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IL PASTICCIACCIO ARANCIONE…

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Era meglio non denudarsi

… Per un piatto di lenticchie


di sollevAzione

Che il parto arancione sia diventato un aborto, pare non sia solo una nostra sensazione, ma si vada ora dopo ora consolidando come senso comune nella sinistra che passa per radicale. Il fattore che ha contribuito a questo esito è stata (anche) la devastante conferenza stampa di Ingroia, ovvero del portabandiera degli arancioni.
In verità le cose stanno peggio ci come appaiono. Pubblichiamo qui sotto una critica severissima a come si sono svolti i giochi. Parla Alfonso Gianni, non proprio un bolscevico. Gianni esprime non solo la delusione sconsolata sua, ma di tutta l’area che si era raggruppata attorno ad ALBA (l’appello “Cambiare si può”). Non è escluso che questa che pretendeva di essere la prima gamba della coalizione, si sfili dall’iniziativa. Un fatto a suo modo “enorme”.

Cosa dice Gianni? Si lamenta che la lista è diventata ostaggio dei micropartiti, «… una somma di organizzazioni, esattamente il contrario di quello che si voleva fare». Ma si lamenta anche, e qui ha ragione, della formidabile assenza di contenuti sociali. Del resto che vuoi pretendere da gente come Diliberto, Orlando, Di Pietro e De Magistris e co., che un giorno sì e l’altro pure bussano alla porta di Bersani?

Il fatto sostanziale è che senza la forza organizzativa di Rifondazione e il serbatoio di voti che Di Pietro porta ancora in dote, questa lista difficilmente potrebbe scavallare lo sbarramento del 4%. Si capisce dunque che questi “micropartiti”, al tavolo negoziale, contino dieci volte di più di ALBA. Ci viene in mente la battuta di Stalin: «Ma questo Vaticano di quante armate dispone?». Ecco, ALBA non dispone di nessuna armata e dal punto di vista della sua potenzialità elettorale è prossima allo zero.

I caporioni dell’operazione Arancione hanno fatto, come si dice, i conti della serva, che sono gli unici che sanno ben fare, e se ne sono fottuti dei ragionamenti degli intellettuali di ALBA.

E’ da presumere che i vari Diliberto, Di Pietro e Ferrero saranno candidati e quindi, se si supera lo sbarramento, di nuovo parlamentari. La mossa accontenta gli attivisti superstiti dell’Idv e, anzitutto, quelli del Prc, che mal digerivano (non a torto del resto) il diktat di ALBA di tagliare fuori non solo i simboli, ma pure candidati di spicco dalle liste. Francamente troppo per tanti compagni di rifonda, a cui questo seppellimento della loro esperienza proprio non andava giù. Buon per loro.

Ma il buono finisce qui e poi comincia il male. In cambio di una visibilità puramente simbolica e identitaria si è ceduto sulla cosa più importante: il profilo programmatico della lista arancione. Altro che una Syriza italiana! Altro che Front de gauche! Qui siamo in presenza di un’operazione volgarmente trasformista e moderata, priva, mentre il sistema va in pezzi e i governi fanno macelleria sociale in nome dell’euro e dell’unione, di ogni base anticapitalistica e di ogni aggancio ad una prospettiva antagonistica di fuoriuscita da questo sistema.

Tutto questo a discapito di ogni prospettiva strategica e tattica di aggregazione di un fronte sociale anticapitalistico (semmai le elezioni possano servire a questo), il tutto per il piatto di lenticchie degli scranni parlamentari qui e ora. Ci viene in mente l’operazione Arcobaleno del 2008. Tutti sanno come tristemente andò a finire. Può scapparci che tutta questa arancionata faccia la stessa fine, che vada a sbattere contro le armate di Bersani e Grillo, come l’Arcobaleno si infranse contro quella del Pd di Veltroni. Che quindi non ottenga i voti manco dei fedelissimi.
Chi è causa del suo mal pianga se stesso.



Rivoluzione civile e i quattro segretari


di Alfonso Gianni

Nella consultazione di “cambiare si può” che interroga se continuare l’iter che porta alla formazione della lista Ingroia (così viene chiamata, anche in ragione di un rilievo esagerato al nome sul simbolo) risponderò NO.
Almeno sic stantibus rebus. Le ragioni, se interessano, sono semplici. Sono partito, anche quando ero militante di Sel, da un doppio presupposto: che si dovesse costruire una forza di sinistra, moderna, inclusiva e autonoma. Mi pare che la profondità della crisi economica, sociale, istituzionale e democratica che sconvolge l’Europa lo richieda. 
Nello stesso tempo altre esperienze, tutte difficili e certamente non lineari, in atto in Europa dimostrano che non si tratta di un progetto irrealizzabile nella pratica. 
Il secondo punto è che bisognava affrontare l’imminente scadenza elettorale costruendo uno spazio e un’offerta elettorale certamente aperta, ma tale da non contraddire, nei contenuti e nei modi, il percorso di costruzione di una simile sinistra. Sapevo che, visti i
tempi ristretti e l’etrogeneità delle forze in campo, questa partecipazione alle elezioni era un tentativo da fare, ma non un imperativo cui subordinare ogni altra cosa. Le cose non sono andate nel modo dovuto. 

Il programma di Ingroia è del tutto insufficiente a reggere la sfida. Pare che lo voglia integrare con i punti di “Cambiare si può” e questo mi fa comunque piacere: Intanto però la
sua conferenza stampa era tutta prigioniera della dimensione lotta alla Mafia, tema nobilissimo, ma certamente non esaustivo per chi si pone il compito di costruire un’uscita dalla crisi. 

Infine la questione dei segretari di partito in lista. Lo dico con molta tranquillità anche perchè è davvero difficile, data la mia non breve storia politica, che qualcuno mi possa accusare di movimentismo. La parata dei quattro segretari non va bene. So peraltro che Ferrero era disponibile alla rinuncia. Ma gli altri?
Lo capisce anche un bambino che una cosa è mettere il lista un punto di riferimento per dare un segnale al proprio micropartito che c’è un impegno diretto nella lista e un altro è porre i segretari in posizione eleggibile (se si farà il quorum naturalmente). Questo significa dare un’impronta alla lista di somma di organizzazioni, esattamente il contrario di quello che si voleva fare, pur senza privarsi dell’apporto delle forze organizzate. 

Peggio, vista la tendenza marcata di alcuni di questi leader a riproporre in continuazione una convergenza con il cd centrosinistra, significa rendere indeterminata fin dall’inizio la
natura e la collocazione della lista, annacquandone il suo carattere alternativo. Essendo la cosa evidente e facendo sempre fede, se non altro per stile, sull’intelligenza altrui, mi rifiuto di pensare che non lo capiscono. Se non vogliono fare il passo indietro è proprio perchè vogliono praticare una scelta politica diversa da quella che volevamo dare a questa lista. Una scelta che oltre che fare scemare ogni entusiamo ai fini del successo elettorale della medesima inibisce la prosecuzione dell’aspetto più importante del nostro progetto: quello della ricostruzione di una sinistra autonoma. Quindi ognuno si assuma le proprie
responsabilità. Se non c’è un ripensamento radicale sarà un’altra occasione persa. E non ne abbiamo molte avanti a noi.
Auguri!

2 pensieri su “IL PASTICCIACCIO ARANCIONE…”

  1. roberto b dice:

    D'accordo sulla critica agli "arancioni" da parte della Redazione, ma, per favore, non appoggiatela su quanto dice Gianni, che continua a non voler capire (o forse meglio: a non voler dire, e sempre per ragioni "politicanti")) quanto la moneta unica sia deleteria per il nostro paese

  2. Anonimo dice:

    Io ritengo che, tutto sommato, Ferrero non abbia sbagliato a mettersi con la formazione politica di Ingroia. Finalmente uno che ha capito che l'unione fa la fotza e che il nemico del mio nemico é mio amico.

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