LA TERZA FASE di Moreno Pasquinelli
20 marzo.Il trentennio andato sotto il nome di “globalizzazione” ha riplasmato le società tardo-capitalistiche. Il tessuto sociale emerso nel secondo dopoguerra, segnato dalla centralità delle fabbriche e dalla forte polarizzazione tra lavoro salariato e capitale, venne rimpiazzato da quello della cosiddetta“cetomedizzazione di massa” — una volta si diceva imborghesimento. “Proletari di tutti i paesi arricchitevi! Indebitatevi ma consumate e fatevi i cazzi vostri!”. Questo è stato il pervasivo messaggio ideologico del neoliberismo.
La grande crisi sistemica del 2008-09 (propagatasi del centro verso le periferie), ha colto di sorpresa queste masse inebetite di parvenus, prigioniere della mentalità ideologica liberista. Questa mentalità non solo non muta alla stessa velocità dei processi sociali, ma anzi oppone resistenza, nell’illusione che tutto possa tornare come prima.
Che sia in corso una vera e propria guerra sociale oramai è sotto gli occhi dei più. Si potrebbe addirittura sostenere che si tratta di una vera e propria pulizia etnico-sociale. Interi gruppi sociali sono vittime di un vero e proprio sterminio di classe. La grande crisi sta producendo, come precipitato, una massa crescente di nuovi poveri, di proletari loro malgrado, di schiavi della globalizzazione. Proveniendo dalle più disparate categorie sociali, compresi i cascami della borghesia, queste vittime della guerra sociale di sterminio sono il serbatoio dov’è ammucchiato il carburante esplosivo della sollevazione popolare in fieri.
Ci sono quattro fasi che scandiscono la condotta sociale di questi nuovi poveri. La prima segna il passaggio dal sonno ipnotico al risveglio. La seconda attiene al passaggio dal risveglio all’indignazione. La terza fase è quella in cui l’indignazione si trasforma in rivolta spontanea. La quarta vede la rivolta trasformutarsi in sollevazione organizzata.
Noi siamo appena entrati nella terza fase, quella del passaggio dall’indignazione alla rivolta. Il compito dei rivoluzionari è quello di aiutare l’indignazione a diventare rivolta dispiegata. Lo si può e deve fare lavorando su due piani strettamente intrecciati: quello dell’organizzazione e quello della proposta politica .
Sul piano organizzativo si deve costruire in fretta, ovunque sia possibile, una lega dei rivoluzionari forte di nuclei militanti che debbono agire come il lievito della rivolta sociale diffusa. Per assolvere questa funzione devono essere esempio di devozione e di determinazione, punti di gravitazione e di mobilitazione dei decine di migliaia di cittadini già oggi disposti alla lotta.
Sul piano politico essi debbono agire per dare alla rivolta incipiente il respiro strategico, quindi una rappresentanza politica senza la quale essa non avrebbe speranza. In questo contesto si inserisce il nuovo Comitato di Liberazione nazionale (CLN), che non è pensato come una mera addizione di soggettività politiche, bensì come un ampio blocco sociale che dovrà condurre la lotta di liberazione. Ben sapendo che in gioco non c’è un cambio di governo, ma di regime e di modello sociale. I rivoluzionari debbono quindi, da una parte presentare la loro alternativa di società, l’idea di Paese che vogliono realizzare. Dall’altra indicare il programma di fase unitario del CLN, in altre parole le misure che un governo popolare d’emergenza, una volta riconsegnata al Paese la sua sovranità, dovrà applicare per rendere possibile la sua rinascita.
Per sua natura questa lotta di liberazione sarà prolungata, conoscerà fasi di avanzata e di ritirata. Una ininterrotta guerra di movimento che tuttavia si vincerà in un solo giorno. I rivoluzionari sono il cervello e la spada della lotta di liberazione. L’assalto finale alla roccaforte centrale e allo Stato maggior nemico sarà possibile solo dopo che esso sarà stato accerchiato, ovvero dopo che saranno stati espugnati le sue postazioni e i suoi fortilizi, a cominciare da quelli più deboli, e quindi saranno state paralizzate, dal basso verso l’alto, le sue diverse articolazioni di comando.
Le circostanze storiche fanno sì che la lotta di liberazione sociale sia strettamente intrecciata a quella nazionale. La grande crisi non ha solo scompaginato gli assetti sociali, determinando una nuova gerarchia delle classi sociali nei singoli paesi; essa ha scombussolato la gerarchia tra le diverse nazioni. L’Italia, anche attraverso il ricatto del debito, da paese di punta dello schieramento imperialistico è diventata una potenza sub-imperialista periferica, sottoposta al saccheggio esterno. La sollevazione popolare prenderà la forma di una rivoluzione democratica. Questa a sua volta conoscerà alcune tappe. Inizierà con la cacciata del governo della fame e della servitù. Procederà fino al rovesciamento del regime oligarchico. Proseguirà verso lo sganciamento dal sistema di capitalismo-casinò.
Sono diverse le catene con cui è stata scippata al nostro Paese la sua sovranità. Se dobbiamo colpire quella rappresentata dall’euro non è perché abbiamo una qualche fissazione metafisica sulla moneta, quanto perché, delle diverse catene, è quella destinata a spezzarsi per prima. Occorre sempre sferrare i colpi sul punto intrinsecamente più debole del dispositivo sistemico avversario.
L’albero si riconosce dai suoi frutti. La moneta unica è stato uno dei principali strumenti con cui la cupola politica neoliberista, per nome e per conto della potente aristocrazia finanziaria internazionale, ha spazzato via le barriere difensive degli stati-nazione. Il processo di annientamento di ogni forma temibile di resistenza antagonistica non sarebbe stato possibile senza l’abbattimento, in nome dell’internazionalismo imperialista, le paratie dello Stato-nazione. Con ciò la stessa democrazia rappresentativa è stata ferita a morte.
L’impero euro-atlantico in cui il Paese viene trovarsi come provincia ha oramai due capitali, Washington e Berlino. Esso non si regge grazie ad una aperta occupazione militare, quanto invece —con l’ausilio della frazione della grande borghesia italiana pienamente incorporata nel sistema di saccheggio globalista ed di una schiera di proconsoli politici locali— ad una “occupazione economica e finanziaria”. Il nemico il popolo italiano ce l’ha quindi anzitutto dentro casa. Di contro alla credenza che esso sia lontano e imbattibile occorre quindi opporre l’idea che il nemico è invece vicino e battibile.
Più questi proconsoli eseguono gli ordini imperiali, più affamano il popolo, più essi si indeboliscono e imprimono potenza alla molla della sollevazione che verrà.
Non c’è alcuna antitesi, anzi, tra lotta istituzionale ed extra-istituzionale. La prima forma anticipa e annuncia la seconda. I sussulti sociali saranno preceduti da nuove scosse politiche ed elettorali. L’opposizione tra via democratica e via rivoluzionaria è solo nella testa di coloro che sono affetti da “cretinismo parlamentare”. La via rivoluzionaria non è solo l’unica efficace, è la sola autenticamente democratica, dal momento che solo grazie ad essa il popolo lavoratore potrà liberarsi dallo stato di servitù.
Non ci sara mai nessuna rivoluzione in Italia, troppo facile dividerci.
Una volta si diceva:Pessimismo dell'intelligenza e ottimismo della volontà.Ora l'adagio è diventato:pessimismo dell'intelligenza e frustrazione della volontà.Il principale ostacolo che impedisce agli oppressi di ribellarsi non è affatto la divisione (trito e ritrito alibi) della forze antagoniste. No!Il principale ostacolo è l'assenza di volontà rivoluzionaria. E una generazione abituata a chinare il capo e ad umiliarsi.Non si può affrontare il nemico lì fuori se prima non si scaccia il nemico interno, il senso di impotenza che si annida nell'anima dei depressi e dei frustrati.
D'accordissimo con la redazione.Infondo il Partico Comunsita Russo aveva due ale: i menscevichi e i bolscevichi e alla fine la rivoluzione la fecero comunque i bolscevichi. Questo significa che il divisionismo è giusto? Assolutamente no ma non è per forza fattore di sconfitta.
Credo anceh io che la rivoluzione, in particolare quella armata, sia ampiamente al di là della portata dell'italiano medio. Oggi come oggi, come osserva argutamente Pasquinelli, i giovani non fanno la rivoluzione per proteggere i Vietnamiti, né per elevarsi dalla fame, ma per poter tornare a spendere per cambiare cellulare ogni tre mesi. E' un fattore di cui si dovrebbe tener conto, per evitare di andare incontro ad un evento tipo quello del povero Guevara che si trovò tradito da coloro che cercava di sollevare…
Ottimo documento di orientamento politico.Molto interessante il discorso delle quattro fasi.Giusta l'idea strategica dello "accerchiamento", che toglie di mezzo le isterie di "andare tutti a Roma", come si è visto nel 9 dicembre.
La volonta rivoluzionaria manca, e questo e un fatto, pero e anche vero che e facile dividerci, guardate come hanno stroncato i forconi dicendo che erano fascisti..
MaccabIo penso che un modello di come possano andare le cose alzando un po' il tono della protesta ci sia offerto da quanto è accaduto e sta accadendo per il NO TAV mentre un precedente demoralizzante l'abbiamo avuto con il G 8 di Genova di infausta ed obbrobriosa memoria.Non è da dimenticare che una sollevazione "energica" non avverrebbe nei confronti di strutture impreparate ma di organizzazioni agguerrite ed anche costituzionalmente violente. Oltre a rammentarcelo le più che 120 basi militari NATO sul territorio Nazionale ora c'è anche l'operatività attiva in tutto il territorio europeo dell'Eurogendfor che ha quasi carta bianca nelle procedure di ingaggio.Poi si parla di stato di frustrazione: per forza!Non dimentichiamo che, nella storia, le sollevazioni popolari hanno la necessità, per accendersi, che avvenga qualche sommovimento di origine esogena, come qualche attacco armato straniero o simile che possa mettere in difficoltà la struttura repressiva interna.Perciò. i sogni rivoluzionari, è probabilissimo rimangano tali.Fanno bene coloro che vedono una realistica speranza di cambiare l'incancrenita situazione italiana mediante una vittoria elettorale di chi si propone di farlo seriamente.
I "Forconi" sono stati battuti per diverse ragioni, e la prima non è la campagna di diffamazione lanciata subito dopo la rivolta del gennaio 2012. Stesso discorso sul 9 dicembre. il movimento è stato sconfitto anzitutto per i gravissimi limiti dei suoi "generali". Non puoi andare in guerra al momento sbagliato, senza un esercito addestrato, con "generali" azzeccagarbugli, senza un piano, senza prevedere la ritirata, con "generali" i quali spingono in diverse direzioni.
Quale blocco sociale dovrebbe rappresentare la sinistra? salariati a basso reddito, lavoratori precari,ivi comprese le partite iva, pensionati? certo. Ma anche piccoli padroni, esercenti,cioè tutti coloro interessati all'aumento della domanda interna. Viene fatto di pensare alla vecchia politica del PCI anni 70 " lavoratori e ceti medi produttivi contro il grande capitale" E' del tutto evidente che il 98 % di costore non ha niente a che fare con la tradizione marxizta e il suo apparato teorico. Questi ti possono riconoscere come rappresentante politico solo sulla base di proposte che prospettino un miglioramento immediato delle condizioni di occupazione e consumo. Le quali sono ipotizzabili solo da politiche keynesiane di defici spending. Per questo è desivo mettere al centro l'uscita immediata dall'euro eccetera.Ne deriva anche che devono essere appoggiate le poliche veracemente anti euro, e sicuramente Grillo non lo è. Lo è la lega invece.
X REDAZIONE:lo pubblichiamo sto splendido articolo di mazzei?http://www.antimperialista.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2773:gli-undici-taglieggiatori&catid=171:unione-europeaantonio.
Consiglio la lettura di questo saggi fondamentale a tutti coloro che oscillano fra speranza e rassegnazione o si illudono di poter cambiare qualcosa muovendo qualche rotellina nei centri del finto potere di Bruxelles (v. ad es. lista Tsipras). Tre punti sintetizzano le dimensioni del problema in cui tanta sinistra vagola disorientata e indicano il percorso da compiere per liberare l’Italia dal giogo neoliberista del “casinò-capitalismo”: “L’Italia, anche attraverso il ricatto del debito, da paese di punta dello schieramento imperialistico è diventata una potenza sub-imperialista periferica, sottoposta al saccheggio esterno.”Questo dato di fatto incontestabile serva di lezione a coloro che chiedono “più Europa” o anche solo “Un’altra Europa” senza porre in questione il meccanismo fondamentale che ha fatto della UE il martello manovrato da Washington per garantirsi geopoliticamente ed economicamente l’asservimento dell’Europa.“L’impero euro-atlantico in cui il Paese viene trovarsi come provincia ha oramai due capitali, Washington e Berlino.”A tutti coloro che o per calcolo (Berlusca) o per convinzione additano la Germania (dagli alla Merkel !!) come “il Nemico del popolo” (con essi i Tsipras e i dimostranti che mostravano l’effige della cancelliera tedesca coi baffetti hitleriani) deve essere ben chiaro che la Germania della Grande Coalizione altro non è che la facciata politica di un potere cresciuto all’ombra della folle “liberalizzazione” cioè dello smantellamento dei diritti dei lavoratori all’insegna della “globalizzazione” che poi altro non è che l’asservimento dei più deboli ai più forti dietro rinuncia di questi ultimi all’uso di tutti i mezzi a disposizione per difendersi (ecco uno dei ruoli dell’euro). I sindacati tedeschi e la componente socialdemocratica hanno giocato l’identica perversa partita del PD italiano (anche se non sono arrivati ancora alla sguaiata commedia cui si assiste attualmente con il loro divo Renzi). “Il nemico il popolo italiano ce l’ ha quindi anzitutto dentro casa.”Questo dovrebbe essere il punto di partenza di ogni riflessione ulteriore sul da farsi. Finché ci si illude di poter risolvere anche soltanto uno dei problemi cercando colpe o soluzioni in Europa o altrove non si uscirà dalla melma.In questo contesto occorre una decisione forte che rimetta in gioco l’intera partita: e dunque uscire dall’euro è con ogni evidenza l’unico passo sicuro nella direzione giusta.Senza questo passo tutto il resto è destinato a restare vuota discettazione accademica.
MaccabEffettivamente essere nell'UE è come essere serrati in una foresta spinata che ricorda quella della fiaba dei Grimm "La Bella addormentata". E' come essere inghiottiti dal Maelestrom di Verne.Nuotando o remando non è possibile liberarsi o salvarsi perché la "trappola" è stata congegnata alla perfezione: come le camere di cattura di una Tonnara,Bisogna assolutamente uscire da quest'Europa e ovviamente dall'Euro che ne è il vischioso malefico collante.
Moreno Pasquinelli, veramente interessante la tua analisi…..ora la domanda che ti pongo è questa: il potere oligarchico finanziario europeo con i suoi camerieri italiani letta monti napolitano renzie, berlusconi e grillo, stanno usando la tecnica della"rana bollita" qunto tempo ci rimane secondo te affinchè si maturi la fase 4? e perchè nella tua analisi non prevedi una menzione speciale per i giornalisti che sono come i Pretoriani che assurgono a depositari della mente comune? e non sarebbe il caso di iniziare a parlare nei nostri e (vostri programmi) di una NORIMBERGA DUE dove i responsabili dal piu' piccolo al piu' grosso, vadano processati pubblicamente per crimini contro l'umanita'? non dimentichiamoci che dall'inizio del 2014 si sono suicidati 230 italiani …..a loro e ai loro famigliari dobbiamo almeno giustizia.
Ancora con questa storia della "rana bollita"?Se sei d'accodo con la mia analisi che siamo nella "terza fase" come puoi fare questa disarmante analogia?Se Renzi fallisce (e fallirà) avremo una stretta austeritaria senza precedenti e non resterà a Lorsignori che far scendere in campo la troika. Prepariamoci invece alle prossime sfide e sbarazziamoci di questo pessimismo autolesionista. Se vinceremo la sfida poi discuteremo di processare 'sti criminali.Ma prima di procesarli dobbiamo organizzarci per andare a prenderli.
venti euro ve li mando di sicuro!