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TARANTO: LO SPECCHIO DI UN PAESE ALLA DERIVA

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…e di una classe dirigente da cacciare
di Leonardo Mazzei

I giornali la chiamano «strana alleanza», ma vista da Taranto tanto strana non sembra. Uniti nella lotta a sostegno di padron Riva, uniti contro un magistrato irriverente, uniti nell’incassare i finanziamenti privati del Re degli inquinatori.

Eccoli i tre porcellini senza macchia e senza paura. La A di Alfano a difendere i diritti della proprietà, la B di Bersani quelli del «lavoro», la C di Casini quelli del «Paese». Roba da restare commossi.
La loro missione è quella di sempre: imporre la legge del più forte. Del resto i morti di tumore ai polmoni, o per altre malattie respiratorie acute, mica votano più. Ed ai candidati alla stessa fine basta raccontare la solita favoletta: il risanamento, gli impegni della proprietà e soprattutto – immancabile – lo sforzo coordinato delle istituzioni…
Già, quelle istituzioni che per prima cosa hanno decretato l’inammissibilità dell’azione di un magistrato colpevole di applicare la legge. Un fatto piuttosto insolito, in effetti, quando ad essere in gioco è il portafoglio di lorsignori. Un fatto inammissibile, ed ecco la calata dei ministri su Taranto di venerdì 17 agosto, quando verranno acclamati anche dai manifestanti convocati all’uopo da Cisl e Uil (la Fiom-Cgil questa volta si è dissociata dal fronte unico azienda-governo-sindacati, a differenza di quanto avvenuto a fine luglio).
Una calata dei servitori di padron Riva, proprietario dell’Ilva di Taranto e di altri 42 impianti sparsi sul pianeta, decimo produttore mondiale di acciaio, che ci dicono le cronache sia anche un discreto nonché disinteressato benefattore. Dalla stampa di ieri si apprende infatti (lo ha denunciato Di Pietro) che il suddetto ha versato contributi bipartisan già nel 2006-2007. Per l’esattezza 245mila euro al Pdl e 98mila non al Pd o ai Ds, ma direttamente a Pierluigi Bersani.
Tutto ufficiale, tutto registrato – ci mancherebbe! – come il contratto di acquisto dallo Stato della vecchia Italsider, così si chiamava l’azienda prima della sua privatizzazione. E a proposito di come si interpretano certi contratti di vendita negli ambienti che contano, facciamo un passo indietro, rileggendo un’intervista di Corrado Clini a la Repubblica del 6 agosto.
Questo signore, che nonostante l’incarico lautamente retribuito, sta alla difesa dell’ambiente come Provenzano alla lotta alla mafia, ci dà la misura di cosa siano i «tecnici» del governo Monti. Il ministro dell’Ambiente incentra il suo ragionamento su un punto: è giusto che il risanamento dell’Ilva (336 milioni di euro prontamente stanziati, mica parliamo degli esodati) sia pagato dallo Stato, è giusto perché i danni sono stati provocati dall’azienda quando era pubblica.
Ora, a parte il fatto che la fabbrica è rimasta tal quale da quando è entrata in funzione nei primi anni ’60, e dunque vi sarà quantomeno una responsabilità – almeno in quota parte – anche della nuova proprietà (il gruppo Riva ha acquisito la fabbrica nel 1995), la mostruosità del discorso di Clini è un’altra.
Se una persona acquista una casa vistosamente pericolante per 20mila euro, sa benissimo di doversi sobbarcare le spese per renderla sicura, e se qualcuno invece muore per il crollo delle sue mura sarà in ogni caso il nuovo proprietario ad esserne responsabile. Perché per padron Riva non è invece così? Domanda fin troppo ingenua, alla quale solo qualcuno incredibilmente più ingenuo di noi potrebbe rispondere che forse Riva non pagò l’equivalente dei 20mila euro per un appartamento.
In realtà l’ingenuo ha per una volta ragione. Infatti Riva pagò l’ex Italsider, ovviamente in proporzione, molto meno dei 20mila euro ad appartamento. E quanto la pago? Sulla carta avrebbe dovuto pagarla 1.460 miliardi delle vecchie lire, salvo conguaglio. Eh già, il conguaglio: Riva presenterà un conto di 800 miliardi per il «risanamento ambientale»…, ed alla fine tra uno sconto e l’altro tirerà fuori solo qualche centinaio di miliardi a fronte di un utile che già nel 1995 era di 2.280 miliardi di lire! In molti lavorarono affinché questa svendita andasse in porto, ma nessuno poté superare il contributo di Romano Prodi, che da presidente dell’Iri creò una bad company per scaricarvi 7.000 miliardi di debiti.
Che di fronte a questa ruberia il ministro Clini trovi giusta la nuova regalia a Riva è qualcosa che grida vendetta. E costui sarebbe il ministro dell’Ambiente. Certo Clini non è l’unico: cosa dirà, ad esempio, il ministro della Salute Balduzzi, al quale l’Istituto Superiore di Sanità ha appena consegnato la spaventosa relazione sulle morti per l’inquinamento a Taranto?
Noi non sappiamo se tutti costoro siano corrotti, anche se sappiamo dalle intercettazioni telefoniche pubblicate dai giornali che la corruzione era l’arma principale usata dall’Ilva per insabbiare ogni indagine ambientale. «Vendiamo fumo» era il titolo dell’articolo di testa dellahome del Corriere online di ieri mattina, che riferiva con il virgolettato le telefonate dei dirigenti della fabbrica. Sono passate solo due ore ed il titolo è diventato un più innocuo «Diciamo che va tutto bene», prudentemente spostato in fondo alla pagina. Questo per dire anche della stampa, sempre pronta ai titoloni terroristici se si tratta della «mucca pazza» o della Sars, sempre pronta, invece,  all’insabbiamento quando la responsabilità di migliaia di morti ricade sui padroni del vapore.
Noi non sappiamo se l’assalto al Gip Patrizia Todisco sia frutto anche di questa corruzione, oltre che della difesa di un sistema che si vorrebbe eterno. Non sappiamo se l’allegro fregarsene della vita dei tarantini venga solo dal mero interesse personale dei tanti che hanno avuto ed hanno le mani in pasta nelle vicende dell’Ilva. Sappiamo però una cosa: che Taranto è lo specchio dell’Italia. Lo specchio di un’intera classe dirigente abbarbicata ad un sistema che, oltre ad essere la  quintessenza dell’ingiustizia, non riesce proprio più a funzionare. E che si regge sulla pervicacia di un blocco dominante dove i Riva ordinano e gli ABC eseguono.
Ecco perché, vista da Taranto, la «strana alleanza» che sorregge Monti non è poi così strana. La prevaricazione ed il disprezzo per ogni cosa gli si pari contro (sia il diritto alla salute o le loro stesse leggi) è l’unica condotta che possono tenere. E così fanno, uniti più che mai, in un osceno abbraccio in cui tutto si tiene: il business e l’aria avvelenata, la corruzione spicciola e quella più ricca, le morti per tumori e i sindacalisti venduti, le svendite di stato e i ministri imbroglioni, il ricatto occupazionale e l’assegno a Bersani.
Taranto, Italia, estate 2012. Lo specchio di un Paese alla deriva… e di una classe dirigente da cacciare.

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