LA PACCOTTIGLIA (Note sul non-programma di Tsipras) di Paolo Giussani
Il programma di Tsipras, diffuso anche in milioni di volantini distribuiti nelle abitazioni, si compone di dieci punti, tutti di carattere economico. Una solenne novità, questa, perché sino all’altro ieri molti dei sinistri e dei loro intellettuali “di massa” minimizzavano le faccende economiche nascondendole dietro quelle politiche, sia perché di cose economiche normalmente non capiscono nulla sia perché la cosiddetta politica offre l’illusione di maggiore libertà di movimento e quindi di leaderismo.
Anche se la successione dei dieci punti non segue un ordine logico cerchiamo di seguirlo noi in modo da cercare di avere un quadro coerente. Il primo punto riguarda l’austerity:
Innanzitutto, cos’è mai la coesione della società e quando una società cessa di essere coesa? Quando c’è in corso una rivoluzione e la/le classe/i sociale/i dominata/e si rifiuta/no di essere tale/i oltre e cerca/no di far fuori la classe sino ad allora dominante instaurando un nuovo ordine sociale e politico. Non esiste altro modo per una società di non essere più coesa ossia andare in pezzi. È chiaro che una società non è un pezzo di stoviglia e non può frantumarsi in assoluto. Quindi Tsipras è preoccupato dalle conseguenze rivoluzionarie, a lungo termine si presume, dell’austerity? È così?
Democrazia? Cos’è la democrazia? Esattamente quel sistema politico che ha consentito e consente ai governanti di impiantare cose tipo l’austerity e altre ancor peggiori – tipo fascismi, nazismi, colpi di stato, guerre locali e mondiali, distruzioni delle vite delle persone etc. Non c’è nessun altro tipo di democrazia proposto nei programmi di Tsipras o altri. Il fatto stesso che Tsipras si presenti alle elezioni, in particolare a elezioni così ridicole come quelle per il ballo in maschera di Strasburgo, dimostra la sua totale adesione a questa democrazia, con quello che ne consegue.
Il futuro dell’Europa? Lo slogan contenuto nel simbolo elettorale di Tsipras è “L’altra Europa”, di conseguenza Tsipras dovrebbe essere contento di tutto ciò che mette in pericolo il futuro dell’Europa, di questa Europa, aprendo magari la via al sorgere di quella nuova di cui lui si presenta antesignano. Se l’agente dell’austerity è l’Europa, e l’austerity è ciò che mette in forse il futuro dell’Europa, una volta tolta di mezzo l’Europa si dovrebbe poter evitare l’austerity visto che il suo autore è sparito. Questo secondo la logica…
In qualche modo Tsipras riconosce che il problema grosso è la recessione in cui l’economia europea, soprattutto quella dell’Eurozona, è piombata. L’argomento è affrontato nei punti due, tre e quattro del programma:
3. La banca centrale europea dovrebbe seguire l’esempio delle Banche Centrali degli altri paesi e fornire prestiti a basso interesse alle banche se queste accettano di fare credito a piccole e medie imprese”
4. L’Europa dovrebbe mobilitarsi e ridirigere i Fondi Strutturali per creare significative possibilità d’impiego per i cittadini. Laddove i limiti fiscali degli stati membri sono stretti, i contributi nazionali dovrebbero essere azzerati”
“L’Europa dovrebbe prendere a prestito capitali a basso interesse”: ma chi è qui “l’Europa”? Gli stati europei, la commissione di Bruxelles, l’euroburocrazia? I capitalisti europei? Mah?! E, prendere in prestito presso chi? La Bce? Il mercato dei capitali? [Chiedo scusa per tutti questi punti di domanda ma è difficile trovarci qualcosa di univoco e non interpretabile] Prendere a prestito significa aumentare il deficit e il debito pubblico: prima però bisogna fare completamente a pezzi tutti i trattati che hanno posto tali limiti. Tuttavia il punto quattro menziona i “limiti fiscali” degli stati – una cosa che non esiste o meglio esiste solo negli stati europei perché imposta artificialmente dalla UE mediante i trattati e la volontà delle nazioni più forti– e i punti cinque e sette (che vedremo) lo ribadiscono mentre in tutto il programma i trattati non sono neppure menzionati: è evidente che Tsipras li accetta come accetta che si guida a destra. E per essere l’alfiere di un’altra Europa non c’è davvero male.
E cos’è la ricostruzione economica? Focalizzare gli investimenti sull’occupazione e non sui profitti? E chi accetterebbe e praticherebbe una cosa del genere? Ovviamente solo gli stati potrebbero. E gli altri, i non beneficiati dal programma, quelli che p.es. un impiego ce l’hanno, cosa ne penserebbero? Alla fin fine il programma, niente di più e niente di meno di un programma per mantenere in qualche modo i disoccupati, dovrebbe gravare sul bilancio pubblico. E se, invece, si pensa che questo gravame non ci sia e che si possa liberamente spendere (investire) denaro creato dalla banca centrale senza conseguenze perché si rimane così limitati e non si dichiara invece apertamente che è possibile un programma per generare occupazione permanente di livello medio per tutti?
Cosa vuol dire “focalizzato sulla tecnologia”? Quale tecnologia? Per fare cosa? Sono i capitalisti che hanno sempre svolto il ruolo di creare nuovi mezzi di produzione che incorporano le nuove tecnologie. Vogliamo forse sostituirci a loro? Nel caso fosse così sarebbe un punto interessante e dunque perché non dichiararlo apertamente visto che questa sarebbe l’essenza della proposta. Se invece non la si intendesse così, perché allora dirlo del tutto, visto che in sé e per sé non significa nulla. (Non illudiamoci: è solo una deduzione del tutto involontaria e imprevista da parte di Tsipras).
“Focalizzato sull’infrastruttura”: terreno minato. Anche la Tav, cui gli Tsipras italiani sono contrari, è un’infrastruttura: del tutto rovinosa, ma pur sempre un’infrastruttura. Se non si specifica con grande precisione quali infrastrutture si vogliono e quali no e perché, allora è necessario non scrivere proprio niente.
Il clou è sicuramente il punto 3: “La banca centrale europea dovrebbe seguire l’esempio delle Banche Centrali degli altri paesi e fornire prestiti a basso interesse alle banche se queste accettano di fare credito a piccole e medie imprese”. Uno che scrive frasi del genere palesemente non sa assolutamente nulla di quello di cui sta parlando. Sembra che le banche centrali degli “altri paesi” – tipo la Fed, la Bank of England, la Bank of Japan etc. il cui esempio la Bce dovrebbe seguire -siano impegnate da mane a sera a sottomettere il proprio credito alle banche alla condizione che codeste lo girino a loro volta alle piccole e medie imprese. Una favola più favola di questa è difficile ascoltarla, anche di questi tempi. Non solo le banche centrali non fanno né possono fare nulla del genere ma, soprattutto, non sono minimamente le banche a costituire un ostacolo al credito alle aziende produttive quanto la totale mancanza di interesse di queste ultime nel richiedere alcun tipo di credito. A desiderare capitale monetario in credito sono solo le aziende in via di fallimento, ed è ovvio che nella maggior parte dei casi non lo ricevano date le nulle prospettive di restituzione. La altre hanno tutte notevoli riserve liquide assieme a considerevoli scorte di invenduto e portafogli di ordini abbastanza magri: per quale motivo mai dovrebbero domandare credito? Per aumentare la propria capacità produttiva già ampiamente eccedente? In giro non c’è nessuna domanda di credito che ecceda l’offerta: al contrario, come si osserva dai tassi di interesse fissati saldamente ai loro minimi storici. Il pregiudizio popolare da secoli incolpa il credito e le banche ogniqualvolta le crisi economiche erompono, ma, nonostante le credenze tanto diffuse quanto infondate, nei confronti della sfera produttiva il credito ha una funzione più che altro passiva: ad es. nella Great Recession prima sono calati i profitti, poi gli investimenti, quindi i business loans e alla fine il credito interbancario. Ma praticamente tutti quanti credono sia vera la sequenza opposta, naturalmente senza avere mai controllato.
Il fatto è che a Tsipras e a gran parte dei sinistri di oggidì le tendenze immanenti del capitalismo contemporaneo restano del tutto misteriose. Il fenomeno più spettacolare e più determinante, ossia il declino del tasso di accumulazione (ossia della crescita del capitale produttivo) tanto in assoluto che in relazione ai profitti realizzati -anche e soprattutto nella magna Germania -, per i sinistri è sconosciuto e misterioso nelle sue cause. Perché il capitalismo contemporaneo sia vieppiù inabile a generare investimenti produttivi e come questo si connetta alla finanza speculativa e a tutto il resto è, per i Tsipras e tutti quanti, un enigma avvolto in un mistero. Cui naturalmente non possono dare nessuna risposta; e mancando una risposta si autoconsolano con delle frasi sulle banche tratte dal vieto senso comune.
La Great Recession ha mostrato al mondo come la cosiddetta “responsabilità fiscale” degli stati sia un’invenzione della propaganda mediatica e, anzi, non abbia alcuna possibilità di esistere. Il debito pubblico in rapporto al Pil del Regno Unito è raddoppiato in 24 mesi, quello degli Usa è aumentato del 60%, quello giapponese, già il più alto del mondo, di un altro terzo, e così via. Tuttavia Tsipras crede una tale cosa esista e debba esistere:
E perché i prestiti della Banca Centrale intesi come “ultima risorsa”? Se si tratta dell’ultima risorsa vuol dire che nel funzionamento normale sono i mercati dei capitali a finanziare il debito pubblico degli stati europei, e la Bce interviene solo in extrema ratio: esattamente quello che è successo con la crisi. E nulla di molto diverso da ciò che Trichet e Draghi hanno praticato (e teorizzato). Tsipras non ha neppure il coraggio di chiedere un audit generale sul debito pubblico, come è stato chiesto da svariati altri in Europa, per stabilire quali eventuali parti del debito vadano rigettate e non più rimborsate. Accetta il debito così com’è, lo vuole solo convertire in eurodebito, per ragioni misteriose lo chiama “sociale”, e ciò facendo spera di apparire alfiere di un’Europa “diversa”.
L’appello all’amore universale prosegue:
Secondo certuni manuali di storia sarebbe piuttosto compito dei lavoratori imporre un aumento dei propri salari, ma proprio il fatto che uno dei loro presunti rappresentanti, Tsipras appunto, chieda sommessamente ai loro padroni di aumentarli un pochino, siate gentili bitte, se no magari ci succedono cose brutte, beh! proprio questa scena patetica ci dice un po’ tutto.
La faccenda della bilancia commerciale è poi di scarsissima importanza. Molto inchiostro è stato e ancora viene sparso sull’argomento come se fosse stato l’accumulo di squilibri commerciali interni all’eurozona a mandare in crisi l’euro. Non è minimamente così. Le bilance correnti fra i paesi dell’area dell’euro non sono mai state in equilibrio, ma dal 1999 al 2008 questo ha perfettamente coesistito con un livello medio degli spread pari a zero. Gli spread fra i saggi di interesse sui titoli di stato della Germania e dei Piigs sono esplosi di colpo dal nulla quando il debito pubblico greco è stato dichiarato non garantito e questo ha provocato una gigantesca e fulminea fuga dei capitali da tutti i Piigs verso la Germania (e gli Stati Uniti, in parte). Il bilanciamento macroeconomico di cui parla Tsipras è semplicemente impossibile, non esiste nemmeno fra regioni di stati piccoli come la Svizzera figuriamoci nella Ue; ma che sia impossibile non ha nessuna importanza perché non è da quello che derivano i maggiori problemi di stabilità dell’euro ma dalla sua natura, diciamo, di oro sintetico, che nessuno fra quelli che sostengono il mantenimento dell’eurozona è finora riuscito a mettere in discussione.
I due ultimi punti di Tsipras sono sulla finanza e, francamente, recano un’impronta surreale. Il punto nove riesuma il famoso Glass-Stegall Act (il vero nome è Banking Act) americano del 1933, un effetto della Grande Depressione che istituiva l’assicurazione sui depositi bancari e separava l’attività bancaria strettamente intesa dalle altre attività finanziarie. Il Glass-Steagall Act è stato abolito nel 1999 e sostituito da un’altra legge che ha permesso nuovamente alle banche di svolgere un po’ tutte le funzioni in modo da metterle maggiormente in grado di sfruttare il più grosso boom speculativo della storia allora pienamente in svolgimento.
Cosa siano le “attività commerciali” e gli “investimenti bancari” riferiti alle banche commerciali, non è per nulla chiaro, al pari di tanti altri punti del programma, ma immaginiamo che ci si riferisca al normale credito bancario contrapposto alle attività speculative o qualcosa del genere. Sia come sia, quello che rende pericoloso lo sviluppo della finanza speculativa non sono le leggi, più o meno favorevoli, bensì la crescente quantità di capitale monetario che vi si riversa dentro e che deve generare una massa di debito che aumenta assai più del reddito nazionale, di fronte alle quali le leggi esistenti fanno una figura alquanto patetica. E questa massa crescente di denaro che entra nel circuito speculativo dipende dal funzionamento del resto dell’economia, e…la canzone continua ed è abbastanza lunga.
In definitiva, non si riesce a capire perché la lista Tsipras sia nata. Qual è il suo posto? Che ruolo pensa di potere avere? Dal programma è ovvio che non possa aspirare a nessun posto e a nessun ruolo. Il programma è vacuo e inconsistente limitandosi a fare qualche pulce alla linea dominante. In sostanza, se Romero avesse creato degli eurozombie e questi si ponessero il problema di un proprio partito da mandare a Strasburgo la lista Tsipras farebbe proprio al caso loro. Magari sembra viva, ma se ci si avvicina un po’ e si guarda meglio ci si accorge che l’impressione è falsa».