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PERCHE’ NON DIFENDO GHEDDAFI

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Tutti servi del Mi-16 e della CIA?

Risposta ai critici 
“super-anti-imperialisti”


(prima parte)
di Moreno Pasquinelli*
Ho ricevuto diverse critiche per quanto scritto sugli avvenimenti libici. Mi riferisco anzitutto ai due articoli del 25 febbraio «Se Gheddafi tira in ballo Bin Laden», e del 2 marzo «Via Gheddafi, senza se e alcuni ma». Secondo i critici è sbagliato sostenere la “cosiddetta rivolta”, mentre occorre appoggiare Gheddafi, e quindi la sua controffensiva militare per schiacciare gli insorti. Non tutte le obiezioni hanno lo stesso segno, né il medesimo linguaggio acrimonioso. Per meglio comprendere ciò di cui sto parlando, ne consegno ai lettori le tre che mi paiono più significative.



 «Moreno, puoi citare, da buon cattotrotskysta, tutti i Vangeli secondo San Matteo che vuoi, e fare ora, alla mal parata (“fino a prova contraria”, eh già…), ogni possibile arrampicamento trotskotalmudico sugli specchi. Rimane “alla storia” (si fa per dire) che tu, che ti credi grande analista e stratega e sei invece tanto presuntuoso quanto scemo, hai spudoratamente appoggiato un tentativo di putch mafioso-tribale dei più reazionari musulmani monarchici vaganti tra i deserti nordafricani e Londra, Parigi, Washington. Complimenti vivissimi!… E siccome sei, appunto, un fine interprete dei fatti storici, eri e rimani convinto che quest’ennesima rivoluzione manco più colorata avrebbe condotto, condurrà le fantamasse “operaie e contadine” a un rivolgimento epocale in senso “anticapitalista”, “socialista”. Sì, sì. Se per caso le canaglie anglogiudamericane riusciranno a trovare l’apposito via libera politically correct per scatenare il bombardamento e l’invasione della Grande Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista, te ne accorgerai… Anzi, è probabile neanche allora. La lingua di legno si associa sempre alla testa di pietra. “La Libia, ci dice Del Boca, è uno ‘stato-nazione fallito’. Lo è appunto perché dal tessuto sociale arcaico beduino, strutturato per tribù e clan, non è riuscito a sorgere uno Stato-nazione.” Sei tu, povero cretino, e il tuo bel maestro, ad essere un completo fallito. I “beduini” libici, che hanno saputo conquistare l’indipendenza dai vampiri coloniali e sono riusciti a rendere il proprio Paese uno dei più avanzati ed equi del continente, quanto a loro, non vi vedono neanche in cartolina e difenderanno sino all’ultimo uomo la loro patria. Hanno tutta la mia ammirazione.

LIBIA LIBERA!» (F.J. 13 marzo)
«Moreno! ma cosa volete che la NATO bombardi Tripoli, per fare le vostre belle e idiote manifestazioni pacifiste?. MORENO! BASTA! Stanotte le milizie popolari lealiste riprenderanno il controllo delle vie per Bengazi, e saranno accolte dalla sollevazione lealista a Bengazi.
Poi a tenaglia: e vaffanculo ai golpisti senussiti pilotati da londra e ai loro tanti amici falliti (INCLUSI I CANI ROGNOSI DELLA LEGARABA E I FALLITI DELL’UNIONE AFRICANA).
QUANTO ALL’UE: SARKOSI E BERLUSKETTO…EH!EH! IN LIBIA è battaglia di terra, più qualche colpetto mirato dal cielo. solo militare. E forza BRICS!!! Se allende avesse avuto l’aviazione fedele, altro che camposanto antimperialista!!!
E ABBASSO I PACIMINKIA!!! Siamo in guerra! per la guerra di resistenza! guerra alla guerra!
*saluti dai nostri amici: hanno tutti un bel mitra in mano»!
(MDM, 14 marzo)
«Le domande sorgono spontanee leggendovi.
Che cosa sarebbe questa “genuina rivolta popolare sull’onda di quelle limitrofe (in orizzontale)” ? Rivolta “in orizzontale” ? Dove, quando, come e perché ? Chi sono questi “ribelli”? Li avete mai visti ? A parte le interviste fake comparse sui media imperialisti, con persone (chissà chi) riprese chissà dove che parlano chissà quale dialetto arabo che dicono di “volere la libertà” (quale libertà” ?): sapete chi sono questi e che cosa vogliono di preciso ? L’hanno mai detto, chessò – una conferenza stampa, interviste, pubblicazione di manifesti programmatici ? L’unico segno è la bandiera di Re Idris (bella, eh !). E poi ? A parte i nomi di Jalil e Yunis (70enni ex-funzionari della Giamahiria passati dall’altro lato nel giro di mezza giornata, chissà perché), quali sono gli altri nomi ? Perlomeno quello dei capi ? E poi, secondo voi, perché le forze gheddafiane stanno avanzando con tanta facilità ? Perché radono al suolo tutto ? Suvvia !
O forse perché effettivamente una vera resistenza non c’è – i ribelli sono quattro gatti arrivati da chissà dove – non ci avete pensato ? A me questa storia sembra tutta una farsa».
(C.R. 14 marzo)
Sorvoliamo sui toni e lo stile delle critiche. Andiamo alla sostanza e proviamo ad individuarne i momenti o argomenti portanti. Successivamente li sottoporremo alla verifica degli avvenimenti e delle obiezioni ragionevoli, per vedere se ne resta in piedi qualcosa.
Gli argomenti topici dei miei critici sono i seguenti: (1) La rivolta è in realtà un “Colpo di stato senussita”; (2) Si tratta di un Colpo di stato reazionario perché la Jamahiria, sarebbe «Araba, Popolare e Socialista»; (3) I golpisti sarebbero poi pilotati da Londra e manutengoli di USA e NATO; (4) Dati questi tre postulati facile dedurne il teorema: i lealisti gheddafiani vanno appoggiati senza se e senza ma; (5) C’è un quinto aspetto, che precede gli stessi postulati, che cioè tutto ciò che noi sappiamo di quanto accade da quasi un mese in Libia, è propaganda occidentale e quindi la “rivolta” sarebbe una “farsa”, una costruzione della propaganda occidentale.
Dietrologia paranaoica
Davvero tutto quanto sappiamo degli avvenimenti libici è una caterva di bugie diffuse artatamente dalle centrali imperialiste della propaganda? Vero è che nei primi giorni i media, quelli arabi compresi, hanno sparato notizie di genocidi inesistenti, inventando bombardamenti a tappeto e fosse comuni. Erano i primi giorni dell’insurrezione scoppiata in Cirenaica. Immediatamente dopo, tuttavia, uno sciame di giornalisti e reporter ha raggiunto la Libia, iniziando ad inviare una messe di informazioni di prima mano, sia sulla dinamica  del conflitto, sia sui suoi protagonisti. Esiste forse una Spectra, una centrale di disinformazione mondiale di cui tutti i giornalisti inviati sul campo sarebbero zelanti funzionari? Ovvio che no. Molti giornalisti sono evidentemente embedded, ideologicamente imperialisti, se non addirittura al servizio delle diverse intelligence. Altri non lo sono affatto e, per quanto anche ai loro racconti occorra fare la tara, i loro reportage di guerra sono strumenti preziosi di informazione. Il caso iracheno è lì a dimostrarlo. Abbiamo saputo di più sulla Resistenza irachena, delle sue ragioni e dei suoi protagonisti, che dai protagonisti stessi. Potremmo citare centinaia di esempi, i quali mostrano che proprio i giornalisti americani e inglesi hanno saputro scavare a fondo, spiegare, denunciare fin’anco le malefatte e i crimini degli occupanti. Non abbiamo forse saputo proprio da questi giornalisti della battaglia di Falluja e dell’uso del fosforo bianco, delle tante stragi, della vergogna di Abu Ghraib? E non sono stati alcuni giornalisti a smentire le versioni ufficiali dei comandi militari USA?
Di sicuro niente va preso a scatola chiusa. Ogni notizia va verificata, controllata. Ma solo dei complottisti paranoici potrebbero liquidare tutto quanto passa sui media come menzogna. Haimé questo approccio è tuttavia ben radicato in certi ambienti i quali, paradossalmente, paiono fare loro la visione del mondo dei servizi segreti per i quali, appunto, il mondo che vediamo è solo una rappresentazione falsa, che tutto quanto vediamo è fallace, che dietro ad ogni evento c’è lo zampino e/o l’eterodirezione di poteri occulti. Siccome tutto quanto ci vien detto è falso, i complottisti ne deducono o che la verità non esiste, o che, per conoscerla, è sufficiente affermare l’esatto contrario di quanto ci viene somministrato dai media. E’ quello che chiamo “dietrologia paranoico”.
Rivolta popolare o Colpo di stato?
Ma qual è la differenza fra i due? Celeberrimo è il testo di Curzio Malaparte Tecnica del colpo di stato. Come si sa per Malaparte la Rivoluzione d’Ottobre non fu che un impeccabile Colpo di stato ordito dai bolscevichi con a capo Trotsky, e di cui la mobilitazione delle masse fu soltanto un orpello, un’astuta mess’in scena. La tesi del Malaparte, successivamente ricredutosi, è alquanto semplice: in base ad un disprezzo aristocratico per la “folla”, ed alla considerazione per cui il popolo è nulla di più che un branco di pecoroni che seguono il demagogo del momento, Malaparte riteneva che ogni lotta per conquistare il potere manu militari, in quanto tale, deve giocoforza culminare in un Colpo di stato.
Questa tesi è ovviamente sbagliata. Una rivoluzione si distingue dal Colpo di stato sia per il contenuto che per la forma. Per il contenuto perché una rivoluzione non si limita a cambiare la composizione del personale politico dirigente di un dato sistema politico-sociale ma, consegnando il potere a classi e gruppi sociali prima oppressi ed esclusi, tende a demolire le fondamenta del vecchio sistema sociale e a costruirne sulle sue ceneri uno nuovo. Si distingue di conseguenza anche per il metodo, poiché le classi e i gruppi prima oppressi, essendo esclusi dalla sfera del dominio statuale, possono salire al potere, non grazie ad una congiura di Palazzo, ma solo sull’onda di una mobilitazione rivoluzionaria extra e anti-istituzionale.
Ora, che la sollevazione contro il regime di Gheddafi sia un golpe, con tutto il rispetto, è una tesi, non solo goffa ma letteralmente ridicola. Buffo Colpo di stato, infatti quello per cui, mentre i palazzi del potere stanno a Tripoli (Governo, Quartier generale dell’esercito, stazione Tv e radio, ministeri, comandi degli apparati di sicurezza, ecc.), l’assalto avviene a duemila Km di distanza, a Bengasi. I sostenitori del putsch vogliono forse dirci che per Golpe, intendono non solo che non c’è stata alcuna verace mobilitazione di popolo, ma se quest’ultima c’è stata è consistita solo una pagliacciata, poiché dietro c’erano alti papaveri del regime. Una congiura insomma. 


Vero è che all’inizio non vi erano a Bengasi, a Tobruk, a Misurata o a Ajbadiya “osservatori imparziali”. Successivamente, tuttavia, sono state raccolte centinaia di testimonianze in base alle quali non vi può essere alcun dubbio sulla dinamica dei fatti, ovvero che la rivolta è scoppiata spontanea, animata anzitutto dai giovani, poi allargatasi alla maggioranza della popolazione —coinvolgendo queste tribù piuttosto che quelle. Né più e né meno, fatto salvo lo specifico elemento tribale, di ciò che è avvenuto in Tunisia o in Egitto, per essere precisi, proprio sull’onda di quelle sollevazioni.

Solo dopo, ovvero come effetto della mobilitazione popolare, è avvenuta una fatturazione tra le fila del personale politico e militare dello Stato. Solo dopo due settimane dalla liberazione della città gli insorti di Bengasi hanno dato vita ad un Comitato provvisorio o ad interim, nel tentativo di dotarsi di un organo esecutivo e di rappresentanza politica.
Rivolta reazionaria?
Cosa deve intendersi per “rivolta reazionaria”? Il lettore mi scuserà la pedanteria, ma le parole e i concetti sono importanti. Se non usiamo lo stesso vocabolario e lo stesso registro linguistico come possiamo sperare di capirci? Per di più alcuni vocaboli sono polisemici o banali convenzioni semantiche. 


Un movimento può essere giudicato reazionario per due motivi; o perché, semplificando, è retrogado rispetto al nemico che combatte (in questo caso il regime di Gheddafi), o perché esprime interessi corporativi di gruppi sociali interessati a liquidare conquiste sociali democratiche ed egualitarie. Secondo chi scrive non è vera né l’una né l’altra tesi. 


La causa vera della sollevazione consiste—in un paese ad “economia distributiva diventato del tutto simile alle petro-monarchie del Golfo, al cento per cento dipendente dai ricavi del petrolio e dalla rendita derivante dagli investimenti di questi ricavi nel sistema finanziario mondiale, e dove il proletariato è composto solo dagli immigrati mentre i cittadini libici o non lavorano o se lavorano espletano essenzialmente funzione di amministrazione e di controllo della forza-lavoro,  essendo cioè funzionari, diretti o indiretti del capitale nazionale e multinazionale— nella richiesta di una diversa distribuzione della ricchezza. 


Di qui vengono le richieste di democrazia politica, di diritti di libertà, avanzate dagli insorti. Poiché non c’è dubbio che, anche a causa dell’immarcescibile tessuto tribalistico e parassitario, questa ricchezza enorme, veniva distribuita in Libia in maniera diseguale e iniqua.
Si vuole dire che ogni movimento che abbia aspetti tribali è di per sé reazionario? Ma allora non meno reazionario è il regime gheddafista, e il blocco di clan che lo sostiene. Con la non lieve differenza che alcuni clan erano in posizione dominante, mentre altri erano in una posizione di subalternità e altri ancora di emarginazione.
Fatto salvo questo livello di analisi noi restiamo dell’opinione che non si può capire il particolare senza inserirlo nel generale, ovvero che l’insurrezione in Libia è solo un tassello del più generale sconquasso che sta travolgendo il Maghreb e il Medio oriente. Staccare la sollevazione libica dal contesto generale e da quelle che l’hanno preceduta, credendo alle fanfaronate e alle scemenze di Gheddafi  (“Dietro c’è al-Qaeda che droga i nostri ragazzi —quantomeno egli confessa che si tratta di una sommossa di cui la gioventù è stata la forza motrice), non me ne vorranno i miei critici, significa sprofondare nell’idiozia.
Non una rivolta rivoluzionaria quindi, ma una rivolta che miscelava assieme più elementi sociali: gli interessi di frazioni dell’oligarchia parassitaria, le aspirazioni del ceto medio, i bisogni di tanta povera gente, gli appetiti di clan e tribù marginalizzate dal regime di Gheddafi, il disagio giovanile e il malessere verso la dittatura soffocante. Come definire concettualmente questo amalgama se non ”rivolta popolare”? Non solo nel suo significato descrittivo, altresì in quello politico?
Rivendicare la sua soppressione violenta è possibile solo per due motivi: o dall’altra parte abbiamo un regime, per quanto imperfetto, di tipo rivoluzionario e antimperialista —per cui il suo rovesciamento causerebbe un danno strategico alla più generale causa dell’emancipazione dei popoli oppressi—, oppure perché la sollevazione è in realtà una pedina di una cospirazione imperialistica. In tutti e due i casi, la vittoria della sollevazione si tradurrebbe in un inaccettabile successo strategico dell’imperialismo.

(fine prima parte- la seconda domani)

* Fonte: Campo Antimperialista

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