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Seconda inchiesta economico-sociale sul Nord Africa

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Un altro sguardo su Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto
Popolazione, demografia e urbanizzazione

di Ennio Bilancini
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Con questo secondo articolo prosegue la serie di inchieste sull’evoluzione nel tempo delle caratteristiche sociali ed economiche dei paesi del Nord Africa. Dopo aver analizzato alcuni tra gli indicatori economici standard (vedi articolo precedente), vediamo ora i dati demografici.

 
 
 
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La popolazione dei paesi del Nord Africa è aumentata costantemente dal 1960 ad oggi, mediamente più che triplicando. L’Egitto è certamente il paese più popoloso, abitato da un numero di persone circa pari agli abitanti di Libia, Tunisia, Marocco ed Algeria messi assieme (figura 1). Confrontando i livelli assoluti di popolazione possiamo avere un indicazione del peso relativo di ciascun paese nell’area, ma certo è difficile aggiungere qualcosa di rilevante in relazione alle vicende di queste settimane.
Figura 1. Evoluzione della popolazione dal 1960 al 2009 (fonte: World Bank)
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I dati sui livelli assoluti degli abitanti nascondono una storia leggermente più complessa riguardo l’evoluzione della popolazione nei cinque paese nordafricani. Essi infatti non mostrano con chiarezza quale paese abbia avuto l’incremento di popolazione più consistente negli ultimi cinquanta anni. Per vederlo è necessario riportare la popolazione nel 1960 ad un livello comune, che per semplicità poniamo pari a 1. Come mostra la figura 2, grazie a questa operazione è possibile vedere che è la Libia è il paese che ha maggiormente incrementato la propria popolazione (di ben 4,5 volte dal 1960 al 2009) seguita, con non poco distacco, da Algeria (3,2 volte), Egitto (3 volte), Marocco (2,8 volte), ed infine Tunisia (2,5 volte). E’ quindi la Libia ad aver vissuto i cambiamenti demografici più consistenti. Si noti che i due paesi meno popolosi, cioè Libia e Tunisia, sono agli estremi di quest’ultima classifica, suggerende che il fatto che la Libia si trovi in testa non è affatto dovuto alla scarsa popolazione di partenza.
Figura 2. Evoluzione della popolazione dal 1960 al 2009, con popolazione nel 1960 normalizzata ad 1 (fonte: World Bank)
Un altro dato molto importante è quello relativo alla distribuzione della popolazione tra campagna e città. Tale dato, oltre ad approssimare il livello di occupazione in attività non agricole, tipicamente illustra lo stadio della transizione del paese nel suo complesso verso un’economia non basata sull’agricoltura. Anche in questo caso, possiamo osservare consistenti differenze tra i paesi del Nord Africa (figura 3). In primo luogo, vediamo che la Libia aveva già completato la propria urbanizzazione a metà degli anni ’80. In secondo luogo, vediamo che Marocco, Algeria e Tunisia hanno subito un processo di forte urbanizzazione della propria popolazione, sebbene tale processo non sia ancora concluso. In terzo luogo, e forse cosa più interessante di tutte, vediamo che l’Egitto non ha di fatto avviato l’urbanizzazione del paese, nonostante l’esistenza di grandi città e nonostante la forza attrattiva e conglomerativa del Nilo. Più precisamente, a partire dal 1980 la percentuale di popolazione che vive nelle aree urbane dell’Egitto è rimasta sostanzialmente immobile attorno al 40%.

Figura 3. Evoluzione della percentuale di popolazione urbana dal 1960 al 2009 (fonte: World Bank)
La distribuzione di popolazione tra la città e la campagna urbana ha profonde ricadute, non solo economiche, ma anche politiche. Laddove la popolazione è maggiormente concentrata nelle città le forme del controllo dell’ordine e della rivolta sono diverse, così come i modi per accendere o spegnere una protesta. In prima approssimazione, e sposando l’idea che maggiore concentrazione nei centri urbani generi maggiore pressione sociale e politica sulle istituzioni di governo, possiamo azzardare che gli elementi qui illustrati suggeriscono una potenziale maggiore instabilità della Libia ed una potenziale maggiore stabilità dell’Egitto (e, relativamente, del Marocco). Ciò rende forse più facilmente spiegabile il ruolo centrale delle città in Libia e, al tempo stesso, rende più sorprendente la capacità di incidere degli Egiziani urbanizzati (oppure suggerisce che nella protesta siano confluiti ampi strati della popolazione rurale). Tali considerazioni sono anche consistenti con il ridotto attivismo in Marocco.
Altra importante questione da sottolineare è il fatto che la popolazione non è tutta uguale, cioè non è uniforme al proprio interno e presenta caratteristiche che possono variare da paese a paese. In particolare, la distribuzione delle età in una popolazione può rivelarsi una differenza cruciale per spiegare i fenomeni sociali. Avere dati precisi sulla distribuzione delle coorti d’età non è cosa facile, ma per quanto riguarda la parte giovanissima della popolazione (0-14 anni) e quella giovane (15-30 anni), possiamo dire qualcosa di abbstanza preciso. La figura 4 mostra l’evoluzione della quota di abitanti tra 0 e 14 anni tra il 1960 e il 2009. Come si vede, i paesi nordafricani sono piuttosto allineati tra di loro mostrando una popolazione tra 0 e 14 anni pari quasi al 50% del totale fino alla metà degli anni ’80, per poi diminuire più o meno ovunque fino a circa il 30% nel 2009. L’unico paese con un dato abbastanza diverso è la Tunisia, che mostra una quota sistematicamente inferiore (di circa il 5-8%) di giovanissimi a partire dalla fine degli anni ’60.
Riflettendo sul grafico di figura 4, possiamo dedurre che la quota di popolazione tra i 15 e i 30 anni (cioè i nati tra il 1980 e il 1995) nel 2010 è approssimativamente del 20-40%, mentre quella non superiore ai 30 anni arriva bel oltre il 50%. I paesi nordafricani sono quindi tremendamente giovani per gli standard di un paese industriale avanzato, e che quindi che abbia compiuto la transizione demografica. La generazione che ora ha tra 15 e 30 anni è quella più rappresentativa, più numerosa, e più attiva, quindi nelle migliori condizioni possibili per indurre e guidare dei cambiamenti nel rispettivi paesi. In quest’ottica, non stupisce affatto che le rivolte siano scoppiate ora e non 10 anni fa o tra dieci anni. 
Figura 4. Evoluzione della quota di abitanti con 0-14 anni tra il 1960 e il 2009 (fonte: World Bank)
 p { margin-bottom: 0.08i In conclusione, i dati demografici su Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto, sembrano indicare l’esistenza di fenomeni decennali in grado di spiegare la forza delle proteste nordafricane. Tali dati non ci dicono molto sulle motivazioni delle rivolte e delle rivoluzioni che stanno avendo luogo nella regione, ma certamente ci invitano a riflettere sull’importanza del ruolo giocato dalla concentrazione delle persone nello spazio della città (urbanizzazione) e negli anni della giovinezza adulta (età compresa tra 15 e 30). Per fare un’esempio azzardato, ma denso di significato, voglio ricordare che i paesi europei nel 1848 avevano caratteristiche demografiche piuttosto simili.

Un pensiero su “Seconda inchiesta economico-sociale sul Nord Africa”

  1. simone dice:

    Se l'età media è un fattore così incisivo, qui siamo spacciati. 🙁

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