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PISAPIA, MORATTI, DE MAGISTRIS….

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Ma di che cosa stiamo parlando?


di Piemme

Da questo blog abbiamo immediatamente segnalato la novità positiva del movimento degli indignati spagnoli. Da più parti ci giungono delle critiche, che staremmo esagerando la portata e la consistenza reale di questa “novità”. Può darsi. Ma salta agli occhi come il movimento spagnolo stia almeno due passi avanti a quello italiano. Ve la immaginate Piazza Duomo, a Milano, occupata una settimana prima delle elezioni da decine di migliaia di giovani che dicono basta alle carnevalate elettorali, che dicono di averne abbastanza delle chiacchiere demagogiche di tutti e due gli schieramenti, che chiamano all’astensione affermando un cambio di sistema? Non abbiamo ancora nulla di tutto questo in Italia, e per due ragioni fondamentali.
La prima, che la crisi economica non ha ancora dato corso a tutto il suo potenziale sociale devastante, la seconda è che i morti allungano le mani sui vivi, ovvero che la sinistra sistemica (e per sinistra sistemica intendo appunto tutta la roba che si aggira attorno al Pd) detiene ancora una forza di interdizione sulla gioventù evidentemente più potente di quella spagnola.


Tra i due fattori, intensità della crisi e capacità interdittiva della sinistra, esiste una relazione biunivoca, di causa-effetto. A costo di essere tacciato di meccanicismo sostengo che l’egemonia residuale che la sinistra sistemica conserva, oltre che dal mantra dell’antiberlusconismo, dipende appunto dal fatto che l’illusione che l’Italia possa scampare alla catastrofe sociale, è egemone, e che quindi regna la speranza che dalla crisi se ne possa uscire senza decisioni e scelte traumatiche, che ce la si possa cavare con i pannicelli caldi delle riforme, leggi una più giusta distribuzione del reddito.


Lasciate che la talpa della crisi economica scavi più a fondo, che la depressione crei altri disoccupati ed estenda la precarizzazione, che la crisi del debito sovrano diventi più virulenta, che aumentino i tagli alla spesa pubblica, che i salari restino al palo. Avremo in Italia movimenti di maggiore ampiezza e radicalità che gli indignati spagnoli, una pressione dal basso che non farà solo tremare qualsivoglia governo, ma toglierà a questa sinistra la sua residuale capacità di rappresentanza, ovvero di contenimento dell’antagonismo e della rabbia sociali. Da piccoli sussulti di protesta si potrebbe passare ad una vera e propria sollevazione generale.


Non che la sinistra sistemica crollerà, questo no. Assisteremo probabilmente ad una dinamica del tipo di quella che questo paese conobbe negli anni ’70, in particolare con la rivolta del ’77, ovvero alla fratturazione sociale non solo verticale ma pure orizzontale, non solo tra povera gente esasperata e classe dominante, ma tra settori sociali marginalizzati e precarizzati della popolazione e quelli ancora garantiti e tutto sommato benestanti del mondo del lavoro dall’altra.


Sappiamo come allora andò tragicamente a finire. Questi ultimi, via Pci, strinsero un patto con le classi dominanti e con lo Stato, e la protesta fu soffocata, politicamente e militarmente. Io scommetto che la storia non si ripeterà, e per due motivi. Il primo, è che non c’è più alcun Pci, ovvero alcun potente soggetto politico di sinistra che possa fungere da ultima trincea a difesa dell’ordine costituito. Il secondo è che la crisi economica attuale non è comparabile, per profondità, a quella della seconda metà degli anni ’70, tanto più che il sistema non ha, come invece ebbe allora, la possibilità di usare la leva del debito pubblico per distribuire reddito corruttivo in funzione  di stabilizzazione sociale.


Siamo dei visionari noi? O sono i sacerdoti della sinistra intrappolati nel loro opportunismo? Siamo catastrofisti noi, o son loro che non hanno una percezione realistica della realtà e del baratro verso cui il paese sta andando?


Di certo i capitalisti, quelli che non debbono andare a raccattare voti e che si possono permettere di parlare apertamente non nascondono a se stessi che questa crisi peggiorerà e che siamo alle porte di un vero e proprio terremoto sociale. Anche loro sono indignati per la totale inconsistenza dei ceti politici che la cosiddetta seconda repubblica gli ha consegnato. Non c’è dubbio che essi hanno deciso di abbandonare Berlusconi al suo destino, e non hanno altra scelta che giocare la carta dell’alternanza. E vedrete che alla fine, come già accaduto, finiranno per digerire un carrozzone che sarà ancor più sgangherato di quello che portò al governo per due volte Prodi — lo si vede con Pisapia a Milano, apertamente sostenuto dalla borghesia di quella città. Ma essi si rendono ben conto che una simile accozzaglia non andrà lontano, e che entriamo in un periodo di turbolenze sociali e politiche crescenti. Quello a cui puntano è ben espresso dall’asse Marchionne-Marcegaglia e se accetteranno di rimpiazzare Berlusconi, è solo come male minore, nella speranza che prima o poi sorga una destra forte deberlusconizzata. Obiettivo per nulla facile, visto che il populismo sprizza da tutti i pori.


In questo contesto la cosa più stupefacente è la distanza non solo tra il paese reale e quello legale, ma tra la gravità enorme della crisi e i discorsi della sinistra. Discorsi che oscillano tra un minimalismo disarmante e un populismo addirittura sfrontato. Vendola è un esempio chimicamente puro di populismo, al contempo minimalista e paraculo. Fateci caso, riascoltate i suoi discorsi e poi provate a farne un sunto politico. Cosa avrete? Il nulla, solo una retorica artefatta, come costruita nei laboratori di marketing politico americani per cui, per ottenere consenso, occorre tenersi alla larga da proposte e soluzioni degne di questo nome. 


Come salvare i posti di lavoro e crearne milioni? Come risolvere il problema del debito pubblico restando nell’eurozona? Come distribuire reddito se una montagna di danaro finisce a pagare il servizio sul debito? Come aumentare la spesa pubblica restando nell’Europa di Maastricht? Come attivare una politica economica d’emergenza senza sovranità monetaria? Come difendere i beni comuni se gran parte delle risorse sono divorate dalla finanza predatoria e dal saccheggio bancario? Come accrescere i salari e farla finita con la precarizzazione restando entro la gabbia dell’economia capital-liberistica?


Appunto: ma di cosa la sinistra sta parlando?



2 pensieri su “PISAPIA, MORATTI, DE MAGISTRIS….”

  1. Anonimo dice:

    i viaggi di Vendola,di Bersani e di Napolitano in America…hanno dato i loro frutti. La fiction Pisapia e co. ha stregato un pò tutti e mo saranno cazzi amari. Senza una forza politica antimperialista e anticapitalista saranno davvero cazzi amari.saluti Andrea

  2. redazione dice:

    Tempo al tempo. Come diceva Marx: "La crisi farà entrare la necessità della rivoluzione anche nelle teste dil legno"…

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