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PATRIMONIALE: IL DILEMMA DEL GOVERNO MONTI

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‘Gna fa o nun ‘gna fa?

di Piemme


Questo articolo ci è giunto in redazione ieri sera, 28 novembre. Oggi, 29, lo spread è schizzato a 510 punti, tanto da spingere il Corriere della Sera a titolare questa mattina «Venti giorni per salvare l’Italia (e l’euro)». Solo strumentale allarmismo? L’autore spiega di no, che il crollo è alle porte, a meno che…..

«Moody’s: misure subito o rischio default multipli Paesi euro». Questo il titolo inequivocabile con cui Il Sole di ieri dava la notizia dell’ultimo warning  dell’agenzia di rating americana.

Sotto il titolo il riassunto: «La grave crisi finanziaria attualmente in corso mette a rischio i rating nell’intera Unione Europea: è il monito lanciato dall’agenzia Moody’s, secondo cui «il prolungato e rapido incremento della crisi dei debiti sovrani e bancari nell’Eurozona minaccia le posizioni di tutti i Paesi europei». Moody’s nota in particolare come le situazioni di incertezza politica in Grecia e in Italia, abbinate al peggioramento delle prospettive economiche complessive nell’Eurozona, abbiano dato luogo alla «verosimiglianza di scenari persino più negativi», e dunque «la probabilità di default multipli per i Paesi dell’Eurozona non è ulteriormente trascurabile». Dal punto di vista dell’agenzia di rating americana, «più a lungo continua la crisi di liquidità, più rapidamente cresceranno le probabilità di default». In tale contesto, è la conclusione, diventa sempre più verosimile che uno o più Stati membri dell’Eurozona siano costretti a uscirne». [Il Sole 24 Ore on line del 28 novembre 2011]


Sono realistiche le previsioni di Moody’s? Chi scrive ritiene di sì. Ritiene che senza misure drastiche l’eurozona andrà in frantumi, innescando default multipli o, come certi economisti dicono “a grappolo”. Ritengo anche che crolli per insolvenza (default) riguarderanno in prima battuta alcune banche sistemiche, che a loro volta manderanno in stato di insolvenza alcuni debiti sovrani.

Questa è la tendenza obiettiva. La direzione di marcia dell’eurozona è verso il crollo, un crollo che avrà decisive conseguenze sociali, politiche e istituzionali. Solo in questa cornice si può capire perché Monti è arrivato al governo, e quindi quel’è la sua missione. 

Condivido l’analisi e il pronostico di Pasquinelli, Monti non ce la farà. L’Italia si avvia verso la catastrofe. Penso occorra meglio spiegare il perché. Ci sono però, come tutti gli analisti sottolineano, due piani intrecciati del discorso, due leve sulle quali si deve agire: uno europeo e uno specificamente italiano. Ammesso che Monti riesca a porre in essere un draconiano piano di rientro dal debito pubblico, onde evitare il crollo c’è bisogno che l’Unione europea compia in corsa quattro salti indispensabili: passare ad un sistema fiscale unico o almeno omogeneo (quindi ad un vero e proprio governo economico europeo), fare cassa comune aumentando di molto la dote del fondo salva-stati, permettere alla Bce di soccorrere le banche comprando loro le ingenti quantità di titoli di stato che possiedono e, infine consentire alla Bce di seguire la linea della Fed americana (quantitative easing), ovvero stampare ingenti quantità di moneta per impedire che manchi moneta circolante (credit crunch)

Ammesso e non concesso che questi quattro salti siano sufficienti a superare il precipizio, non sembra che essi verranno compiuti. La Grande-Germania, ovvero l’economia tedesca più i suoi satelliti “virtuosi”, si oppongono a queste misure. Lo fanno con argomenti apparentemente anche legittimi. Ma non di questo voglio parlare. Basti segnalare che anche ove Monti riuscisse nella sua impresa, ciò non metterebbe l’Italia al riparo dall’insolvenza. Non basta insomma saziare gli squali della finanza globale, offrendo loro un succoso bottino, per evitare un crollo italiano. Occorrono contestualmente i radicali mutamenti a scala europea di cui sopra.

Luigi Zingales, noto fanatico liberista, il 13 novembre scorso, definì Monti un “curatore fallimentare” [Il Sole 24 ore]. Metafora forse iperbolica ma prossima alla realtà. L’Italia non è già al fallimento, ma in una situazione di pre-fallimento. Che significa? Significa che il governo deve appunto rastrellare contanti per accontentare i creditori, se non lo farà allora essi manderanno l’Italia in default.

C’è una sola maniera per trovare la montagna di danaro (che diversi analisti quantificano in 300-400 miliardi nell’arco di un quinquennio: un quarto del Pil): una seria imposta  patrimoniale. Ricordiamo i dati forniti nel 2009 da Bankitalia:

«L’ammontare dei patrimoni diretti e indiretti che cadono sotto la sua giurisdizione sono, procapite, tra i più ingenti del pianeta —il patrimonio finanziario totale degli italiani, ha un valore pari a 3.565 miliardi, due volte e mezza il Pil, ed è così composto: obbligazioni, titoli esteri, fondi d’investimento: 44,2%; Titoli di stato italiani: 5%; contante, cc, depositi bancari e risparmio postale: 29,8%; assicurazioni e fondi pensione: 17,7%; altro: 3%». [citato in: Cinque ragioni  favore del default, SOLLEVAZIONE, 25 novembre]

Mario Monti sa bene dove si annida il malloppo. La domanda è la seguente: vorrà andare a prendere i quattrini a chi ce li ha? O continuerà a rapinare il popolo lavoratore? Vedremo nei prossimi giorni la sua “manovra”, ma tutto indica che seguirà la solita strada, quella di tartassare proletariato e ceto medio. Vedi le tre misure di cui si parla: aumento dell’iva, “riforma” del sistema pensionistico, Ici aumentata anche sulla prima casa. In altre parole Monti applica sì una patrimoniale, ma solo sulle classi popolari. Non colpirà né rendite né risparmi.

Si dirà che i berluscones, dei cui voti Monti non può fare a meno se non vuole soccombere —cani da guardia delle classi sociali che possiedono patrimoni mobiliari e immobiliari, che detengono rendite che fruttano lauti interessi— non gli permetteranno di attuare una seria patrimoniale. Vero.

Ma questo è appunto il dilemma del governo Monti. Affamare il popolo lavoratore avendo la certezza che questa rapina non frutterà un bottino sufficiente a saziare i pescecani della finanza globale, o fare sul serio, mettendo le mani nei portafogli dei ricchi. Per fare sul serio, ammesso che voglia fare sul serio, ha bisogno di una maggioranza blindata, non di quella posticcia da “larghe intese” fasulle di cui dispone oggi. In teoria egli può spaccare il Pdl, ma corre il rischio, così facendo, di spingere i berluscones all’opposizione. Deve cioè correre il rischio di fronteggiare un doppio nemico: oltre alla resistenza del popolo lavoratore, la “rivolta reazionaria della borghesia”, anzitutto padana.

Tra Scilla e Cariddi, Monti può solo galleggiare rapinando i soliti noti e  sperando che le correnti non lo affonderanno. Così facendo il default, il momento della verità, si avvicina. Non è questione di anni, ma di mesi.

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