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LIBIA: LA CHIAMANO VITTORIA

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8 agosto, villaggio di Majar, 150 Km a est di Tripoli.
85 i morti, tutti civili,  di un raid della NATO

La gatta frettolosa fa i figli ciechi

di Campo Antimperialista

riceviamo e pubblichiamo*

Si combatte a Tripoli. I “Ribelli” hanno conquistato solo la Piazza Verde, e si sono aperti dei varchi solo in alcuni quartieri bene, come quello di Gargaresh. Ma non sembra osino addentrarsi nelle zone dove potrebbero incontrare una accanita Resistenza. Dice il reporter del New York Times di oggi, 22 agosto: «La lotta sul lungomare e l’eco che risuonava di sparatorie in altre zone ha chiarito che l’assalto dei ribelli a Tripoli il giorno prima è stato più un sogno domenicale che una reale offensiva e punizione finale, cio nonostante i ribelli stessero festeggiando e leader mondiali invitando il colonnello Gheddafi alla resa». La gatta frettolosa fa i figli ciechi.







Anche in Iraq gli occupanti conquistarono Baghdad, ma per schiacciare la Resistenza ci impiegarono quattro anni, quattro anni d’inferno. Quella che potrebbe diventare la Resistenza libica ha un vantaggio: non ha di fronte centinaia di migliaia di soldati angloamericani. Se il regime di Gheddafi ha seminato davvero qualcosa di buono, se c’è nel popolo libico una parte, anche minoritaria, che non vorrà arrendersi ad un’umiliazione che è pari solo a quella a cui fu sottoposta dal fascismo italiano, lo vedremo presto. La nostra simpatia va tutta, incondizionatamente, a chi sta combattendo contro questi cosiddetti “ribelli”.

Bengazi 21 agosto: gli ascari della NATO festeggiano

“Ribelli” che senza l’ausilio e il supporto della NATO e degli Stati Uniti sarebbero stati schiacciati da un pezzo. I lealisti, dato il controllo dei cieli degli imperialisti e la loro micidiale potenza di fuoco aerea, sono stati costretti ad una difficile guerra di movimento, senza poter utilizzare armamenti pesanti, senza poter muovere le proprie truppe, pena perire sotto il fuoco Nato. Quanto determinante sia stato per i filo-occidentali l’appoggio NATO è stato sempre il New York Times dell’edizione di ieri a dircelo:

«Gli Stati Uniti hanno intensificato negli ultimi giorni le loro attività aeree vicino a Tripoli, incluso l’uso di droni armati, ciò potrebbe aiutare pendere la bilancia a favore dei ribelli. La U.S. Air Force ha esercitato in questi giorni un monitoraggio continuo sopra e intorno alle zone ancora controllate dalle forze fedeli al colonnello Muammar Gheddafi. Le forze Usa hanno fatto ricorso ai droni Predator per individuare, monitorare e, occasionalmente, colpire, le truppe del colonnello. Allo stesso tempo, la Gran Bretagna, Francia e altri paesi hanno schierato proprie forze speciali di terra per addestrare e armare i ribelli. Fino a Sabato, gli aerei della Nato hanno condotto un totale di 7459 missioni in Libia, attaccando migliaia di obiettivi, da lanciarazzi al quartier generale delle forze libiche. Queste incursioni non solo hanno distrutto le infrastrutture militari del regime, hanno anche notevolmente ridotto la capacità degli ufficiali lealisti di guidare le loro truppe. Le Unità lealiste sono state così incapaci di muoversi, difare rifornimento, o di condurre operazioni».

L’impressione che noi abbiamo, oltre che la speranza, è che, contrariamente a quanto i media vanno strombazzando, l’avanzata dei “ribelli” su Tripoli, per quanto resa possibile dal supporto delle forze armate NATO, sia stata prematura, avventata. Non solo vaste zone della capitale non sono “insorte”, intere regioni del paese sono in mano ai lealisti. Quanto saldamente non sappiamo, ma sono pur sempre sotto il loro controllo. Sappiamo della Sirte, sappiamo che Misurata e altri grandi centri urbani non sono stati espugnati. Lo sfondamento è venuto da ovest, una volta bypassata Sabrata e caduta Zawiya.

Abbiamo scritto ad abundantiam, nei mesi scorsi, di quanto decisivo, per la sorte della guerra NATO e quindi del blocco capeggiatao da Gheddafi, sia il complicato tessuto clanico e tribale. Lo sottolineavamo settimane addietro per segnalare quanto fragile fosse la Libia come stato-nazione (e quindi debole l’esercito) indicando che quella che poteva essere la forza dei lealisti, costituiva allo stesso tempo il loro Tallone d’Achille. Se Resistenza non ci sarà, se davvero fossimo in presenza della liquefazione del regime, non sarà stata la forza militare dei “ribelli” per quanto aiutati dalla NATO, il fattore decisivo. Il fattore decisivo sarebbe stato clanico, che in Libia equivale a dire politico; ovvero il fatto che i clan determinanti avranno abbandonato Gheddafi alla sua sorte.

Se fosse così, allora il destino della Libia è segnato, e l’imperialismo avrà ottenuto un’altra vittoria nell’era monopolare, post crollo dell’URSS. Non lo dicemmo per l’iraq —non dicemmo che fu una vittoria di Pirro dell’imperialismo—, non lo diciamo adesso.

Di sicuro questa è l’ultima guerra parziale, ristretta o settoriale. La prossima sarà generale, il redde rationem con cui imperialisti e sionisti vorranno imporre il vecchio disegno di un “nuovo grande Medio oriente”. Non restano che la Siria e l’Iran da spazzare via.

Detto questo non cambiamo di una virgola il nostro giudizio sulle sollevazioni popolari del mondo arabo. Che l’imperialismo stia cercando di trasformarle in “rivoluzioni colorate” non giustifica né un atteggiamento indifferentista né, tantomeno, un sostegno a regimi decotti come quello siriano. Non si ferma l’imperialismo aggrappandosi ai morti e ai tiranni, quali che siano stati i loro meriti relativi passati. Non si ferma la strada ai disegni imperiali e neocoloniali abbandonando a se stessi popoli che chiedono democrazia, libertà e diritti. 



Cattive amicizie
Gli eventi libici stanno lì a dimostrare che è facile gettare un popolo tra le braccia dei nemici: è sufficiente rispondere alle proteste col piombo, calpestare le proteste con la forza, trattare tutti da “ratti”, “Qaedisti” “spie” e “terroristi”. Cosa sarebbe accaduto in Libia se il regime di Gheddafi, invece di sparare sulla folla di Bengazi e della Cirenaica, quei giorni di metà febbraio, fosse andato incontro alle rivendicazioni democratiche? Di sicuro avrebbe reso molto più difficile il lavoro sporco dell’imperialismo e dei suoi agenti locali. Invece il regime si è arroccato, ha mostrato, nel suo delirio di onnipotenza, la propria ottusità, la quale ha alimentato la sedizione, e Gheddafi ha finito per essere identificato come i tiranni Mubarak o Ben Alì, fornendo così un’arma micidiale alla propaganda occidentale e degli emiri del Golfo.

Gheddafi e i suoi hanno avuto una finestra temporale preziosa, almeno per tre settimane dopo il 15 febbraio, per correggere il loro madornale errore inziale. Dopo aver fatto parlare le mitraglie avrebbero potuto mettere in primo piano la politica. Ma non l’hanno fatto, così mostrando tutta la loro stupidità politica. Ed ecco a che punto siamo arrivati.



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