IL PUTTANAIO ITALIANO (II)
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Roma, 14 dicembre 2010 |
Riflessioni sulla vicenda Bisignani
di Piemme
«Questa vicenda mi consente di svolgere una riflessione, a cavallo tra la filosofia del diritto, l’etica e la politica più schiettamente intesa. L’evoluzione storica sta dimostrando, contrariamente ad un certa vulgata, che tra capitalismo e democrazia c’è un’antitesi radicale, costitutiva. Un sistema che tutto subordina al capitale, anzi, per la precisione all’accumulazione della ricchezza nella sua forma simbolica di denaro, che si fonda dunque sul furto sociale ai danni del lavoro salariato, è destinato a calpestare sistematicamente le procedure democratiche, che si basano appunto sul principio della sovranità popolare.
Nel gennaio scorso, a margine dell’inchiesta della Procura milanese detta Puttanopoli, scrivevo: «Che vien fuori invece dallo scoperchiamento di pentola della Procura milanese? Non solo che siamo alle prese con un sistema degenerato, fondato sulla corruzione e la menzogna, come nella più meschina repubblica della banane. Viene fuori che l’Italia ha un Presidente del consiglio —non è chiaro se affetto da erotomania, certamente da narcisistica megalomania e presunzione di onnipotenza— che tra un festino all’altro, sua evidente principale preoccupazione, riunisce il governo, delegando ai ministri e anzitutto al super-ministro Tremonti, l’ordinaria amministrazione». [Il puttanaio italiano]
Al peggio non c’è limite. L’inchiesta sulla “P4” della Procura napoletana, ovvero sul super-faccendiere Luigi Bisignani, disvela anche ai ciechi fino a che punto sia giunto il degrado, non solo della cosiddetta “casta”, ma delle istituzioni di questo paese, soprannominate Repubblica.
L’affaire Bisignani mostra che dietro al potere formale c’è un potere reale, per sua natura occulto, poiché inconfessabili le sue procedure. Un potere di tipo criminale che usa partiti ed elezioni solo per darsi una parvenza di legittimità formale. Mostra che la democrazia italiana non solo poggia sulle fondamenta di uno Stato di polizia, e su leggi elettorali truffaldine. Il potere reale, ovvero la cricca bipartizan che detiene le leve sistemiche, deve aggirare le sue stesse leggi, per poter disporre ed usare le istituzioni come fossero loro esclusiva proprietà.
Il Bisignani, dal suo ufficio a Palazzo Chigi, aveva l’incarico di ordinare per conto terzi ogni trama, tenere contatti, smistare personale politico, assegnare questo o quell’incarico, rimpiazzare questo o quello, affidare questo o quall’appalto: dall’Eni ai servizi segreti, dal sottobosco governativo a Finmeccanica e alle banche. Se era il plenipotenziario di Letta, egli godeva tuttavia della fiducia di D’Alema e di Bocchino, di Scaroni o di Moretti. Bisignani era quindi il punto da cui si incontravano le infinite rette della politica, degli affari, delle banche, della finanza, della grande industria.
Su una cosa la destra berlusconiana ha ragione: quando denuncia il finto stupore delle anime pie della sinistra, ricordando che l’Italia non è un’anomalia, che il capitalismo, questo è, così ha sempre funzionato, e altrimenti non potrebbe funzionare. Tutto vero, solo che in Italia, malgrado Mani Pulite, quest’andazzo tipico del capitalismo oligarchico, si sposa con il letame clientelare, familistico, notabilare e apertamente criminale (vien da dire mafioso), congenito alla storia nazionale. Insomma, va peggio che altrove.
Questa vicenda mi consente di svolgere una riflessione, a cavallo tra la filosofia del diritto, l’etica e la politica più schiettamente intesa. L’evoluzione storica sta dimostrando, contrariamente ad un certa vulgata, che tra capitalismo e democrazia c’è un’antitesi radicale, costitutiva. Un sistema che tutto subordina al capitale, anzi, per la precisione all’accumulazione della ricchezza nella sua forma simbolica di denaro, che si fonda dunque sul furto sociale ai danni del lavoro salariato, è destinato a calpestare sistematicamente le procedure democratiche, che si basano appunto sul principio della sovranità popolare.
Da qui ricavo due conclusioni.
La prima: che solo una rivoluzione, politica e sociale, può cacciare i mercanti dal tempio, ovvero rovesciare l’ordine esistente, e rifondarne uno in cui il popolo sia effettivamente sovrano.
La seconda: che solo un sistema socialista —che altro non è se non quello in cui i produttori e i cittadini associati sono titolari non solo dell’astratta sovranità politica, ma di quella sostanziale dei mezzi con cui si produce e distribuisce la ricchezza— è compatibile con un’effettiva democrazia.
D'accordo su tutto: la soluzione è l'uscita dall'alienazione, in tutit i sensi e in tutti i campi, per riacquistare l'umanità che serve a convivere con gli altri senza derubarli