro più sporchi? Eh già, ma questi, con eufemismo semantico, si chiamano “contractors”.

In verità non solo la gran parte di Tripoli, ma l’aeroporto, tutte le frontiere occidentali e meridionali, intere regioni come la Tripolitania, i centri nevralgici del paese sono ancora saldamente sotto il controllo dei governativi. Nella stessa Bengasi ci sono sacche di resistenza da parte dei lealisti. 


E’ prevedibile una loro rapida capitolazione? Noi pensiamo di no. L’Iraq, ma pure la Somalia e lo Yemen, stanno lì a dimostrarci cosa accade quando si tratta di una guerra civile in cui ci sono di mezzo vincoli tribali e di clan. Siamo davanti ad una faida di proporzioni gigantesche, ove vale il principio mors tua vita mea. Tanto vale crepare in battaglia in modo onorevole che arrendersi per poi subire, in caso di vittoria dell’avversario, implacabili ritorsioni 





Bengasi liberata
Qui sta la chiave —non ce ne vogliano i marxisti che vedono solo classi e lotta tra le classi,  senza avvedersi che in molti paesi semicoloniali o dipendenti la struttura sociale conserva un’ossatura precapitalistica e che dunque il rango delle relative contraddizioni non ubbidisce alle leggi scoperte da Marx—, noi riteniamo, del discorso, a patto di tenere presente che la Libia, in quanto Stato-nazione fallito, in quanto amalgama di clan, era un’amalgama diseguale, in cui alcune tribù stavano sopra, in posizione dominante, mentre altre stavano sotto, in posizione subalterna. Ad oriente poi, le ataviche discrasie tribali, aggravate e mai davvero  risolte dallo sviluppo drogato grazie alla rendita petrolifera, vanno ad aggiungersi a mai sopiti sentimenti irredentisti, visto che la Libia, in quanto nazione, ovvero entro i suoi moderni confini, altro non è che un’invenzione dei colonialisti europei. Così ci spieghiamo perché a Bengasi e in Cirenaica il vessillo di alcuni degli insorti sia la vecchia bandiera monarchica. Argomento, quest’ultimo utilizzato, guarda caso, sia dagli occidentali che dai complottisti antioccidentali e filo-gheddafiani per dire che si tratterebbe di un’insurrezione vandeana.

C’è un piccolo problema signori! Gli insorti di Bengasi hanno proclamato la «Repubblica Provvisoria della Cirenaica», per di più con una donna scelta dagli insorti come Presidente.
La qual cosa sbugiarda le farneticazioni di Gheddafi il quale, nel tentativo maldestro di mantenere l’appoggio che gli imperialisti occidentali gli hanno fornito per più di una decade, da tre giorni dichiara che l’insurrezione è capeggiata da al-Qaida. Un tentativo maldestro quanto esilarante.


Sentite cosa ha detto nel discorso pronunciato ieri sera alla sua Tv riferendosi agli insorti:


«Non è un problema di autorità delle persone, ma di terrorismo internazionale: gente malata di mente, alla quale non importa nulla della sorte del Paese e che sta distruggendo la nostra storia».«Quel che sta accadendo a Zawia è una commedia: gli uomini di Bin Laden hanno distribuito le droghe nell’acqua, nello yogurt, nel cibo agli abitanti, che armati stanno devastando la città». «Ad Al Qaeda  interessa solo di uccidere i vostri figli per avere il controllo della nostra nazione, a loro non interessa il bene della nostra nazione. Questa non è una vera jihad, la vera jihad c’è stata quando abbiamo combattuto contro i colonialisti italiani». Lo stesso discorso in cui, ribadendo che non darà le dimissioni dato che non ricoprirebbe alcuna carica, ha stabilito un parallelo con la Regina Elisabetta che «è al potere da più tempo di me, ma a lei non accade nulla».


E’ evidente che Gheddafi dai i numeri, che si sente braccato, che mente spudoratamente.  Tirando in ballo Bin Laden, quello che gli americani considerano il loro nemico pubblico numero uno, egli fa una spudorata chiamata in correo agli USA e all’Europa  affinché giungano, prima che sia troppo tardi, in suo soccorso —mentre scriviamo le agenzie dicono che Gheddafi ha inviato una lettera direttamente ad Obama: perché se non per chiedere clemenza, magari cercando un accordo con la Casa Bianca? 


Ma la domanda è questa: come pensa Gheddafi potrebbe essere difeso dai suoi vecchi sodali imperialisti dato che è in corso una guerra civile? E’ ovvio: con l’uso della forza, dandogli una mano a schiacciare il popolo in rivolta e a ristabilire l’ordine perduto.





Ma oramai è troppo tardi: i suoi vecchi soci in affari lo hanno già gettato come un ferro vecchio. Se interverranno non sarà per salvare lui, ma per papparsi la Libia. 


Seconda domanda: da che dipende se adesso l’Occidente starebbe già pensando ad inviare in fretta e furia le sue truppe (il Capo di Stato Maggiore americano Muller ha appena confermato le indiscreziondi di Le Monde)? Dipende forse dall’insurrezione popolare? O non piuttosto dalla cecità del regime di Tripoli? Dalla sua vendetta cieca e sanguinaria? Dal fatto che proprio a causa della sua risposta furiosa il paese è stato gettato nel caos?

Abbiamo subito parlato del rischio di somalizzazione della Libia, e quindi del pericolo che la NATO e gli americani colgano la palla al balzo del guerra civile per mettere in atto un intervento militare “umanitario” (mentre scriviamo dispacci d’agenzia provenienti dalla Casa Bianca confermano questo rischio, tanto più come imminente).

A scanso di equivoci: saremo domani, in caso di occupazione militare NATO, dalla parte di coloro che li combatteranno, allo stesso modo di come oggi il nostro cuore batte per gli insorti che vogliono farla finita con un’autocrazia che, abbandonate le sue velleità antimperialiste, ha fatto della Libia una colonia indiretta dell’Occidente, il Bengodi di una camarilla corrotta e corruttrice. Ma come? ci si chiederà? Oggi siete contro i fedelissimi di Gheddafi e domani a favore? Certo che sì, poiché con l’intervento della NATO la natura del conflitto muterà: da conflitto sociale  e politico interno diverrà internazionale, da lotta per il potere in Libia si trasformerà in una lotta per il predominio, o meglio per conservare il traballante predominio, della Santa alleanza USA-Israele-Ue in Medio Oriente e nel Mediterraneo. Oggi gli insorti, combattendo come in Tunisia e in Egitto contro un’oppressione interna soffocante, sono dalla parte della ragione. Se domani dovessero diventare una pedina o un arnese dei campioni dell’oppressione mondiale, passerebbero dalla parte del torto. Mentre chiunque domani combattesse contro le truppe d’occupazione imperialiste sarebbe dalla parte della ragione universale e meriterebbe di essere sostenuto, come avvenne in Jugoslavia, in Iraq, in Afghanistan.
Che poi sarà da vedere chi darà vita, nel caso di un’occupazione USA-NATO, alla Resistenza. Chi può dire che gli insorti la saluteranno mentre i pretoriani del Colonnello la combatteranno?


Fonte: Campo Antimperialista

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