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EURO: ECCO COME NE POSSIAMO USCIRE

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Perché è possibile, perché è conveniente
Tutto ciò che vi nascondono

Claudio Messora intervista Claudio Borghi*



I media italiani da alcune settimane stanno terrorizzando gli italiani che nel caso uscissimo dall’euro e tornassimo alla lira sarebbe un’ecatombe sociale. E’ vero il contrario: solo uscendo preparati dall’euro moribondo eviteremo una catastrofe nazionale. In questa intervista si spiegano le cose e i meccanismi d’uscita possibili. Leggete con calma.


Per cercare di fare chiarezza sullo scenario di una possibile uscita dell’Italia dall’euro ho intervistato Claudio Borghi, economista docente all’Università Cattolica di Milano, editorialista ed ex managing director di Deutsche Bank.

MESSORA: Buongiorno. Siamo qua oggi perché vorremmo tentare di capire, nell’approfondimento che solo la rete consente, che cosa succede se usciamo dall’euro. È uno spauracchio, è un totem, è un tabù. Però in effetti nessuno ci spiega nell’ora zero, nel caso in cui dovessimo uscire dall’euro, quali sarebbero i passi e gli avvenimenti che si susseguirebbero.

BORGHI: Innanzitutto nessuno ve lo spiega perché non ci sono grandi precedenti, nel senso che è successo in passato che ci sono stati dei cambi di valuta, siamo passati dalla lira all’euro e il giorno dopo eravamo ancora tutti lì. Quello che spaventa è il fatto di passare da una valuta debole a una forte. Tutti pensano che sia facile, perché normalmente c’è un vecchio detto che dice che la moneta buona scaccia la moneta cattiva. Quindi ad un certo punto, se c’è un cambiamento con una moneta che viene considerata preferibile rispetto agli altri, tutti prendono quella, si liberano senza troppe remore della moneta vecchia e siamo tutti a posto, nessuno protesta. Il contrario invece crea qualche preoccupazione, tant’è vero che già si sta parlando, di questi tempi, della Grecia, di timore di corsa agli sportelli. Perché, molto semplicemente, se io temo che la mia moneta d’oro diventi ope legis una pizza di fango, cercherò se è possibile di sottrarla da tutti i posti dove questa moneta possa essere convertita in maniera forzosa in una roba meno valida e meno buona. Quindi cosa succede? Succede che il greco, temendo il ritorno alla dracma, cerca di prelevare l’euro, metterselo sotto il materasso, metterlo in un conto all’estero, e così via, in modo tale che poi quando arriverà il giorno, se arriverà, che gli daranno la dracma, a questo punto sul conto corrente non ci sarà nulla, lui non ha particolari problemi, riporta poi indietro dal conto in Svizzera o dal materasso o da quello che è i suoi euro, li cambia in dracma quando serve per mangiare qualcosa e potrà comprarne molto di più, perché se prima con un euro convertito in dracma, qualsiasi tipo di tasso di conversione, poteva con il cambio ufficiale comprare due yogurt, dopo che la dracma si sarà svalutata, con lo stesso tipo di euro ne può comprare quattro. Per cui l’intento di mettersi in salvo è quello.

MESSORA: C’è da precisare che questo tipo di giochetto i ricconi lo hanno più che altro già fatto…

BORGHI: Bravo!

MESSORA: …perché hanno portato i soldi in Svizzera.

BORGHI: Esattamente. Il punto infatti che mi preme sottolineare è questo. Chi ragiona sulla distruttività di questo processo, spesso e volentieri lo fa ragionando come se fosse una cosa imprevista e immediata, vale a dire improvvisamente ad un certo punto una società serena e tranquilla viene colta dal pericolo improvviso della conversione, di disastri finanziari, a quel punto si scatena il panico, la corsa agli sportelli e l’obbligo di chiudere le banche e così via. In realtà gran parte di questo processo è già avvenuto. Il fatto è questo, che la gente non capisce che per mettersi totalmente in salvo l’operazione è molto semplice e chi ha un po’ di cultura finanziaria lo sa e lo ha già fatto. Vale a dire, io ho dei risparmi in una banca italiana e sono investiti in titoli di Stato, questo titolo di Stato potenzialmente diventa a rischio nel momento stesso in cui cambio la valuta, perché posso dire che tutto il debito, in generale tutti i contratti effettuati sul territorio italiano ritornano in lire, oppure in Grecia ritornano in dracme e così via. Quindi io ho un titolo di Stato greco denominato in euro, io posso unilateralmente dire che questo verrà restituito in dracme, quando c’è la conversione. Se io invece, io greco, così come io argentino all’epoca, magari, quando è successa la svalutazione dell’Argentina, io mi compro un titolo di Stato tedesco, nessuno me lo tocca perché il mio debitore è la Germania. Quindi se io oggi compro un Bund tedesco o un’obbligazione americana, se proprio non voglio avere a che fare con l’euro, e domani torniamo alla lira, il mio titolo non viene minimamente cambiato, quindi sta sul mio conto corrente, sul mio deposito titoli in Italia e il mio debitore sarà lo Stato americano, lo Stato tedesco e così via, quindi non avrò alcun effetto negativo dalla conversione. Questo processo, vale a dire di vendita di titoli non troppo sicuri o quantomeno su cui improvvisamente è arrivata un’ombra, per andare a comprare dei titoli invece che sono sicuri, matematici al 100% in quanto a restituzione, è già avvenuto e si chiama spread. Lo spread non è che nasce come un fungo, lo spread nasce perché c’è qualcuno che vende una cosa e compra quell’altra, a quel punto si crea una divergenza che è appunto lo spread. Se io vendo titoli italiani per comprare titoli tedeschi, automaticamente così facendo do origine allo spread. Quindi questo flusso, diciamo così, di fuga lenta dagli sportelli, fatto per tramite del debito, c’è già stato. Quindi, per carità, io dico se domani, perché magari io conosco le segrete cose, mi dicessero “guarda, non dirlo a nessuno, tra una settimana usciamo dall’euro e torniamo alla lira”, probabilmente quelle due lire che posso avere sul conto corrente posso magari mettermele a casa aspettando per evitare di incappare nella conversione, ma sono due lire; non credo che io venderei un titolo di Stato italiano magari a 70 per comprare un titolo tedesco a 130 pensando di farci chissà che gran guadagni, pur sapendo che tra una settimana ci sarà la conversione. Perché ad un certo punto io avrò un titolo italiano, sì, in lire che si svaluterà, io dico, molto meno di quello che la gente pensa, però si svaluterà. Ma è già svalutato! Cioè in questo momento lo spread ha già fatto arrivare tutta la svalutazione su tutti i titoli di debito. Quindi il fatto che quotino prezzi molto molto bassi rispetto al prezzo dei titoli di stato – virgolette – “sicuri” come quelli tedeschi, comporta che in ogni caso le cose sono già state fatte. Forse, ecco, starei attento magari sui titoli a breve termine. I titoli a breve termine, tipicamente un BOT, il BOT vale 100 perché tanto viene rimborsato tra tre mesi o sei mesi, ecco quello sì prenderebbe la conversione. Quindi se io avessi un BOT che scade tra quattro mesi e quindi vale 100 e sapessi che tra due settimane torniamo alla lira, quello non vorrei averlo perché mi ridaranno poi un BOT in lire, allora a quel punto lo venderei a 100, se me lo dicessero prima, e mi comprerei un titolo di Stato americano oppure anche un titolo bancario olandese, insomma qualsiasi cosa fuori dall’euro. Però questa procedura, questa fuga agli sportelli tanto temuta e così via, in gran parte, per quello che riguarda il debito, che è un po’ il grosso dei quantitativi monetari che ci sono in circolazione, è già avvenuta.

MESSORA: Sì, perché non è che uno si tiene 100 milioni di euro in liquidità sul conto corrente, avrà dei titoli, avrà delle obbligazioni. Quindi, continuando nel nostro percorso, che cosa succede? Decidiamo per esempio che venerdì sera si torna alla lira.

BORGHI: Allora, posto che in ogni caso il panico va governato, perché anche delle cose non logiche vengono fatte quando uno non le conosce. Quindi il classico caso, ricevo una mail – ne ricevo tante – di persona non esattamente benestante che mi dice “è il momento di portare i soldi in Svizzera?”, suppongo che questa persona si riferisse a, non so, 30 mila euro diciamo, cioè cose di questo tipo, allora gli dico “ma cosa fai?” Cioè tu prendi – questo è il panico che origina il comportamento illogico – tu prendi 30 mila euro, prendi, ti fai tutto il viaggio tirandoti su per tutta l’Italia per arrivare in Svizzera, cercare di… gli svizzeri non sono scemi, capiscono subito quando uno vale la pena di trattarlo bene oppure quando uno è il pollo che arriva con la piena. Arrivi lì, ti danno un qualsiasi tipo di conto con costi assurdi, poi l’ha riportato a casa, poi magari ti bloccano le frontiere e cosa ci fai? Quando invece, se il tuo timore veramente fosse quello, ti compri 30 mila euro, vai dalla tua banca, ti compri 30 mila euro di un titolo obbligazionario estero e a quel punto sei a posto. Oppure vuoi proprio andare a zero sui rischi e sui conti? Ti fai dare 30 mila euro in dollari e te li metti sotto il mattone. A quel punto lì cosa ti cambia? Non ti cambia nulla, no? Per cui essendo che le cose diventano illogiche, nel momento stesso in cui io dico “attenzione, il Consiglio dei Ministri si è riunito e sta valutando il passaggio alla lira”, innanzitutto lo sapremmo via Twitter e quindi a quel punto lì inizia a girare, a serpeggiare l’ “oddio, cosa facciamo?”. Bisognerebbe fare un minimo di controllo alle banche, ergo chiuderle, perché se no altrimenti la gente diventa matta. Il problema è che la gente si incazza quando gli chiudi la banca, perché dice “i soldi miei sono lì, tu sei chiuso”, allora a quel punto comincia a distruggere tutto e così via, quindi quelle scene che abbiamo visto in Argentina quando hanno fatto esattamente la stessa cosa, cioè ad un certo punto hanno chiuso le banche per evitare che la gente prelevasse tutto mandando il sistema a catafascio, la gente non l’ha presa bene e hanno cominciato disordini e simili. Quindi questa è la parte che deve essere, diciamo così, governata.

MESSORA: Però io leggendo sul tuo blog ho visto che hai una soluzione B che mi sembra estremamente percorribile, cioè mantenere nelle banche la denominazione in euro della propria valuta ed affiancare la lira. Cioè uno si ritrova i suoi 30 mila euro sempre denominati in euro e in più ha un nuovo conto corrente in lire: tutti i nuovi conti correnti che si aprono sono in lire.




BORGHI: Questo è il mondo dell’intelligenza. Vale a dire, se io prendo a livello europeo, tenuto presente il livello di stress del sistema o di distruzione che può essere da un’uscita disordinata da una valuta, io valuterei se investire qualche soldo, che è anche abbastanza difficile stimare perché dipende da quant’è poi la svalutazione delle singole monete, però è gestibile dal mio punto di vista e in ogni caso molto meglio e anche molto più europeo, se devo dire, rispetto al panico e al casino, lasciamolo all’Argentina, con tutto il rispetto. A quel punto se tutti i depositi venissero garantiti non ci sarebbe più nessuna necessità di governare il panico del piccolo. Abbiamo detto, togliamo dal radar il grosso, il grosso si è già sistemato, il piccolo è quello che è da gestire. Quindi quello che ha 10 mila euro, che sono tutta la sua vita, e si vede una serranda della banca chiusa, giustamente se la prende. Allora se io prendo e garantisco i depositi, vale a dire ti dico “guarda, è inutile prelevare – e lo dicono tutti, non soltanto l’Italia – è inutile che tu prelevi perché nessuno uscirà dall’euro – facciamo il punto di vista assolutamente europeista, perché ad un certo punto nel mondo bisogna prevedere anche l’imponderabile – se anche capitasse che per caso si esce dall’euro, i tuoi depositi fino a…”, mettiamo una certa cifra per evitare che uno dopo ci depositi 80 miliardi. Adesso sono circa 100 mila euro la garanzia sui depositi, tutto sommato è più che abbondante, la garanzia statale, però la garanzia statale ti garantisce il rimborso, non ti garantisce da eventuali conversioni; io ti posso poi ridare l’equivalente in lire, che è quello che la gente vuole evitare. Invece io ti dico “no, guarda, viene mantenuto esattamente nella valuta dove sono”. Io domani passo alla… non chiamiamola lira perché la gente si confonde, passo al fiorino, che è la nuova valuta dell’Italia…

MESSORA: Chi sei? Dove Vai? Un fiorino!

BORGHI: …un fiorino, esatto! Che per le tasse infatti viene bene. Passo al fiorino e se io avevo 8 mila euro sul conto corrente, rimangono 8 mila euro, così come mi rimarrebbero i dollari che avevo depositato. Cioè se io ho un conto corrente in dollari e ce ne sono su 3 mila, rimangono dollari. È evidente che questa cosa ha un costo. Perché? Perché trattare il denaro depositato in una banca come se fosse in una cassetta di sicurezza è scorretto. I soldi che io deposito in banca non sono in una cassettina. Se fossero in una cassettina, come sono i titoli, a quel punto non ci sarebbe dubbio: sono lì, non me li devi convertire. Nessuno ci perde e nessuno ci guadagna perché il foglio di carta è uno strumento di pagamento, non è una cosa che arriva dal cielo oppure che comporta che qualcuno ci perde e qualcuno ci guadagna. Sono lì. Invece però la banca con i soldi che io deposito, a sua volta presta denaro ad altri. Se io converto… Per farla molto semplice, io deposito i soldi e la banca poi fa un mutuo a uno, con i soldi che sono depositati, e glieli eroga…

MESSORA: Non solo. Poi c’è il meccanismo della riserva frazionaria: quindi ne può creare di nuovi.

BORGHI: Certo. Però in ogni caso poi ci sono anche… anche questa roba qua: tante volte è eccessivo come pensiero, perché la banca sa benissimo che il deposito in contanti può essere prelevato in qualsiasi momento, quindi non è che può farci più di tanto affidamento, infatti non fa parte di nessun capitale di garanzia né niente. Comunque, fatto sta che io prendo, per semplificare, deposito mille euro in banca e questi mille euro vengono dati a un mutuo. Se c’è una conversione, il mutuo ovviamente deve essere convertito anche quello, perché non è possibile che io ti mantengo la passività in euro e dall’altra parte invece lo stipendio te lo pago in lire, perché a quel punto lì poi rischio che uno si butta dalla finestra. Un cosa simile è successa ai tempi del ’92 quando c’era la gente che aveva i mutui in Ecu. Nel qual caso invece non c’era speranza, perché non c’è stato il cambio di valuta, c’è stata semplicemente una svalutazione della lira. Allora il tuo stipendio si è svalutato, il tuo mutuo in Ecu invece si è rivalutato e chi aveva – poveretti! – i mutui in Ecu comprati perché i tassi di interesse erano più bassi, è stato fregato. Nel caso di ridenominazione integrale della valuta questo non può capitare. Per cui il mio mutuo che io pago alla banca ritorna in lire e si pareggia con il mio stipendio che diventerà in lire, a quel punto (in fiorini, scusate). La banca a sua volta non può ricevere i pagamenti delle rate del mutuo in fiorini e restituire a me gli euro sul conto corrente: sulla differenza ci perde. Quindi è questa la cifra che deve essere garantita dal punto di vista europeo, la differenza sul deposito tra la cifra depositata in euro e l’eventuale svalutazione che ci sarà nella nuova moneta. Ma è gestibile. Rispetto a tutto il disastro che potrebbe succedere con la gente che viene presa dal panico e preleva tutto, è molto gestibile. Per il resto, invece, tutti i contratti, tutti i rapporti, diciamo così, finanziari passano alla nuova valuta. Io suggerisco…

MESSORA: Quando dici i contratti, i rapporti finanziari, che cosa intendi?

BORGHI: Ogni volta che c’è un rapporto finanziario tra due persone, tipicamente un debito, principale, oppure un contratto, somministrazione o quello che è, uno stipendio, una pensione, un contratto di lavoro, passa in fiorini. Il mio suggerimento, per minimizzare totalmente il rischio di panico o… no, panico no, il rischio di confusione o bissare altre cavolate tipo quella della conversione lira/euro con arrotondamenti e magna-magna, è quello di convertire 1 a 1. Quindi io, molto semplicemente, avevo una pensione di 1.200 euro al mese, riceverò una pensione di 1.200 fiorini al mese. Niente deve cambiare. A quel punto il rapporto poi con l’euro o con le altre monete, diventa analogo a quello che ci può essere ora con il dollaro. Noi non è che ci svegliamo ammalati se domani sale il dollaro o scende il dollaro o se svalutiamo o rivalutiamo rispetto al dollaro. Certo, ci sono delle cose che compriamo in dollari il cui prezzo salirà.

MESSORA: Ecco… Io avevo letto questo interessante scenario proprio sulla possibilità che la Grecia ritorni alla dracma e diceva che tecnicamente la conversione nelle banche è gestibilissima, anche nel giro di 24-48 ore, anche perché tutti i bancomat sono riprogrammabili da remoto, eccetera, e suggerivano proprio quello che dicevi tu, cioè di mantenere un cambio dracma/euro 1 a 1 e suggerivano di farlo nel weekend, per cui anche la chiusura delle banche sarebbe dovuta essere limitata a due giorni.

BORGHI: Io avrei suggerito… Io avevo scritto un articolo dove suggerivo di farlo, quando dicevo “ragazzi, usciamone prima, finché possiamo”, di farlo a Capodanno. Lì era proprio perfetto, perché tu hai una settimana praticamente di chiusura e poi anche contabilmente tu hai un anno che ti inizia pulito con la nuova valuta.

MESSORA: Infatti lo scenario prevedeva che si fissasse questa conversione 1 a 1 sabato e domenica, che i mercati sono chiusi. Con poi ovviamente la conseguenza che il lunedì mattina, appena aprono i mercati, la dracma si sarebbe svalutata…

BORGHI: Corretto.

MESSORA: …si pensava, in Grecia, del 40-50%.




BORGHI: Forse anche di più.

MESSORA: Ecco: in Italia invece cosa potrebbe succedere?




BORGHI: “Allora, la Grecia… Loro sono messi malissimo, diciamolo chiaro. Una soluzione indolore purtroppo non c’è perché al contrario dell’Italia la Grecia importa tutto. Quindi non è che possiamo dire loro tornano alla dracma e ad un certo punto le loro esportazioni migliorano compensando i disagi. No, si ritrovano lo stesso a dover ricomprare tutto, esattamente quello che compravano prima, e tutto gli va a costare tantissimo. Si trova in una situazione, diciamo peggiore rispetto a quella islandese, nel momento stesso in cui l’Islanda ha deciso di ripudiare il debito e così via. Perché l’Islanda, anche lì, è un luogo dove importano tutto, a parte il merluzzo e il muschio non hanno molto, però almeno hanno l’energia geotermica e stanno al caldo. Lì devono confidare sul clima, perché poi loro importano tutto. In realtà se noi guardiamo la bilancia dei pagamenti, da quando la Grecia è entrata nell’euro ha accumulato una serie di deficit pazzeschi, perché tutto è diventato molto conveniente per loro dal punto di vista di acquisto, potere di acquisto su beni esteri, e quindi tutta l’economia si è spostata sull’importazione; comprano tutto. Il risultato è che appunto è un paese che domani si trova ad avere la pizza di fango come moneta e con questa pizza di fango deve comprare beni esteri che giustamente la pizza di fango non la vogliono. Quindi rischia di avere una svalutazione molto molto pesante. Infatti è un problema. Io non lo so sinceramente come fare uscire in maniera… Cioè, per me bisognerebbe fare un Piano Marshall, cioè, vale a dire, l’unica maniera per minimizzare il danno alla Grecia, non è neanche “esci tu Grecia”: “esci tu Grecia” e il giorno dopo sei nella miseria, ma pesante! Rimani? Sei nella miseria lo stesso, perché abbiamo visto dove ti stanno portando. Bisognerebbe riconoscere: ragazzi, voi avete fatto la vostra, noi abbiamo sbagliato, facciamo come se fosse un paese dopo i bombardamenti, cose di questo tipo, e ritiriamolo su con investimenti diretti. Per l’Italia è molto differente. L’Italia ha una bilancia dei pagamenti che è grossomodo in pareggio, leggermente in deficit perché ovviamente stiamo andando anche noi su questa china. Il risultato comunque è che la nostra bilancia dei pagamenti, quindi il quid pro quo che io pago con le importazioni rispetto a quello che esporto è grossomodo in leggero deficit, ma grossomodo in pareggio. Quindi cosa succede? Succede che se io domani svaluto, non posso svalutare di troppo, perché se svaluto di troppo mi fanno un regalo superiore rispetto a quello che in realtà è il danno, perché io devo sì importare energia, perché quella per vari motivi, non ci piace il nucleare, non ci piace questo, non ci piace il rigassificatore, non ci piace la Libia perché…

MESSORA: Dovrebbe piacerci il sole e non ci piace neanche quello…




BORGHI: Non ci piace neanche quello perché deturpa il paesaggio, il risultato è che l’energia, quella ci serve. Certo, poi l’I-pad e tutte quelle cose lì ce le dobbiamo importare e va bene, okay.

MESSORA: Ma anche no.

BORGHI: Ecco, nel senso non è che il dramma “non ho l’I-pad nuovo”, oppure se lo devo comprare invece di pagarlo 300 lo devo pagare 700. Cioè, alla fine ce ne potremmo fare anche una ragione. Altrimenti buona parte delle altre produzioni che noi importiamo in questo momento, sono tutto sommato sostituibili con produzioni interne. Esempio tipico, una delle grandissime cose che importiamo sono le autovetture. Ora non è che mi sta simpatica la Fiat, sinceramente no, però è evidente che se io bene o male posso comprare una BMW rispetto a un’altra macchina italiana, che costano più o meno così, magari compro la BMW. Se vedo che la BMW improvvisamente costa il doppio, comprerò una macchina italiana, ma in giro vado, ecco, cioè non è che cambia qualcosa. A quel punto lì succede una cosa magica. Vale a dire, io italiano invece di comprare la macchina straniera compro la macchina italiana. Gli stabilimenti cominciano a funzionare, assumono gente. Allora a questo punto l’operaio invece di essere andato in cassa integrazione diventa assunto e fa pure gli straordinari e la compra anche lui la macchina, no? E a sua volta riparte il mercato interno.

MESSORA: Perché finché tu compri sul mercato interno, la svalutazione del fiorino, il nuovo fiorino nei confronti dell’euro o del dollaro non ti pesa più di tanto.

BORGHI: Assolutamente no. Se io ho l’albero di pesche in giardino e le pesche le vendo sul mercato, a me cosa me ne frega? Nel senso, posso avere come unità di conto quello che voglio, ma in realtà il prezzo che esigo è sempre quello, non mi muta. Mi muta l’energia, mi mutano certe cose che importiamo e che o abbiamo smesso, perché a questo punto… vedi i computer. Non è che non ce li avevamo i computer, i computer ce li avevamo sì, però ad un certo punto abbiamo deciso che era meglio comprare quegli altri che erano più convenienti, costavano meno.


2 pensieri su “EURO: ECCO COME NE POSSIAMO USCIRE”

  1. EssereCeleste2012 dice:

    Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

  2. LAV / gigionaz dice:

    Nel complesso, interessante.Una sola cosa. I soldi per il piano Marshall che deve salvare la Grecia (e possibilmente anche Portogallo e Spagna e speriamo finisca lì) chi li trova? Ci sono in Europa? Anche tralasciando l'idiosincrasia tedesca alla stampa di moneta?

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