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MPL (50): DALLA SEZIONE DI SALERNO

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Il duomo di Salerno
Socialismo, oggigiorno, fa rima con sovranismo

di Tina Cuomo


Martedì 18 Dicembre Moreno Pasquinelli è sceso a Salerno per la presentazione pubblica dell’MPL. L’incontro si è tenuto presso ” La tenda ” in via Fieravecchia. Erano presenti gli attivisti e simpatizzanti del movimento.
C’era nell’aria l’attenzione e l’attesa di un vero evento, si aspettavano parole di verità e non le solite bugie che siamo abituati a sentire in televisione o a leggere sui giornali e che ci danno la nausea. 

L’Mpl è un laboratorio politico in cui si discute di ciò che è sotto gli occhi di tutti ma che stranamente sfugge. Nello de Bellis ha descritto la storia del movimento e ne ha spiegato la necessità. La prima aggregazione dell’MPL è del 2008 mentre ufficialmente si afferma nel marzo scorso. Esso non nasce come filiazione di un potere economico o politico, non è il braccio nascosto di chi ha portato al massacro sociale l’Italia. 

No: questo movimento si è lasciato attraversare da un pensiero filosofico rivoluzionario e se ne è fatto interprete, ma soprattutto ha preso le distanze dalle scelte della sinistra italiana degli ultimi lustri. Nonostante questa distanza con la sinistra al potere, l’MPL è
nella sua essenza un movimento di ispirazione socialista perchè crede nella fattibile e progressiva uguaglianza delle persone che abitano, vivono e lavorano. 
In Italia c’è bisogno di una critica della politica che non sia etichettabile come antipolitica. il giochetto di far passare come voci fatue di mera antipolitica analisi vere dello sfascio sociale e dell’ingiustizia in cui viviamo è quello preferito delle cricche al potere. Ma
questo movimento ha basi filosofiche, ha riflettuto con acume sull’economia e soprattutto non è mera opposizione al sistema perchè ha al suo interno, come nucleo del suo stesso esserci, un programma politico salutare come un farmaco.
Certo il farmaco va preso con cautela e alle giuste dosi, ma una volta preso con continuità e ragionevolezza, giova. 

Come primo passo nella direzione di una critica della politica bisogna sfatare un luogo comune, quello secondo cui il destino dell’Italia è tornare indietro verso un mondo del lavoro privo di diritti se si vuol essere competitivi sulla scacchiera del mondo. La politica
vuole persuaderci ad accettare condizioni di vita ottocentesche di miseria e di  insignificanza politica. Non solo dovremmo applaudire a stipendi da fame ma non
contare niente politicamente. Ma noi sappiamo che il pacchetto di diritti contenuti nella Costituzione e nello Statuto dei lavoratori sono un patrimonio dell’umanità come il sole che crea linfa alle piante. Il Movimento dice no alla degradazione delle condizioni lavorative, no alla precarizzazine del lavoro che toglie dignità e prestigio al lavoratore, che è la base fondamentale e più forte (oggi resa debolissima) di tutti i conseguenti processi economici. 

Attualmente in Italia c’è un’equivalenza sostanziale del ceto politico di destra e di sinistra perchè entrambi sono disposti a barattare la dignità dei lavoratori e a dare un calcio a quel pacchetto di diritti patrimonio che in passato consideravamo non negoziabile. Anzi, il ceto politico è unito (anche se apparentemente diviso nelle risse elettorali) proprio sui meccanismi economici che privano l’Italia delle risorse e i lavoratori del lavoro dignitoso. C’è una drammaticità della situazione reale del Paese che finora è stata sottovalutata perchè la cricca dei tecnocrati e dei politicanti, vera responsabile di tale situazione, si palleggia la responsabilità del disastro e poi, come se non bastasse, propina analisi socio-economiche funzionali al potere delle oligarchie globalizzate. 

Massimo Bontempelli fu uno dei primi a vedere già dagli inizi degli anni ’90 i primi segni del calvario che aspettava l’Italia perchè fu allora che iniziò la svendita dei beni comuni
del Paese. Si andava verso l’Euro, cioè verso un regime economico-politico che avrebbe portato l’Italia al baratro in cui siamo. Allora fu propagandata l’idea di un’Unione Europea come passaporto per la modernità e per la libertà… C’era molto falso romanticismo, molto idealismo internazionalista in quest’idea, ma sul piano pratico, nel 1992, abbiamo il Patto di Mastrict. 

Moreno Pasquinelli ha posto un interrogativo: debito pubblico e spred sono collegati? Ha fatto l’esempio del Belgio. Instabile politicamente, diviso tra valloni e fiamminghi, che ha un deficit alto come quello italiano, dove i titoli di stato, tuttavia, sono piazzati e danno rendimento addirittura negativo. Ma il Belgio è considerato incapsulato dentro il raggio d’influenza tedesca,  dunque i vampiri della finanza non hanno interesse a colpirlo, poiché indirettamente colpirebbero anche Berlino ( e se stessi). Il ricatto dello spread si abbatte sull’Italia proprio per piegarla al destino di paese di serie B. 

Ora confondere quest’Unione Europea con il proprio desiderio di un’Europa unita
e solidale, un’Europa dei popoli, è un errore inaccettabile. Quest’Unione Europea è un
prodotto storico costruito attorno al nocciolo duro dei paesi NATO, dove hanno finito per prevalere ristrette oligarchie finanziarie e bancarie e che per aumentare i loro profitti devono continuare a spogliarci sia materialmente che nello spirito. 

Pasquinelli vede l’inizio della spoliazione già nel lontano 1981, quando Andreatta, allora ministro del tesoro, fece in modo che la Banca d’Italia si sganciasse dal Ministero del tesoro. L’indipendenza della banca centrale, l’averla messa sotto il controllo di banchieri privati, fu una violazione della Costituzione italiana che ricevette poche opposizioni. In un secondo momento, dietro l’apparente operazione di “Mani pulite” affidata alla magistratura, non solo le banche vennero trasformate in banche d’affari; il debito dell’Italia venne gettato sui mercati finanziari e quindi raddoppiato nonostante i continui tagli alla spesa dei governi di Berlusconi e Prodi. Era il disegno globalista: l’Italia doveva essere spremuta e obbligata a svendere l’industria di Stato. 

Questi passaggi erano necessari per entrare nell’orbita dell’Unione Europea e andare verso la moneta unica: l’euro. Propagandata come la panacea capace di risolvere i mali dell’Italia, in nome della moneta unica gli italiani sono stati bastonati più volte ma hanno continuato a credere nei suoi effetti miracolosi per moltissimo tempo. Credere oggi nella moneta unica sarebbe come credere nel Santo Graal. La moneta unica è stato uno strumento per spostare risorse e per arricchire ancora di più le oligarchie finanziarie esistenti in Europa. E’ quindi stata un’arma economica nelle mani della finanza. Ma è stata anche un’arma politica per
ridurre il sud dell’Europa a una condizione di sudditanza. 
Per questo è necessario un nuovo sovranismo nazionale: per cacciare la cricca oligarchica italiota (Moreno la chiama la setta di ascari e/0 borghesia compradora) e operare delle scelte politiche che ribaltino la situazione: non più la politica che sta alle decisioni dell’economia finanziaria, ma l’economia che si rimette alle decisioni della politica. Ma affinchè questo avvenga v’è bisogno di sovranità nazionale.
L’Italia è uno dei Paesi più belli d’Europa, pieno di risorse e di alto potenziale e la si sta convertendo in cameriera e in spiaggia per i turisti d’Oltralpe. L’Italia non è una spiaggia e non è la serva di chi viene in vacanza ma è una nazione e vuole la sua sovranità, cioè la capacità di decidere la sua politica interna ed estera, a cominciare da quella economica. Alla borghesia “compradora” che si è svenduta a pezzi i beni dell’Italia, non serve lo Stato nazionale, a modo suo essa è “internazionalista” perchè i suoi affari li fa sull’intero globo terrestre (perciò è globalista convinta). Se vogliamo mettere fine alla delocazione, alla crisi delle industrie o almeno invertirne la tendenza, non dobbiamo più fare il gioco della borghesia che pensa solo ai suoi affari. 

Per la sinistra italiana è difficile difendere la propria nazione?
Eppure, se lo stato nazionale sovrano per la borghesia finanziaria è non solo superfluo ma è un ostacolo, per tutti gli italiani lavoratori lo stato sovrano è necessario. Nell’Italia di oggi, prona ai vari patti-strozzinaggio imposti dall’Unione, la piccola industria e il lavoro salariato saltano per aria. E in un Paese dove piccola industria e lavoro salariato saltano, la domanda interna crolla e il Paese affoga nella miseria. Ma questo è solo uno dei motivi, forse il più urgente, della necessità di uno stato nazionale. Il sovranismo non è necessariamente di destra, si può essere patrioti, credere nel rafforzamento
dello Stato ed essere internazionalisti e socialisti nello stesso tempo. Perchè no? La sinistra italiana ha lanciato sempre anatemi. Ci si ricordi di Pierpaolo Pasolini: Le
sue riflessioni sul cristianesimo venivano sentite come un pericolo per l’ortodossia comunista. Si pensi a Cesare Pavese, direttore della sede Einaudi di Torino dal 1945, iscrittosi al PCI nello stesso anno e contestato dagli altri einaudiani comunisti per aver pubblicato nella Collana Viola i libri “reazionari” di Jung, di Volhard e Frazer… Questi sono piccoli esempi ma occorre riflettere sul rischio di dogmatismo cui si va incontro se ci si irrigidisce escludendo aprioristicamente un pensiero.

Occorre un tentativo di pensare la realtà sganciandoci dalla rappresentazione che di questa danno le classi dominanti. Anche se è difficile, dobbiamo conquistare una libertà di
visione per poter vedere i mali e poi provvedere. Nel mondo però, qualunque sia
la rappresentazione che di esso viene data, si vanno creando nuovi equilibri. La tendenza bipolare sta lasciando il posto ad una tendenza multipolare e dentro questa marcia la disgregazione di questa artificiale Unione europea. 
Possiamo scegliere se contrastare tale tendenza o se entrare in essa dirigendo il futuro del nostro paese verso prospettive nuove, migliori. 

L’Italia può ancora essere protagonista se ridiventa una nazione sovrana. Per farlo non basta solo desiderarlo, ma creare un fronte popolare che comprenda la necessità di uscire dalla dittatura dell’euro. Pensiamo, studiamo…organizziamo un fronte sovranista e facciamoci entrare dentro tutti coloro che in questo Paese stanno soffrendo a causa dell’euro. Chi entrerà nel fronte sia però cosciente che, nonostante esso non sia un fronte proletario puro, è un fronte che ha il socialismo come prospettiva. Una prospettiva socialista non a breve termine, certo, ma comunque vista come l’unica capace di organizzare le risorse del Paese in maniera equa in modo tale che il miglioramento dell’Italia significhi miglioramento materiale, culturale e spirituale di tutti gli italiani.

4 pensieri su “MPL (50): DALLA SEZIONE DI SALERNO”

  1. Anonimo dice:

    Ciò che conta, a parer mio, non é il distintivo di partito infilato all'occhiello della giacca, ma la visione del mondo e la percezione della realtà da parte di chi lo porta. Voglio dire che le etichette di destra o di sinistra giovano soprattuto per chi vuol strumentalizzare l'Umanità e sottometterla ai propri fini imperialistici adottando la regola aurea "Divide et impera". Ovviamente le divisioni, introdotte ad arte, creano controversie e rivalità indirimibili, lasciano rancori e tensioni revanscistiche spesso inestinguibili perché il sangue chiamerebbe sempre altro sangue: tutte situazioni che si trascinano nella Storia risolvendosi però sempre a vantaggio di chi ne sa approfittare dopo averle causate intenzionalmente. Mi vengono in mente a tal proposito certi avvenimenti passati come lo scontro fra Germania e Russia o le zuffe sanguinose tra fascisti e social-comunisti. Alla fine tutto ha portato acqua al Mulino Nero dell'Imperalismo fondato sul capitalismo e sulla schiavizzazione dei Popoli e delle Classi Lavoratrici.

  2. Anonimo dice:

    DmetrioMi ricordo quando De Gaulle citava sempre la sua idea che concepiva l'Unione Europea come "l'Europa delle Nazioni". Ora in Europa vige un programma che alle Nazioni sta togliendo un po' alla volta ogni sostanza di "sovranita" con i risultati che ognuno può constatare sempre più spesso anche sulla propria pelle. l'Europa non é diventata un gruppo di amici che fanno girotondo tenendosi per mano, ma un "Leviathano" che sta divorando tutti quegli amici privandoli dell'individualità, dell'autonomia, della Libertà e alfine anche dell'esistenza. Bene ha fatto l'Articolista a citare la responsabilità del ministro Andreatta nell'attuare verso il 1981, fra l'altro senza l'approvazione del Parlamento e magari del Popolo Italiano mediante referendum consultivo , quella cessione della sovranità monetaria a banchieri privati che quanti hanno una minima intelligenza del suo significato, della sua portata e delle sue conseguenze, saggiamente tenderebbero oggi a recuperare come conditio sine qua non per riconquistare la Lbertà del Paese e dei suoi ormai incatenati abitanti.

  3. Anonimo dice:

    Dmetrio: Anzi, ora che ricordo bene, De Gaulle parlava addirittura di "Europa delle Patrie" !

  4. val dice:

    L'articolo della prof.Cuomo è un bellimo pamphlet, e meita un approfondimento.Nello scorso secolo si è tentato, mediante la risposta riformista di Bernstein e della seconda internazionale, di governare il conflitto tra le classi in Europa ampliando il benessere sociale ed economico, garantendo il c.d. welfare. Nello stesso tempo, salvo che nei paesi in via di sviluppo, lentamente moriva il comunismo reale dell'URSS e dei suoi satelliti, e rimane, oggi, in piedi solo il modello comunista cinese, partito unico e liberismo economico…un mix da brividi.Il nuovo millennio, quello di internet e della globalizzazione, ha bisogno di un nuovo modo di affermare la politica dei diritti e dei sostegni al lavoro ed al bisogno.L'eliminazione in Europa ( salvo che nei Balcani ) della guerra per oltre 60 anni, non ha cancella automaticamente le tensioni, anche sul fronte economico, tra popoli che pur hanno finalmente imparato, dopo oltre 500 anni di scontri, a non combattersi più con la violenza.La domanda è semplice e complessa: l'Europa, quella erede di milioni di morti delle 2 ultime guerre del 1900, può essere un luogo di sviluppo, o è condannata alla decadenza? O in Europa qualche paese ricco ( Germania ) si può sviluppare solo a spese dei deboli ( Grecia, Spagna, Italia )?La nuova frontiera del socialismo democratico si sviluppa sulle convenienze, che sorgono come matrioske dentro e fuori i confini degli stati.Basta vedere l'Italia: negli ultimi 20 anni, alla fine di una tanto vituperata 1^ repubblica, con un debito pubblico senz'altro inferiore a usa e giappone, e con un reddito pro-capite SUPERIORE DEL 17% a quello di oggi, destra e sinistra ci hanno spiegato che il federalismo era la panacea per guarire da tutti i mali.Il Nord ed il centro italiano, ricchi, dovevano salvarsi, a spese delle reiette e malavitose regioni del sud.Poi, quando è arrivata la crisi del 2008, si è scoperto che qualcuno ancora più a nord stava buggerando i nostri illusi " federalisti " e così…Torniamo indietro, dunque, alla lira, o perchè no, magari alle divisioni pre-risorgimentali, che molti critici indicano come convenienti per il sud, più flessibile e più popolato di giovani.Oppure andiamo avanti, superando la Germania che comanda sugli altri 27 stati, verso uno stato federale europeo, dove si collocano grandi partiti conservatori e progressisti, e dove il voto del cittadino greco varrà quanto il voto del cittadino francese o italiano?

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