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E’ ANCORA VALIDA LA LEGGE DEL VALORE? di Ernesto Screpanti

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Il 13 ottobre scorso pubblicavamo l’intervista di Ernesto Screpanti «Che cos’è la globalizzazione». L’intervista ha ricevuto diversi commenti e suscitato un dibattuto sulla marxiana legge del valore. Proprio su questo argomento Ernesto aveva svolto una sua densa prolusione in occasione del Seminario di studi FILO ROSSO, svoltosi a Perugia nell’agosto scorso. Qui sotto, grazie al lavoro di Eco della rete, la video-registrazione della sua relazione.

5 pensieri su “E’ ANCORA VALIDA LA LEGGE DEL VALORE? di Ernesto Screpanti”

  1. Anonimo dice:

    Riflessioni sulla legge del valore in Marx secondo l’interpretazione di E. Screpanti.Giustamente e recuperando le riflessioni dei “Grundrisse” ed il capitolo inedito (VI) del Capitale Screpanti presenta l’aspetto vero della teoria del valore come sussunzione del lavoro nel capitale o meglio come appropriazione da parte del capitalista del lavoratore che diviene oggetto produttivo privo di libertà poiché subordinato al “comando” (o in termini di amministrazione industriale al “piano di produzione”). In questo senso si definisce e dimostra lo sfruttamento capitalistico del lavoratore. Si potrebbe giungere alla medesima conclusione osservando con una generalizzazione- astrazione l’attimo in cui il lavoratore termina la sua opera e consegna il prodotto al capitalista e questi se ne appropria ad un prezzo da lui deciso (e non dal “mercato” come afferma la teoria liberista), in altri termini il capitalista paga al lavoratore un prezzo della merce da lui prodotta che corrisponde al vero prezzo di mercato decurtato del plusvalore. Il risultato è comunque il medesimo, quindi in ogni momento del processo produttivo avviene l’appropriazione del plusvalore. Ciò è evidente nel caso estremo in cui il lavoratore opti per essere pagato con il prodotto del proprio lavoro, che ovviamente gli sarà consegnato decurtato. Ciò è ad esempio quanto accade nei contratti agricoli (il mezzadro che riceveva solo il 50 % del raccolto, successivamente portato al 60 % in seguito a lotte sindacali) ma si può ipotizzare anche nella produzione industriale: l’operaio che produce ad es. 10 camicie in una giornata di lavoro, se chiede di essere pagato “in natura”, ne riceverà ad es. soltanto un paio (legittimamente la quantità di prodotto dovrà coprire le spese di produzione e le materie prime,cioè il capitale di partenza, stoffa, macchinari, ecc.). Ma se anche si potesse in astratto pagare ogni contributo di capitale iniziale con un’unità di prodotto (una camicia al fornitore di cotone, una a quello del filo, una a chi ha fornito la macchina ecc. ecc.), il capitalista per restare tale dovrà comunque appropriarsi a sua volta di parte del prodotto. Questa considerazione apparentemente non fa che confermare il prelievo del plusvalore. Tuttavia mostra anche come il lavoratore subordinato non soltanto è sottomesso al comando capitalista nel processo produttivo, ma lo è anche nel momento in cui si presenta sul mercato come cliente per acquistare le merci prodotte: dunque non è come si crede nell’economia liberista il mercato a dettare i prezzi, ma il capitalista (come categoria astratta di tutti i capitalisti) a deciderli, nel momento in cui si appropria del lavoro trasformato in merce e decide la quantità di essa che il lavoratore (come categoria astratta di tutti i prestatori d’opera) può acquistare.

  2. Anonimo dice:

    forse il discorso è finito quando doveva iniziare: dalla sussunzione reale senza cui, peraltro, viene a mancare la fondamentale comprensione del capitalismo come potenza socialeda

  3. Anonimo dice:

    marx SBAGLIAVA sulla caduta del saggio di profitto. questo cade nell'ipotesi che il saggio di plusvalore (o di sfruttamento) rimanga stabile sostituendo capitale a lavoro, invece aumenta! perchè se si passa da 100 operai a 1 solo che spinge un bottone, nulla obbliga il capitalista a moltiplicare x100 il salario dell'unico operaio all'aumentare x100 della sua "produttività", perchè ci sono 99 disoccupati pronti a fargli concorrenza. quindi il monte salari cala, quindi Pv/V aumenta.esempio.partiamo da:100 = 40(C) + 40(V) + 20(Pv)abbiamor = Pv/C+V = 20/40+40 = 0.25 (1)con C/V = 1ora passiamo a C/V = 3, quindi:100 = 60 + 20 + 20dividendo nella (1) numeratore e denominatore per V (per considerare Pv/V ovvero il saggio di plusvalore), abbiamor = (20/20)/(60/20 + 1) = 0.25antonio.

  4. Anonimo dice:

    Come no: avranno molto mercato i prodotti col 99% di disoccupati in più (perché prima o poi tutti i capitalisti devono adeguarsi alla nuova produttività)!Rob

  5. Anonimo dice:

    anonimo,la tua osservazione non c'entra con le equazioni marxiane. "tecnicamente" si può benissimo ipotizzare una società completamente meccanizzata in cui si producono cose solo per i capitalisti e i disoccupati vengono eliminati fisicamente… "militarmente" spero di no…antonio.

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