L’EUROPA, OVVERO IL SUICIDIO DELLA SINISTRA
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Claus Offe |
«L’Unione europea e l’euro alimentano nuovi fascismi»
Intervista a Claus Offe*
Il tedesco Offe non poteva esprimere meglio la posizione grottesca in cui si trovano le sinistre europeiste. Si prende atto del fallimento dell’euro, che la democrazia viene uccisa dalle plutocrazie dominanti, e che questo fatto alimenta i nuovi fascismi. Per poi concludere che il solo modo di sventare questa minaccia è… restare assoggettati a queste plutocrazie. A testimonianza che queste sinistre non sono più portatrici di istanze alternative, nemmeno “riformiste”.
D. Nei giorni scorsi sono stato colpito da un titolo della Süddeutsche Zeitung, che recitava: «Il lento tramonto dell’Europa: la sovranità degli Stati e la moneta unica non vanno d’accordo».
R. Sì, è così, non vanno d’accordo. Ma avremmo dovuto saperlo prima. Infatti sono stati commessi diversi errori. Il primo è la dimensione sbagliata dell’area euro. Paesi con produttività differente e differente costo unitario del lavoro, che è una variabile decisiva, non possono avere la stessa moneta. Perché i perdenti perderanno ancora di più e i vincenti vinceranno ancora di più. La Germania, l’Olanda, la Finlandia, il Lussemburgo e altri Paesi sono per loro natura dei “surplus nati”, mentre i Paesi meridionali sono perdenti, inevitabilmente. Questo è il primo errore. Il secondo è che in quest’area monetaria, già di per sé mal disegnata, non c’è una politica fiscale e sociale unitaria. Questo è un aspetto che si sarebbe dovuto regolare fin dall’inizio. Ci sono alcuni sostituti molto deboli: i criteri di Maastricht, che in realtà non regolano nulla, non sono un valido sostituto a un regime fiscale e sociale uguale per tutti gli Stati membri.
R. Sì, ma c’è un modo normativo di rispondere, ed è quello di chiedersi chi ha beneficiato di più o sofferto di meno per gli errori commessi. Questi, secondo un’idea condivisa, sono quelli che dovrebbero pagare di più il costo degli errori. E se ci si chiede chi è il beneficiario relativo degli errori commessi in passato, la risposta è: la Germania. Perché gli squilibri del commercio hanno favorito la Germania attraverso i surplus di export, che in assenza della moneta unica non sarebbero stati possibili. L’euro è un meccanismo che favorisce le esportazioni tedesche perché gli Stati membri sono indifesi di fronte alla moneta unica, non possono più fare quello che hanno fatto negli anni Ottanta e Novanta e «aggiustare» la propria moneta ricorrendo alla svalutazione. Non ho mai capito perché Spagna e Italia fossero così entusiaste dell’introduzione dell’euro, nonostante questo significasse de facto un’autolimitazione della loro autonomia.
Ma vorrei aggiungere gli ultimi due degli errori commessi. I partiti politici, tutti senza esclusione in Germania, ma anche negli altri Paesi (Francia e Italia non fanno eccezione), hanno fallito nello spiegare al loro elettorato ciò che ho appena tentato di riassumere: abbiamo fatto degli sbagli, cerchiamo di trovare un modo corretto di pagare per questi sbagli. Spiegare all’elettorato questo concetto dovrebbe essere una responsabilità dei partiti, ed essi hanno fallito miseramente nel far fronte alle loro responsabilità. I partiti si stanno deteriorando, si limitano ad agire opportunisticamente per mantenere il potere. L’assenza di una chiara linea politica e di un programma, di un’ideologia, la mancanza di standard che definiscano che cosa è giusto e corretto li induce a trascurare il loro compito principale, cioè educare il proprio elettorato, esercitando su di esso una forma di egemonia (ricordiamoci Gramsci), ed essere leader di una visione strategica per una società bene ordinata.
Lo scenario da incubo che mi prefiguro è che vedremo risorgere una forma di autoritarismo simile a quella degli anni Trenta, che io chiamo fascismo austroclericale, in un gruppo di Paesi europei, cinque almeno: Austria, Ungheria, Romania, Bulgaria e Grecia. C’è una tradizione di autoritarismo specifica dell’Europa sud-orientale e abbiamo bisogno dell’Unione Europea per controllarlo e resistervi: lo vediamo all’opera adesso in Romania e in Ungheria, ha rischiato di prevalere in Austria ai tempi di Haider.
Mi lasci dire un’altra cosa. Per i democratici europei, l’Europa è sempre stata una forza civilizzatrice che prende, mantiene ed esercita il controllo sulle tendenze patologiche che la storia ci ha fatto conoscere. È vero: abbiamo bisogno dell’Europa per controllare le passioni e le patologie dei diversi Stati membri, in particolare la Germania. Quindi abbiamo bisogno di un’autorità europea, un governo europeo, una quasi-federazione europea che sia in grado di esercitare questa funzione di controllo. Per queste ragioni politiche, in Europa c’è una forte discussione storica in favore di questa “autorità super partes“. Ora l’abbiamo ottenuta, ma come operazione di emergenza: si tratta della Bce, l’istituzione meno democratica di tutte le istituzioni
D. Nei giorni scorsi sono stato colpito da un titolo della Süddeutsche Zeitung, che recitava: «Il lento tramonto dell’Europa: la sovranità degli Stati e la moneta unica non vanno d’accordo».
R. Sì, è così, non vanno d’accordo. Ma avremmo dovuto saperlo prima. Infatti sono stati commessi diversi errori. Il primo è la dimensione sbagliata dell’area euro. Paesi con produttività differente e differente costo unitario del lavoro, che è una variabile decisiva, non possono avere la stessa moneta. Perché i perdenti perderanno ancora di più e i vincenti vinceranno ancora di più. La Germania, l’Olanda, la Finlandia, il Lussemburgo e altri Paesi sono per loro natura dei “surplus nati”, mentre i Paesi meridionali sono perdenti, inevitabilmente. Questo è il primo errore. Il secondo è che in quest’area monetaria, già di per sé mal disegnata, non c’è una politica fiscale e sociale unitaria. Questo è un aspetto che si sarebbe dovuto regolare fin dall’inizio. Ci sono alcuni sostituti molto deboli: i criteri di Maastricht, che in realtà non regolano nulla, non sono un valido sostituto a un regime fiscale e sociale uguale per tutti gli Stati membri.
D. È un punto cruciale e non mi sembra facilissimo trovare una risposta chiara.
R. Sì, ma c’è un modo normativo di rispondere, ed è quello di chiedersi chi ha beneficiato di più o sofferto di meno per gli errori commessi. Questi, secondo un’idea condivisa, sono quelli che dovrebbero pagare di più il costo degli errori. E se ci si chiede chi è il beneficiario relativo degli errori commessi in passato, la risposta è: la Germania. Perché gli squilibri del commercio hanno favorito la Germania attraverso i surplus di export, che in assenza della moneta unica non sarebbero stati possibili. L’euro è un meccanismo che favorisce le esportazioni tedesche perché gli Stati membri sono indifesi di fronte alla moneta unica, non possono più fare quello che hanno fatto negli anni Ottanta e Novanta e «aggiustare» la propria moneta ricorrendo alla svalutazione. Non ho mai capito perché Spagna e Italia fossero così entusiaste dell’introduzione dell’euro, nonostante questo significasse de facto un’autolimitazione della loro autonomia.
D. Però l’euro ha funzionato almeno per i primi dieci anni, fino alla grande crisi del 2008.
R. Esatto, fino alla grande crisi. Ma quello che ho detto finora resterebbe valido anche se la crisi non ci fosse stata. Tuttavia la crisi ha posto gli errori in tutta la loro drastica evidenza. La risposta di tipo morale che ho appena cercato di dare è: quelli che hanno tratto maggiori vantaggi devono oggi compensare gli altri Paesi o condividere la maggior parte degli oneri di compensazione. Ancora una volta, però, da un punto di vista politico questo non è fattibile, perché qualsiasi governo che proponga una divisione sproporzionata degli oneri o la mutualizzazione dei debiti o gli Eurobond o cose del genere rischia di perdere le prossime elezioni. Ad esempio, troverei rischioso, addirittura suicida, che in Germania la Spd proponesse una strategia di mutualizzazione del debito su base volontaria. Siamo di fronte a una contraddizione classica: quello che è ormai assolutamente necessario, anzi obbligatorio, in termini sia economici sia morali, per poter stabilizzare l’euro, è impossibile in termini di politica interna.
Ma vorrei aggiungere gli ultimi due degli errori commessi. I partiti politici, tutti senza esclusione in Germania, ma anche negli altri Paesi (Francia e Italia non fanno eccezione), hanno fallito nello spiegare al loro elettorato ciò che ho appena tentato di riassumere: abbiamo fatto degli sbagli, cerchiamo di trovare un modo corretto di pagare per questi sbagli. Spiegare all’elettorato questo concetto dovrebbe essere una responsabilità dei partiti, ed essi hanno fallito miseramente nel far fronte alle loro responsabilità. I partiti si stanno deteriorando, si limitano ad agire opportunisticamente per mantenere il potere. L’assenza di una chiara linea politica e di un programma, di un’ideologia, la mancanza di standard che definiscano che cosa è giusto e corretto li induce a trascurare il loro compito principale, cioè educare il proprio elettorato, esercitando su di esso una forma di egemonia (ricordiamoci Gramsci), ed essere leader di una visione strategica per una società bene ordinata.
Vengo ora all’ultimo punto. Credo che Mario Monti abbia ragione nel diagnosticare il problema, mentre ha delle difficoltà a dare una prognosi: la democrazia e il regime parlamentare sono incompatibili con ciò che si deve fare adesso per affrontare questa situazione. In un certo senso la crisi distrugge gli elementi chiave della democrazia, perché rende necessarie azioni che non hanno il sostegno dell’opinione pubblica. I partiti hanno fallito nell’educare l’opinione pubblica su questo punto, e ora sono di fronte a un bivio: o fare la cosa giusta o fare la cosa che ha il sostegno popolare. Ma così, da un punto di vista politico, si arriva a un punto morto».
D. Ma tutto ciò mette a repentaglio la sopravvivenza stessa della moneta unica?
R. No, non credo. Sono abbastanza fiducioso e penso che alla fine l’euro sopravviverà, e probabilmente anche la Grecia resterà all’interno dell’Eurozona. Ma sopravviverà in modo tecnocratico, cosicché le forze di estrema destra e i sentimenti antieuropei si rafforzeranno ovunque. Dieci anni fa ho scritto che l’Europa erode più sostegno di quanto non riesca a generarne, lo usura lentamente senza fornire nuova linfa alle motivazioni profonde che dovrebbero sostenere l’idea stessa di Unione. Questo circolo vizioso è sempre più rapido e nessuno sa come fermarlo.
Lo scenario da incubo che mi prefiguro è che vedremo risorgere una forma di autoritarismo simile a quella degli anni Trenta, che io chiamo fascismo austroclericale, in un gruppo di Paesi europei, cinque almeno: Austria, Ungheria, Romania, Bulgaria e Grecia. C’è una tradizione di autoritarismo specifica dell’Europa sud-orientale e abbiamo bisogno dell’Unione Europea per controllarlo e resistervi: lo vediamo all’opera adesso in Romania e in Ungheria, ha rischiato di prevalere in Austria ai tempi di Haider.
Mi lasci dire un’altra cosa. Per i democratici europei, l’Europa è sempre stata una forza civilizzatrice che prende, mantiene ed esercita il controllo sulle tendenze patologiche che la storia ci ha fatto conoscere. È vero: abbiamo bisogno dell’Europa per controllare le passioni e le patologie dei diversi Stati membri, in particolare la Germania. Quindi abbiamo bisogno di un’autorità europea, un governo europeo, una quasi-federazione europea che sia in grado di esercitare questa funzione di controllo. Per queste ragioni politiche, in Europa c’è una forte discussione storica in favore di questa “autorità super partes“. Ora l’abbiamo ottenuta, ma come operazione di emergenza: si tratta della Bce, l’istituzione meno democratica di tutte le istituzioni
* Claus Offe è uno noto sociologo tedescostato, collaboratore di Jürgen Habermas.
L’intervista, a cura di Alessandro Cavalli, è contenuta nel n. 5 della Rivista Il Mulino.
Anonimo Demetrio"In un certo senso la crisi distrugge gli elementi chiave della democrazia, perché rende necessarie azioni che non hanno il sostegno dell'opinione pubblica." Bene, Bene! cioé male. Infatti é incontrovertibie che l'errore primo e grave é stato compiuto da chi della democrazia se n'è infischiato non sottoponendo a referendum le decisioni europeiste di ogni singolo Stato. Se la son fatta e se la son detta senza chiedere il parere democratico del Popolo. Io, personalmente, avrei votato contro e quando ho visto posti di frontiera come il Brennero totalmente sguarniti mi é venuta l'angoscia. Anche gli animali marcano il proprio territorio e questo istinto primordiale ha le sue giustificazioni ancestrali; pratiche, funzionali, essenziali e tutt'altro che irrazionali. I fascismi non c'entrano niente ed é questione di buon senso nonché di realismo etologico e antropologico.
Anonimo 2La Sinistra é stata ridotta a una larva di sé stessa da quelli che hanno corroso, soprattutto dall'interno, l'Unione Sovietica fino a determinarne il crollo nel 1989. Quindi non é chiaro come abbia potuto suicidarsi con l'Unione Europea se già era lesa quasi mortalmente. La sinistra porta ancora le ferite pressoché insanabili di quell'evento. Si pensi solo ai camaleontismi di certa sinistra italiana dopo quella data e che l'hanno portata a travestimenti che hanno del grottesco con mutamenti a catena della "ragione sociale" (nome e simboli) e rincorse affannose al scimmiottamento dei programmi e degli atteggiamenti sociologici tipici della parte che prima era considerata avversa. Ci mancava solo che nel 2011 si sia messa a sostenere quasi coralmente un governo di tecnici che si sapeva benissimo da quale sponda provenivano. Cosa resta di autentico nella Sinistra "ufficiale" d'oggi?
La SINISTRA, quella maggioritaria, quella proveniente dal PCI (PD-PRC-PDCI) è doppiamente orfana. Orfana del "socialismo reale", si aggrappò subito al nuovo mito dell'Unione Europea. Così accettò di essere apripista dell'euro, della cessione di sovranità ai poteri oligarchici e bancari europei, e quindi complice della consunzione della democrazia parlamentare. Non è tanto una questione morale, se essa meriti di morire o meno (lo merita), la questione è politica: chi prenderà il posto del moribondo? Una nuova forza socialista, sovranista e anticapitalista oppure, dopo la effimera fiammata grillina, andrà tutto verso destra?