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LIBIA: PROSEGUE IL DIBATTITO (8)

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L’intossicazione mediatica precede l’aggressione 

di Roberto Nadalini

ho letto gli interventi di Moreno Pasquinelli sulla situazione libica. Mi pare che la posizione  espressa, giustamente “in divenire”, rappresenti uno dei pochi esempi di lucidità ed equilibrio nel panorama intellettuale italiano. 

Tuttavia vorrei fare alcuni appunti. Moreno ha certo ragione quando afferma che per conoscere la verità non è sufficiente rovesciare la versione fornitaci dai media, ed è altrettanto vero che giornalisti seri provenienti talvolta da paesi occidentali ci hanno fornito squarci di realtà in molti conflitti. 
Va però detto che la voce di queste mosche bianche è, soprattutto nella fase di mobilitazione generale dell’opinione pubblica antecedente alle aggressioni, normalmente soverchiata dal fronte della menzogna. 

E’ così anche in questo caso: mi capita spesso di seguire i rapporti forniti dagli inviati di Telesur, e mi sembra che il loro lavoro sia encomiabile. Costoro hanno mostrato servizi sui ribelli facendo notare la dinamica assembleare del movimento, i suoi legami con una storia recente fatta di rivolte e repressione e, fino a qualche giorno fa, la sua generale contrarietà all’ingerenza straniera. Grazie a Telesur sono state mandate in onda le immagini di rivoltosi colpiti da proiettili anticarro e gli ospedali della Cirenaica pieni di feriti negli scontri. 

Tuttavia sono filtrate altre informazioni che evidentemente non hanno trovato molta eco nei media internazionali: i dubbi riguardo ai bombardamenti sui civili, le partecipate e continue manifestazioni in appoggio al governo e i presidi composti da gente comune in difesa della città di Tripoli nei giorni in cui il fronte della sollevazione sembrava avvicinarsi alla capitale. 

Altre fonti ( http://www.larepublica.es/spip.php?article23515 ) hanno mostrato nella sua interezza il video dal quale a fine febbraio erano stati estrapolati alcuni fotogrammi per provare che il governo fucilava i militari che si rifiutavano di sparare sulla folla: ciò che si evince è che quei militari erano in realtà stati fatti prigionieri delle fazioni antigovernative e sottoposti a processo sommario. A questo punto mi pare legittimo cominciare a dubitare di molte altre verità ufficciali, compresa quella di un esercito libico composto praticamente solo da mercenari assetati di sangue. Sin d’ora, in ogni caso, mi sento di affermare che non è serio per una testata giornalistica ricevere una telefonata da uno sconosciuto e pubblicarne il contenuto come notizia più importante della giornata.

Va notato che quando le nazioni dell’Alba hanno proposto la creazione di una commissione di supervisione per verificare l’effettivo andamento degli eventi, l’amministrazione yankee ha risposto che non era necessaria.

Dai dati che abbiamo a disposizione emerge quindi la chiara situazione di una manipolazione mediatica “coerente” e a senso unico della situazione libica, e pur spremendomi le meningi non trovo che un movente: il preparativo di un’aggressione occidentale al paese in questione. 

Vorrei far notare che, per avanzare quest’ipotesi, non c’è affatto bisogno di presupporre l’esistenza di un grande vecchio di cui tutti i corrispondenti sarebbero servi fedeli; è sufficiente allo scopo il lavoro di selezione del materiale attuato dalle redazioni dei giornali più letti, le quali a loro volta hanno un progetto proprio che coincide con quello del potere costituito.
Vorrei far notare le possibili conseguenze derivanti dalla trasformazione mediatica di una guerra civile in aggressione da parte di apparati di potere contro il popolo, dato che sin d’ora il consesso imperialista ha tratto da questa “verità” la conclusione che il governo non ha più alcuna legittimità:
se-quando l’aggressione esterna avverrà, gli USA e i loro alleati potranno considerarsi su queste basi esenti dalle normali regole belliche, dato che staranno combattendo contro un manipolo di assassini in difesa di un governo (nel frattempo riconosciuto con o senza l’avallo della maggioranza dei rivoltosi);
le attività dello stato libico, accumulate in un quarantennio di eccedenze commerciali, possono essere sequestrate in quanto patrimonio personale di un criminale comune (pensate che bel precedente: dollaro ed euro sono le uniche monete di riserva e i paesi-officina sono obbligati a vendere merci in cambio di titoli che da un momento all’altro possono essere annullati dai debitori euro-yankee! ricordate che il mercato degli eurodollari nacque dalla necessità dei sovietici di proteggersi da questo tipo di furti, di cui invece sono stati vittime iran e irak).

Non vi sto scrivendo, come avrete capito dalla premessa, per dirti che Gheddafi è un mujahid in lotta contro l’imperialismo: è molto semplice per un paese pieno di riserve petrolifere non incorrere in crisi dei pagamenti e al contempo distribuire un po’ della rendita petrolifera ai cittadini. Bastassero queste condizioni, dovremmo fare i nostri elogi anche alla casa reale saudita. 

Nemmeno posso permettermi, senza nessun elemento a disposizione, di accusare gente che impugna le armi e rischia così la vita di essere ascari al servizio dell’imperialismo, anche se qualche conclusione sull’operato dell’organo (non si sa quanto) rappresentativo del movimento si può già trarre, visto che vi sono figuri che già girano da questa parte del globo a invocare un intervento NATO.

Vorrei solo far notare che la macchina propagandistica al servizio degli apparati bellici imperialistici è già in movimento, e nell’opinione pubblica occidentale si stanno già creando le condizioni per l’appoggio (o al massimo la neutralità da parte dei settori più “progressisti”, come durante la guerra d’Irak) di fronte a un attacco militare dagli effetti potenzialmente disastrosi:
-lo smembramento della nazione libica, a tutto vantaggio della strategia “divide et impera” che ben hai analizzato negli articoli sul Sudan
-l’installazione di basi militari NATO in un enorme paese confinante con stati (Egitto e Tunisia) che ora si trovano nella condizione di poter sfuggire al controllo diretto dell’imperialismo
-l’instaurazione di un’altra quinta colonna in seno all’Opec, nel momento in cui l’Arabia Saudita pare trovarsi sola a risolvere le magagne occidentali col prezzo del greggio
-la spartizione del settore pubblico libico fra imprese europee e americane, col conseguente tracollo del livello di vita del popolo libico e aumento dei profitti delle imprese beneficiarie del processo di “liberalizzazione” che già possiamo prefigurare
-una guerra ad alta intensità, i cui effetti sulla popolazione non hanno bisogno di approfondimento

Beh, in ogni caso complimenti per il lavoro che state facendo!

Roberto Nadalini- Modena

2 pensieri su “LIBIA: PROSEGUE IL DIBATTITO (8)”

  1. Anonimo dice:

    Le più lucide ed equilibrate valutazioni che abbia letto sulla non facilmente comprensibile situazione libica!G. B.

  2. Anonimo dice:

    Illuminante come solo il Nadalini sa essere!

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