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Terza inchiesta economico-sociale sul Nord Africa

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Torniamo su Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto
Strumenti di comunicazione, istruzione ed occupazione

di Ennio Bilancini
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Questo articolo è il terzo di una serie di inchieste sull’evoluzione nel tempo delle caratteristiche sociali ed economiche dei paesi del Nord Africa. Dopo aver analizzato alcuni tra i più comuni indicatori economici (vedi prima inchiesta) ed indicatori demografici (vedi seconda inchiesta), vediamo ora i dati relativi all’uso di internet, cellulari, alfabetizzazione, iscrizione all’università, disoccupazione e vulnerabilità del lavoro.

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In questo periodo di sollevazioni tra Nord Africa e Medio Oriente si è fatto un gran parlare del ruolo cruciale giocato dai moderni strumenti di comunicazione. In particolare, si è spesso sostenuto che la diffusione dell’uso di internet avrebbe poderosamente facilitato l’esplodere delle proteste così come il coordinamento tra i rivoltosi. Tale tesi suggerisce che, laddove l’uso di internet sia maggiormente diffuso, si abbia una maggiore intensità e coordinamento delle proteste.
La figura 1 riporta i dati sull’uso attivo di internet forniti dalla World Bank, cioè un uso sistematico legato all’accesso a qualche servizio, e non semplicemente un uso “per provare”. Come si può osservare, a partire dalla fine degli anni ’90 l’uso attivo di internet è cresciuto grandemente in tutti i paesi del Nord Africa, ma ciò è accaduto con una forte eterogeneità. Da un lato, Marocco e Tunisia hanno visto esplodere la quota di popolazione che fa uso di internet (non di molto inferiore a quella attuale italiana), mentre Egitto ed Algeria hanno avuto un crescita più moderata e decisamente meno accelerata. Infine, in Libia l’uso di internet appare ancora piuttosto limitato. Tali dati, seppur non necessariamente in contrasto con la tesi del ruolo cruciale di internet, non sembrano tuttavia sostenerla in alcun modo.
Figura 1. Evoluzione della percentuale della popolazione con accesso attivo ad internet dal 1994 al 2009 (fonte: World Bank)
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Internet non è l’unico strumento moderno di comunicazione distribuita e di facile accesso. Un altro strumento, seppur con diverse caratteristiche ed uso, è il telefono cellulare. La figura 2 mostra i dati relativi all’evoluzione della diffusione dei contratti di telefonia cellulare nei paesi del Nord Africa. Anche in questo caso vediamo che a partire dalla fine degli anni ’90, l’uso dello strumento di comunicazione è cresciuto tremendamente. Più precisamente la telefonia mobile è passata, nell’arco di un decennio, dall’inesistenza ad una diffusione massiccia, arrivando a livelli tra il 70% e il 90% per Algeria, Tunisia, Marocco e Libia. L’Egitto è l’unico paese del Nord Africa in cui la diffusione della telefonia mobile è ancora parziale (circa 50%), sebbene questo potrebbe essere semplicemente un effetto della ancora scarsa urbanizazione della popolazione (vedi dati sull’urbanizzazione della seconda inchiesta).
In definitiva, i dati presentati non permettono di concludere molto sul ruolo degli strumenti di comunicazione, se non che negli ultimi 10 anni gli abitanti dei paesi del Nord Africa abbiano radicalmente cambiato modo di comunicare tra loro (e ragionevolmente ciò sia accaduto soprattutto tra i giovani). Questo non necessariamente ha avuto la conseguenza di innescare o potenziare le rivolte, ma senza dubbio ha posto inediti problemi ai governi che avevano l’obiettivo di reprimerle.
Figura 2. Evoluzione del numero di abbonamenti di telefonia cellulare per 100 abitanti dal 1994 al 2008 (fonte: World Bank)
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Volgiamo ora l’attenzione all’istruzione dei cittadini nordafricani. Un primo dato ci è fornito dal tasso di alfabetizzazzione (saper leggere e scrivere) della popolazione tra i 15 e i 24 anni e lo stesso tasso per la popolazione dai 15 anni in su. La figura 3 illustra tali percentuali per gli anni a cavallo tra il 2004 e il 2006. Come si evince chiaramente, il tasso di alfabetizzazione non è omogeneo tra i i paesi del Nord Africa e non lo è tra le generazioni. Il tasso maggiore (praticamente 100%) si registra tra i giovani libici, che staccano la media nazionale per i maggiori di 15 anni, pur alta, di quasi venti punti. Molto alta anche l’alfabetizzazione dei cittadini tunisini (circa 95%) ma con una netta differenza rispetto alla Libia: i giovani sono alfabetizzati come il resto della popolazione, indicando un’alfabetizzazione di più lunga data. Una situazione simile alla Tunisia, seppur moderatamente peggiore, la troviamo in Algeria (circa 90%) e in Egitto (circa 85%). Il Marocco si distingue invece per la bassa alfabetizzazione che arriva al solo 70% e, cosa ancora più grave, non si osserva un maggiore tasso di alfabetizzazione per i cittadini più giovani rispetto alla media della popolazione.
Figura 3. Tasso di alfabetizzazzione della popolazione in età tra i 15 e i 24 anni e in età di 15 o più anni nel 2004-2006 (fonte: World Bank)
Dopo aver guardato ai livelli minimi di istruzione è utile dare uno sguardo ai livelli più elevati, cioè all’educazione universitaria. La figura 4 mostra l’evoluzione nel tempo (per i dati disponibili) della percentuale lorda di iscritti all’università sul totale della popolazione in età appropriata per frequentare l’unviersità (lorda poichè al numeratore si conta anche chi si iscrive all’università essendo più vecchio dell’età appropriata). Sebbene i dati in questo caso siano stati racconlti in modo meno sistematico, essi offrono comunque un quadro piuttosto interessante delle differenze tra i paesi del Nord Africa. La Libia si distingue per l’elevatissima partecipazione agli studi unviersitari della propria popolazione che, già nel 2000, superava il 50% di quelli in età appropriata. Questa è un’ulteriore indicazione del livello di benessere diffuso presente in Libia e, soprattutto, dell’accessibilità ai servizi educativi garatita ad ampi strati della popolazione. Egitto e Tunisia si attestano decisamente più in basso, con circa il 30% di partecipazione all’istruzione universitaria. Tale quota è in ogni caso ragguardevole, soprattutto considerando i livelli degli anni ’80 (sotto il 20%, talvolta sotto il 10%). L’Algeria sembra seguire un trend molto simile a quello tunisino, sebbene con un certo minor successo. In ogni caso, il vero “perdente” in termini di istruzione terziaria è il Marocco, dove appena il 10% è iscritto e tale quota è sostanzialmente immutata negli ultimi venti anni.
Figura 4. Evoluzione della partecipazione lorda all’istruzione universitaria in percentuale della popolazione in età appropriata (18-23 anni) dal 1975 al 2009 (fonte: World Bank)
Alla luce dei dati su alfabetizzazione e istruzione universitaria, emerge un potenziale ruolo dell’istruzione nello spiegare le sollevazioni nordafricane. Infatti, si può scorgere una netta correlazione tra livelli di istruzione della popolazione e forza delle rivolte.
Guardiamo infine i dati sull’occupazione. Sfortunatamente tali dati sono piuttosto precari e per alcuni paesi mancano del tutto. Inoltre, variabili importanti come la disoccupazione, a differenza di altre variabili come ad esempio il tasso di istruzione, sono soggette a cambiamenti repentini e quindi anche i dati del 2007 possono essere poco informativi nei confronti della situazione nel 2010.
In figura 5 si possono osservare i dati disponibili sulla disoccupazione. Il quadro che ne emerge è di una grande crisi di occupazione negli anni ’90, che solo l’Egitto sembra aver constrastato con qualche risultato. Particolarmente drammatica pare essere stata la situazione in Algeria, a riprova che in quegli anni il paese ha attraversato un periodo di poderose turbolenze. Dopo il 2000, la disoccupazione sembra essere scesa un po’ ovunque, indicando un netto miglioramento della condizione economica. Forse l’indicazione più utile è il sistematico miglioramento della disoccupazione in Marocco ed Algeria negli ultimi 20 anni, che potrebbe aver creato un certo sostegno ai regimi locali. Poco sappiamo invece della situazione in Libia.

Figura 5. Evoluzione della disoccupazione dal 1980 al 2008 (fonte: World Bank)
Come abbiamo detto, la disoccupazione di per sè è un indicatore molto rozzo del clima sociale. Per cercare di capire meglio la bontà delle condizioni lavorative nei paesi nordafricani vediamo allora il tasso di “vulnerabilità” di chi è occupato, cioè la percentuale di lavoratori che sono occupati nella rete familiare senza alcun reddito di diritto o che lavorano in proprio senza grandi dotazioni di capitale. Tali lavoratori sono quelli maggiormente ricattabili e maggiormente esposti alle fluttuazioni economiche. Perciò il tasso di “vulnerabilità” indica quanto duramente può aver colpito la crisi economica in termini di riduzione della capacità di produzione di reddito. Sfortunatamente anche in questo caso i dati sono molto scarsi. Figura 6 mostra il tasso di lavoratori vulnerabili nel 2004 per Marocco, Algeria ed Egitto. Come si può osservare, la vulnerabilità in Marocco (più di un lavoratore su due) è enorme, mentre in Egitto è molto bassa (circa uno su cinque). In Algeria la situazione è intermedia (circa uno su tre). Naturalmente è difficile trarre delle conclusioni da queste poche evidenze. Tuttavia, sembra legittimo ipotizzare che la vulnerabilità abbia reso meno forti i lavoratori e, quindi, sia più facili ad infiammarsi che meno disposti ad una sollevazione prolungata (ciò è linea con l’idea che le rivolte scoppino nel momento in cui la parte oppressa ha acquisito una certa forza).
Figura 6. Quota dei lavoratori con occupazione “vulnerabile” (lavoratori in famiglia senza contratto o lavoratori autonomi) nel 2004 (fonte: World Bank)
In conclusione, i dati presentati non danno indicazioni chiare sul ruolo dei moderni strumenti di comunicazione. Al contrario, gli stessi dati suggeriscono un importante ruolo dell’istruzione come forza levatrice delle rivolte. Infine, gli scarsi dati sulle condizioni occupazionali sembrano suggerire che stabilità e vulnerabilità giochino contro l’efficacia della rivolta.

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