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DA INGRAO A INGROIA, DI MALE IN PEGGIO

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Le ricette di Ingroia e le epistole di Ferrero

di Emmezeta

«Perché candidare premier, nel cuore della più buia delle recessioni, un signore che ammette candidamente di non capire un’acca di economia?»

Almeno Ingroia non ha un’agenda, bensì – parole sue – una ricetta. Rallegrati da questa innovazione linguistica siamo andati ad ascoltarla. Tutti sanno che Ingroia fa il Pm e non l’economista, ma evidentemente neppure il cuoco, perché altrimenti con simili ricette il suo ristorante sarebbe chiuso da tempo.

Una ricetta ha da essere appetitosa, e quella di Ingroia così si presenta. Ha da essere semplice, ed in questo è davvero superlativo. Ma se un cliente ti chiede un piatto di pesce, non puoi cucinargli uova e coniglio: il cliente si arrabbia e cambia ristorante.

Ma il nostro è alle prime armi e dunque ci vuole un po’ di pazienza. Già, ma perché candidare premier, nel cuore della più buia delle recessioni, un signore che ammette candidamente di non capire un’acca di economia? Non che un’economista sarebbe stato meglio, ma forse bastava qualcuno che avesse un minimo di dimestichezza con la materia. Ormai è di moda chiedere i curricula per candidarsi a parlamentare: per proporsi come premier non è necessario niente?

Ma abbiamo spiegato che bisogna essere pazienti, e così ci siamo ascoltati la ricetta. Dunque, ha detto a “Piazza pulita”, il debito italiano è di circa 2000 miliardi, ma l’emergenza è l’economia illegale. Basta allora recuperare 120 miliardi di evasione fiscale, 60 dalla corruzione, oltre 60 dalla mafia. Il totale darebbe più di 240 miliardi annui, ma Ingroia è un realista e si accontenterebbe di recuperarne soltanto 200. Eh, la modestia! Decurtando così il debito di 200 miliardi annui, il suo importo si azzererebbe in 10 anni! E’ proprio vero, ad uno come Ingroia il Fiscal compact gli fa un baffo!

Ora, nel Pdci qualche economista lo hanno, ed uno in particolare dovrebbe anche essere tra i candidati. Strano che non abbia niente da ridire su questa pittoresca lettura giustizialista della crisi, ma evidentemente è così, visto che l’Uovo di Colombo partorito da Ingroia campeggia in alto a destra nel sito del suddetto partitucolo, ormai da diversi giorni.

La mafia, la corruzione e l’evasione fiscale sono tre cose assai negative, ma non sono esterne al sistema, ne sono invece parte. Ed a modo suo, l’economia criminale contribuisce al Pil ed all’occupazione. Ci sono tanti tipi di evasione, perché una cosa è il super-ricco che imbosca capitali nei paradisi fiscali, altra cosa la piccola evasione di necessità praticata per sopravvivere da tanti lavoratori autonomi. E se l’evasione di questi ultimi venisse per ipotesi azzerata, il danno occupazionale supererebbe il beneficio fiscale.

Sappiamo che queste sono autentiche bestemmie per l’orecchio timorato di Dio di una certa sinistra. Ma per noi pronunciarle non significa accettare o giustificare questi tre mali. Al contrario, significa guardarli in faccia per quello che sono, che è poi l’unico modo per combatterli sul serio, combattendo il sistema di cui sono parte.

Il punto è che per Ingroia la crisi economica non esiste, la mannaia del debito neppure, i diktat europei nemmeno, ed i guai provocati dall’euro non sa proprio cosa siano. Forse ha sentito parlare di tutto ciò, ma per lui il responsabile è uno solo: la mafia. Che esista una mafia ben più potente, che si annida nei centri nevralgici del dominio finanziario a Ingroia non gli passa proprio nella testa.

Ha voglia il povero Ferrero di sbracciarsi per fargli dire almeno un no al Fiscal compact. Sì, alla fine lo hanno messo nel programma, ma non servirà a niente, perché almeno per un aspetto il magistrato assomiglia al Cavaliere. Racconta Sgarbi che ogni volta che si recava a parlare di politica con Berlusconi, dopo trenta secondi il discorso scivolava sulle donne… La stessa cosa accade ad Ingroia. Magari qualcuno gli ha spiegato che ci sono anche altri problemi, ma quando va in Tv bastano pochi secondi per fargli parlare di mafia, sempre e solo di mafia. Che dire, ognuno ha le sue «fisse», ma perché i fissati debbono sempre candidarsi alla presidenza del consiglio?

Se Ferrero ne prende atto
Mentre non sappiamo se dalla cucina di Ingroia arriveranno nuove ricette nelle prossime settimane, da Viale del Policlinico continuano a giungere interessanti epistole. Da qualche tempo Ferrero si è messo infatti a scrivere lettere «ai compagni e alle compagne di Rifondazione comunista».

Il segretario sa a quale soglia è ormai giunto il malessere nel proprio partito. E cerca di esorcizzare tutto ciò con il tono amicale e discorsivo che si addice ad una lettera. Niente di male, se non fosse che così facendo, ed in maniera evidentemente del tutto involontaria, altro non fa che gettar sale sulle ferite di iscritti e militanti.

Messo come è messo, il poveretto non può far altro che dire e non dire. E così, se da un lato considera «un successo politico essere riusciti a dar vita a questa lista autonoma dal PD», dall’altro riconosce che «Rivoluzione Civile non è Syriza o il Front de Gauche». Che Rivoluzione civile era solo una robetta tra il residuale e il giustizialista, una zattera assai bislacca buona solo per tentare un difficile ri-approdo a Montecitorio, certo non eravamo solo noi a dirlo. Ora lo ammette lo stesso Ferrero e gliene diamo atto.

Sul programma il segretario del Prc si vanta di essere riuscito ad inserirvi, oltre al no al Fiscal compact, anche quello alla Tav. Già, ma sul debito si riesce solo a scrivere che: «deve essere affrontato con scelte economiche eque e radicali», un modo gentile di dire che andrà comunque pagato. Tanto Ingroia sa come reperire i fondi…

Ferrero si vanta poi di aver impedito che Rivoluzione civile accettasse una sorta di desistenza unilaterale al Senato per favorire il centrosinistra nella conquista del premio di maggioranza. Non dubitiamo che le cose siano andate effettivamente così, ma il fatto che se ne sia discusso seriamente non è la dimostrazione di quanto sia subalterna l’accozzaglia ingroiana?

Del resto gli appelli a Bersani si sprecano, e lo stesso Ferrero in un’intervista ad Il Mattino rilancia la solita solfa, quella secondo cui Bersani dovrebbe decidersi a scegliere tra Monti ed un’alleanza a sinistra. Ora, di Bersani si può dire tutto, ma non che non abbia scelto, e da tempo, in merito. Che senso ha allora questa tiritera, se non quello di ribadire la propria disponibilità a fungere da ruota di scorta alla bisogna?

Ma dove Ferrero sprofonda nel ridicolo è quando passa ad illustrare l’entità del bottino potenziale, in termini di seggi, che dovrebbe far da contrappeso agli evidenti cedimenti politici e programmatici. E lì uno si aspetterebbe qualcosa di sostanzioso. Ed invece ecco il mesto Ferrero indicarci i probabili seggi del Prc: «Con il 4% ci saranno due eletti, con il 4,5% saranno 3 e così via aumentando».

«E così via aumentando»? L’ex ministro di Prodi sa benissimo che il 4% sarebbe una specie di miracolo, ma nel caso (che chi scrive ritiene assai improbabile) venisse ottenuto, esso equivarrebbe a circa 20 deputati. Di questi il Prc ne avrebbe solo 2 (due), il segretario e supponiamo il capo corrente Claudio Grassi.

Dunque, questi hanno svenduto non solo il nome, il simbolo, l’identità, il programma: hanno svenduto, come direbbe Bersani, anche la «ditta». E tutto per 2 (due) ipotetici (e improbabili) parlamentari!

Compiuto questo capolavoro di alta politica, secondo voi uno non dovrebbe vergognarsi? Dispiace dirlo, perché in fondo Ferrero non è il peggiore dei liquidatori allevati da Bertinotti, ma dovrebbe andarsi a nascondere per la vergogna. E invece no, non solo non si vergogna, ma usa addirittura la sua lettera per redarguire i suoi stessi compagni.

Leggiamo: 

«Ogni mancata partecipazione alla campagna elettorale, in qualunque parte del paese, è un modo per impedire al nostro partito di rientrare in parlamento, è un atto contro Rifondazione comunista e il suo progetto politico. La mancata partecipazione alla campagna elettorale è un suicidio politico, non un atto di protesta».

Dunque, la protesta c’è, eccome, nelle fila del Prc. E meno male, diciamo noi. Per i dirigenti essa va allora criminalizzata. Chi non si impegnerà nella campagna elettorale sarà dunque colpevole: primo, di ostacolare il partito che loro stessi hanno messo in liquidazione; secondo, di ostacolare il suo progetto politico, anche se non si sa bene quale sia; terzo, e ben più importante, di impedire a Ferrero e Grassi di rimettere piede nelle aule parlamentari.

Tre capi d’imputazione diretti a quei pochi militanti che ancora tirano la carretta, che vorrebbero poter dire la loro, che certo vedono un po’ meglio dei dirigenti il fosco avvenire del loro partito. A costoro si chiede solo obbedienza, perché qui compagni non si scherza, qui si tratta di eleggere ben 2 (due) per quanto improbabili deputati, dando anche il proprio voto per il manettaro Di Pietro, il poliziotto Giardullo (quello che si batte contro il reato di tortura), l’avvocato Li Gotti, noto più che altro per aver difeso Francesco Gratteri, uno dei capi della polizia implicati nei fatti della Diaz nel 2001, ed oggi tornato alle cronache per le risate telefoniche sui morti dell’Aquila insieme alla degna compare prefetto Iurato.

Comunque, come avrebbe detto Mike Bongiorno, allegria! Eh sì, perché Rc una soluzione ce l’ha per ogni cosa. E se uno si intristisce troppo pensando a quanto si è caduti in basso, rimedia subito Ingroia con le sue ricette. Basta leggerle, ed il passaggio dal pianto al riso è così assicurato, almeno fino al 25 febbraio.

4 pensieri su “DA INGRAO A INGROIA, DI MALE IN PEGGIO”

  1. Domenico Viggiani dice:

    "Ci sono tanti tipi di evasione, perché una cosa è il super-ricco che imbosca capitali nei paradisi fiscali, altra cosa la piccola evasione di necessità praticata per sopravvivere da tanti lavoratori autonomi. E se l'evasione di questi ultimi venisse per ipotesi azzerata, il danno occupazionale supererebbe il beneficio fiscale"Come hai capito tu stesso, questa è una vera e propria bestemmia…E il 'piccolo lavoratore dipendente', che tipo di evasione per necessità può praticare? Aspetto suggerimenti…

  2. Ecodellarete.net dice:

    Guarda, provo a spiegartelo. L'evasione dei piccoli imprenditori/commercianti/professionisti è un fatto che CREA INGIUSTIZIA SOCIALE E VA COMBATTUTA. A patto, però, che OGNI doblone recuperato RESTI IN ITALIA E NON VADA ALL'ESTERO, per salvare le banche creditrici del nord. Perché se i soldi devono andare a Deutche Bank, allora è meglio che rimangano in tasca al parrucchiere, all'idraulico, al medico, all'avvocato etc. che non fanno la fattura.Potresti obiettare che, così facendo, sarebbero i salariati a pagare per tutti. E io ti rispondo: sai, in guerra paga sempre chi sta in prima linea. Tocca ai salariati (di cui faccio parte)? Ebbene, tocca ai salariati… poi toccherà ai commercianti che non vendono più e, a scendere, a tutti gli altri. GUAI, però, a scatenare una caccia al piccolo evasore, perché si metterebbero le categorie sociali le une contro le altre: salariati contro piccole partite IVA e commercianti, e chi comanda si leccherebbe i baffi. Solo se i commercianti vedranno che i salariati non partecipano alla caccia alle streghe, saranno disposti ad allearsi con loro.Aggiungo che i salariati, in realtà, hanno già pagato con largo anticipo, e, ora che la minaccia incombe sulle categorie autonome, sarebbe un grave errore inimicarsele.

  3. Sollevazione dice:

    Per Domenico ViggianiNon ho scritto che sia una bella realtà, ma è la realtà.Qui non si tratta di difendere un privilegio. Ovviamente siamo per una società senza privilegi. Si tratta solo di avere chiaro come – qui ed ora – stanno le cose. E si tratta di stabilire se sia giusto o no considerare oggi la disoccupazione (con tutti i suoi annessi e connessi)il principale dramma sociale che abbiamo di fronte.Se siamo d'accordo su questo punto, e se si ha un minimo di frequentazione sociale, non sarà difficile capire il senso del ragionamento.In ogni caso, i lavoratori dipendenti farebbero assai meglio a ricercare l'alleanza con i settori del lavoro autonomo devastati dalla crisi, per battersi contro le oligarchie dominanti, piuttosto che accontentarsi di una disperata guerra tra poveri. Emmezeta

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