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I FORCONI, LA REPUBBLICA E ANTONIO GRAMSCI

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Roma: 15 ottobre 2011

Vecchi arnesi


di Maurizio Fratta
Come si sa il quotidiano la repubblica è una fabbrica dove si produce in serie quello che si chiama il senso comune di sinistra. Ci vorrà tempo per bonificare ciò che questo quotidiano ha devastato. Intanto il quotidiano ha lanciato una vera e propria offensiva di intossicazione delle coscienze, bersaglio, il Movimento dei Forconi. E’ scesa in campo una firma prestigiosa, quella di Francesco Merlo
Che la Repubblica sia in prima fila ad agitare il vessillo in favore delle politiche dell’assolutismo liberista del governo Napolitano-Monti è ormai evidente ai più. 

Altrettanto evidente è il fatto che per farle apparire indispensabili ed inevitabili è necessario dedicarsi con la stessa lena all’opera di demolizione e di demonizzazione di quanti nella società italiana  si muovono in direzione opposta e contraria.

A suonare la grancassa, venerdì 17 febbraio,  ci si è messo Francesco Merlo che sparge a piene mani fango sul movimento dei Forconi, che che pubblichiamo qui di seguito. Il titolo la dice lunga: «Benvenuti in Sicilia porto franco della politica».


Un popolo, quello siciliano, ridotto a plebe ignorante che, se fosse in grado di farlo, leggerebbe Il libro Terroni di Pino Aprile, così come i tedeschi leggevano il Mein Kampf di Hitler.

Un movimento, quello dei Forconi, eterodiretto dai fascisti di Forza Nuova ed in combutta con gli eredi di Salvatore Giuliano.

Per non dire poi dei due leader:

Mariano Ferro, “ex di Forza Italia dalla diabolica zoppia” e Martino Morsello “ex socialista papà di Antonella leader di Forza Nuova”.

C’è n’è pure per Girolamo Li Causi e per Leonardo Sciascia, pace all’anima loro.

Il tutto condito con le solite note di colore, dai cannoli di ricotta ai Polifemi di terracotta ed alle sfide calcistiche tra Palermitani e Catanesi.

Forse tanto livore trova la sua ragione nel fatto che non è possibile sottacere la presenza nel movimento dei Forconi di esponenti del movimento operaio siciliano.

O forse con l’uscita di scena di Silvio Berlusconi Merlo non sa piu’ dove lanciare i suoi strali acuminati?

O più semplicemente si tratta del caso nel quale alcuni siciliani eccellono quando devono parlare male della loro terra dovendone trarne un utile?

Noi piuttosto pensiamo che per Merlo, e per quanti come lui sembrano inorridire difronte alla prospettiva della costituzione di un ampio fronte popolare capace di mandare a gambe all’aria il progetto di restaurazione autoritaria del governo Monti-Napolitano, valga quanto ebbe a scrivere Antonio Gramsci in Alcuni temi della questione meridionale:

«E’ noto quale ideologia sia stata diffusa in forma capillare dai propagandisti della borghesia nelle masse del Settentrione: il Mezzogiorno è la palla di piombo che impedisce più rapidi progressi allo sviluppo civile d’Italia; i meridionali sono biologicamente degli esseri inferiori, dei semibarbari o dei barbari completi per destino naturale; se il Mezzogiorno è arretrato la colpa non è del sistema capitalistico o di qualche altra causa storica, ma della natura che ha fatto i meridionali poltroni, incapaci, criminali, barbari, temperando questa sorte matrigna con la esplosione puramente individuale di grandi geni, che sono come le solitarie palme in un arido e sterile deserto. Il partito socialista fu in gran parte il veicolo di questa ideologia borghese nel proletariato settentrionale».


Benvenuti in Sicilia porto franco della politica
di Francesco Merlo
da: Il Venerdì di Repubblica, 17 febbraio

  E’ ancora e sempre plebe in cerca d’autore. Il libro Terroni è il loro Mein Kampf, la bibbia del rancore sudista che tutti i forconi citano  anche se non l’hanno letto. Il governatore Lombardo  ne ha comprato una cassa  con i soldi della Regione e io ne ho qui una copia che Lombardo ha regalato con dedica ad una signora : .

   Lombardo ha persino offerto la segreteria del suo partito (Mpa) a  Pino Aprile, l’ autore di questo famoso vademecum dell’astio borbonico e antirisorgimentale, dell’ ideologia del forconismo  contro lo Stato italiano paragonato a Pol Pot e ai nazisti, insomma un delirio opposto e tuttavia solidale al  razzismo padano e pataccaro: sud e nord compari nella lotta per sfasciare l’Italia.

   Aprile si è commosso ma ha rifiutato l’offerta,  preferisce il ruolo di D’Annunzio a quello di Starace. E a riprova che la Sicilia è il luogo della politica italiana che consente ogni audacia e ogni azzardo è bene ricordare che qui Lombardo è alleato al governo con il centrosinistra, con il Pd. Perché ci sono nel mondo posti marginali, lontani fisicamente e psicologicamente, dove si sperimentano bombe atomiche e armi chimiche, come l’atollo di Mururoa o il deserto del Nevada. E su alcuni corpi di marginali, topi o accattoni, si provano nuovi farmaci. Ebbene, in Sicilia  la marginalità limita il danno e la distanza permette una maggiore brutalità della politica. Lombardo, che da Catania a Caltanissetta controlla il territorio proprio come i barboni presidiano gli ingressi delle chiese, le stazioni della metropolitana e le entrate dei supermercati, può permettersi di allearsi sia con i forconi sia con il Pd perché la Sicilia è l’ alcova segreta dove  si azzardano posizioni proibite con la propria moglie, un porto franco dove non si paga il dazio della pesantezza: il luogo di decenza della politica italiana.  

   E difatti il 25 gennaio scorso il Comune di Grammichele, che è appunto il paese di Lombardo,  ha messo a disposizione dei  forconi decine di autobus e macchine e persino motociclette, e la ‘marcia su Palermo’ – quindicimila forconi –  è già entrata nella leggenda fondativa come l’adunata di San Sepolcro per i fasci di combattimento.

   Come ha sontuosamente raccontato su Repubblica Carmelo Caruso sono state vendute 700 bandiere, 2500 berretti blu, 500 giubbe di tela incerata  (15 euro ciascuna). E sotto gli striscioni sfilavano fianco a fianco gli scalmanati e i sindaci con la fascia tricolore, gli studenti dei centri sociali di sinistra e i neofascisti di Forza Nuova, i gonfaloni di Acireale, Butera, Canicattì, Giarratana  e…

  E da un lato c’erano gli arditi forconi moderati dell’avolese Mariano Ferro, ex di Forza Italia e uomo di Lombardo, ora decisionista rotondo e pittoresco, una diabolica zoppìa, e dall’altro i legionari forconi intransigenti di Martino Morsello, ex socialista, imprenditore ittico sfortunato, papà di Antonella, leader di Forza Nuova, giovane camerata piena di passione, una brunetta riccioluta che si commuove su Youtube ricordando il fallimento della ditta di famiglia ,  Antonella che piange, Antonella che è pronta alla lotta, fosse pure con i sassi, come Dina e Clarenza, le eroine di Messina al tempo dei Vespri.

  Qui i soli leader sono quelli laureati  dai vari passaggi in televisione che  sono evento perché, non essendoci più nulla, l’unica possibilità di sentirsi vivi  è appunto lo spasmo degli eventi  benedetto dai vari Santoro, un evento oggi per tirare a campare domani, magari cominciando a vendere i panini con ‘la meusa’ o le bibite ai posti di blocco e finendo in tribunale a disputarsi, come ci spiega qui accanto Paolo Casicci, la proprietà del simbolo , il forcone appunto  che è il solo concetto efficace prodotto in questo mondo esagitato.

   E forse il forcone piacerebbe pure a Li Causi  perché punge le chiappe al padrone ma anche a Sciascia perché è parola terragna che rimanda al contadino e pure al diavolo, riordina il fieno e infilza le anime. E poi il forcone ha tre punte come la Trinacria  e dunque  ricorda ben altri capannelli e  ben altri assembramenti  in fazzoletti di campagne assolate, tra colpi di scopetta e camionette dei carabinieri, Finocchiaro Aprile e Canepa e la bellezza selvaggia di Salvatore Giuliano corteggiato  – così vuole il mito cinematografico  – dalle giornaliste straniere a caccia di brividi.  Quella Sicilia ancora importava ed esportava i migliori e basta ricordare che c’era allora una sinistra (buonanima!) che trasformava la plebe in popolo, mentre adesso c’è solo questa gelatina molle sulla quale viene issato e dunque subito affonda il nipote di Salvatore Giuliano.

   Si chiama Giuseppe Sciortino Giuliano e, per la nota illogica logica del cognome,  indossa un basco nero  e impugna la bandiera dell’Evis  come una reliquia, mentre attorno a lui sul sagrato della cattedrale di Palermo  si festeggia l’evento a cannoli. E sono i soliti cannoli che  in Sicilia sono ridotti a cibo contro lo Stato di diritto, alimento che rende grassi e ottunde i sensi, forza che fa deboli, come i forconi che in pochissimo tempo sono diventati, anch’essi, evento cronico.

   I forconi come le eruzioni dell’Etna, dunque. E  come il derby Catania-Palermo e come un bel processone di mafia:  eventi. La realtà meridionale  sempre più diventa  una realtà ‘eventuale’, meglio ancora se l’evento  viene eternamente ripetuto: i balletti verdi, i sorci bianchi, un ‘esibizione della filarmonica di Vattelappesca,  un concerto a Taormina subito accompagnato da un premio giornalistico e letterario: un Polifemo di terracotta, un limone di marzapane, un cannolo d’argento e un bellissimo … forcone d’oro.

Francesco Merlo

2 pensieri su “I FORCONI, LA REPUBBLICA E ANTONIO GRAMSCI”

  1. Ecodellarete.net dice:

    Sto meditando di scrivere un post dal titolo "Eziologia del piddino". L'articolo di "questo merlo" rientrerà tra le fonti citate.

  2. Domenico Viggiani dice:

    Se alla "sinistra" dura e pura, come quella di questo blog, non resta che andar dietro al movimento (movimento?) dei forconi, siamo messi davvero male 🙁

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