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L’ULTIMA PAGINA di Emmeffe

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27 marzo. Un giudizio appassionato e spietato sulla triste fine di un quotidiano a suo tempo glorioso. La spaventosa cecità sul terremoto elettorale per finire con l’esempio più scandaloso, quello della vera e propria collusione con Monte dei Paschi.
 

il manifesto una storia chiusa per sempre

di Emmeffe

Qualche giorno fa abbiamo pubblicato un intervento, Seppellire i morti, nel quale Marino Badiale, nel commentare i risultati della recente consultazione elettorale, ha messo chiaramente in evidenza quanto l’oscuramento della realtà operato dalla cosiddetta “sinistra radicale” —«impedire che il proprio popolo capisca» ha scritto— sia stato uno dei fattori che ne ha determinato la scomparsa, ormai definitiva, anche dal contesto parlamentare.

Allargando il campo di osservazione ad altre realtà in via di estinzione cita pure il manifesto che, proprio nell’oscurare il vero significato da dare al voto popolare, s’è trovato nella bella compagnia di tutti gli altri quotidiani italiani.
«Un voto contro l’austerità. Riesce a dirlo il Financial Times ma non il manifesto», hanno giustamente titolato quelli di Senza Soste, il foglio telematico di Livorno, facendo notare che quello che avevano capito a Londra non hanno voluto scriverlo i giornali italiani che, nel caso de il manifesto, hanno pure evitato di dire che Vendola aveva perso anche in Puglia.

Sulle specifiche ragioni di tale comportamento e sulla natura particolare dell’oscuramento molto ci sarebbe da dire ma nel caso in questione, forse, vale la pena soffermarsi solo su un aspetto, particolarmente illuminante soprattutto per coloro agli occhi dei quali, con il passare del tempo, il giornale è apparso sempre più irriconoscibile rispetto ai principi che avevano animato i suoi fondatori.


Il manifesto e l’affaire Mps

Ritorniamo su fatti che abbiamo seguito da vicino nel corso degli ultimi mesi.
Domenica 6 maggio 2012 Milena Gabanelli dedica la puntata di Report, la trasmissione di Rai 3, alle vicende che coinvolgono il Monte dei Paschi, l’omonima fondazione, ed il potere politico ed economico che governa ininterrottamente da oltre sessanta anni la città di Siena.


Un tema, quello della finanza speculativa che, con gli annessi e connessi delle scalate truccate, dei titoli tossici e delle manipolazioni dei bilanci, avrebbe dovuto molto interessare una redazione come quella di un quotidiano che continua a definirsi “comunista”.


Lunedì 7 maggio 2012 il giornale, come al solito, non è in edicola ed il giorno successivo, martedì 8, proprio su il manifesto, compare a tutta pagina la pubblicità del conto deposito del Monte dei Paschi, con l’immagine (imperdibile) di una giovane donna che viene sollecitata ad affidarsi ad un prodotto finanziario della Banca che qui sotto riproduciamo.


Il manifesto di martedì 8 maggio 2012 (clicca per ingrandire)


Il 9 maggio, anche a seguito del servizio di Report, la Guardia di Finanza da il via alle perquisizioni che si conclameranno nei reati di aggiotaggio ed ostacolo agli organi di vigilanza, ipotizzati poi dalla Procura di Siena.
Ma anche il 9 maggio al manifesto non sentono ragioni e giù con l’ultima intera pagina a declamare le bontà dei prodotti finanziari, questa volta di Intesa San Paolo.
Soltanto il giorno 10,alla stregua di tutta l’altra stampa, si darà finalmente conto di quanto sta avvenendo in piazza di Rocca Salimbeni,sede del Monte dei Paschi.

Scriveva già sul finire degli anni 60′ Marshal McLhuan :

«Gli avvisi pubblicitari sono le “notizie”. Il loro guaio, però, è di essere sempre notizie” buone” che, per essere vendute devono essere sempre accompagnate da tante cattive notizie».[1]

Figurarsi oggi nell’era del capitalismo assoluto quando ogni ambito deve essere subordinato alla logica dell’economia dominante e quando le inserzioni pubblicitarie sono divenute la parte essenziale di un giornale.
Ma soprattutto da quando —come ha scritto Guido Rossi prendendo lo spunto dal pensiero di Nietzsche—«… il giornalismo è divenuto sempre più una delle dimostrazioni più incredibili di un continuo condizionamento al denaro».[2]

 
Basta sfogliare  Repubblica o Il Corriere della Sera in questi giorni per rendersene conto.
Il Diavolo che veste Prada con l’immagine dei sandali all’ultima moda accanto alla pagina con il pezzo su Papa Francesco intento a lavare i piedi dei poveri o il servizio sul trasferimento di Ingroia deciso dal CSM con il volto del magistrato accanto alla pagina dei prodotti cosmetici che cancellano i segni del tempo dal viso.
Funziona così, ed è una regola alla quale non soltanto non è più possibile sottrarsi ma che non ammette deroghe.


Al manifesto per tentare di salvare capra e cavoli, vale a dire finanziamento pubblico, sottoscrizioni dei lettori ed introiti da privati, hanno scelto già da tempo una via mediana il cui effetto concreto è stato quello di rinunciare a dare informazione sui fatti per oscurarli con le pubblicità di chi era interessato a far sì che le notizie sui fatti rimanessero il più  possibile separate dalle analisi e dalle opinioni.


Noi su questo blog ne avevamo dato conto già nel passato quando ci chiedevamo perché il manifesto tacesse delle stragi dei civili a causa dei bombardamenti dell’esercito nigeriano che da la caccia a quanti si oppongono alle rapine delle multinazionali del petrolio proprio quando pubblica le inserzioni pubblicitarie dell’Eni.

Ed i lettori  di sollevAzione sanno anche che alla vicenda del Monte dei Paschi abbiamo dedicato analisi ed iniziative partendo anche dalle cose che su Siena, la sua città, ha scritto Raffaele Ascheri al quale, molto più che alla Gabanelli, dobbiamo se è stata scoperchiata la pentola degli scandali della Banca Toscana.

Scrive Ascheri nel suo ultimo libro:

«Proprio David Rossi è colui che deve gestire la strategia pubblicitaria del Monte sulla stampa nazionale: che si concretizza, in soldoni, con lenzuolate di pubblicità a carissimo prezzo,cercando implicitamente di ottenere un trattamento di favore dai quotidiani beneficiati dal soldo montepaschino».[3]

Lo scorso 6 marzo David Rossi, Responsabile dell’area comunicazione della Banca Mps, volando giù da una finestra di Palazzo Salimbeni, sede  centrale della banca, ha messo tragicamente fine ai suoi giorni.

Cosi come è successo per la “sinistra radicale” pensiamo che anche per il manifesto una storia si sia chiusa per sempre e che  ormai per il collettivo redazionale sia smarrito anche soltanto il senso di quanto ebbe a dire una volta Lenin : «Un giornale non è soltanto un propagandista o un agitatore collettivo, ma anche un organizzatore collettivo».


È giunta l’ora di rimuovere quel “quotidiano comunista” che c’è ancora scritto sopra la testata anche per il rispetto dovuto ad una storia che non è certo stata tutta disonorevole.

Note

[1]   Marshall Mc Luhan,  Gli strumenti del comunicare. Il Saggiatore 1967
[2]  Guido Rossi  Perché Filosofia  ESR 2008
[3] Raffaele Ascheri   Mussari Giuseppe. Una biografia (non autorizzata)

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