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RIPUDIARE IL DEBITO! ROMPERE CON L’UNIONE EUROPEA! di Leonardo Mazzei

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6 agosto. 
A proposito di un’analisi sul debito pubblico uscita sul Corriere della Sera del 4 agosto
L’altro ieri, una volta tanto, il Corriere della Sera ci ha reso un bel servigio. Ovviamente del tutto involontario, anzi del tutto teso ad un obiettivo diametralmente opposto ai nostri: accelerare la privatizzazione di quel che resta del patrimonio pubblico. Ma, dovendo dimostrare la necessità di un intervento shock, ilCorsera ha dovuto scrivere alcune verità. Cosa piuttosto rara di questi tempi, cosa assai utile in generale. Anche perché siamo di quelli che continuano a pensare che «la verità è sempre rivoluzionaria».


In realtà il giornale fa riferimento ad uno studio di un non meglio precisato gruppo di lavoro, coordinato dall’ex presidente dell’Eni Roberto Poli. Non penso che quel team abbia dovuto lavorare molto, dato che assiemare i dati resi noti nell’articolo di ieri non è certo impresa titanica. Impresa utile, invece sì. 

Quei dati sono utili per due motivi: primo perché resi evidenti al grande pubblico, secondo perché rimettono al centro il tema dell’insostenibilità del debito sovrano. Insostenibilità che può essere affrontata in tanti modi diversi, ma che deve essere chiara a chiunque voglia davvero ragionare sui grandi temi della crisi italiana.

I dati di Roberto Poli

Partiamo allora dai dati principali dell’ex presidente dell’Eni, che ha preso in considerazione i 4 maggiori paesi dell’eurozona (Germania, Francia, Italia, Spagna) a partire dal trattato di Maastricht (1992).

Negli ultimi vent’anni l’Italia è, di gran lunga, il paese che ha accumulato il più grande avanzo primario. Leggiamo: 

«Qual è il Paese tra i principali europei con il saldo migliore tra entrate e spese (al netto degli interessi) delle amministrazioni pubbliche negli ultimi 20 anni? L’Italia, e con molto distacco, considerando che ha cumulato 585 miliardi di euro del cosiddetto avanzo primario (con un 20 per cento riferibile alle privatizzazioni), contro gli 80 miliardi della Germania (dal 1995) e saldi negativi per Francia (-479 miliardi) e Spagna (-270 miliardi)». 

Ma l’Italia è anche il paese che ha accresciuto di meno lo stock del debito, dato che «negli ultimi 20 anni… è cresciuto in termini percentuali sul Pil di 28 punti in Italia, 38 in Germania, 53 in Francia e 48 in Spagna». 

E, nonostante questo, è quello che ha speso e continua a spendere di più per gli interessi.
Qui i dati sono impressionanti. Nel periodo considerato l’Italia ha speso per il pagamento degli interessi 1.650 miliardi di euro, più del Pil di un intero anno. Per contro, la Germania ha speso 1.058 miliardi, la Francia 870, la Spagna 386. Nel 2013 la spesa per interessi in rapporto al Pil è stata del 5,3% per l’Italia, del 2,2% per la Germania, del 2,3% per la Francia, del 3,4% per la Spagna.

Cosa ci dicono questi numeri?

Credo che questi numeri ci dicano fondamentalmente tre cose: 1) che in Italia le politiche austeritarie sono state portate all’estremo, con le conseguenze economiche che sono sotto gli occhi di tutti, come ci confermeranno anche i dati Istat previsti per domani; 2) che il debito pubblico ha raggiunto la soglia dell’insostenibilità; 3) che una sua forte decurtazione è una necessità impellente. 

Naturalmente la questione del debito pubblico non è separabile da quella della sovranità monetaria. Lo studio di Poli ce lo conferma nel raffronto con il Giappone. Questo paese, con un debito pari al 224,6% del Pil, sopporta un peso degli interessi che è meno della metà (2,1%) di quello dell’Italia. A dimostrazione di cosa significhi la possibilità di monetizzare il debito con una appropriata politica della Banca centrale. Cose che sappiamo, e che tuttavia vanno sempre ricordate a chi non capisce la necessità della piena sovranità nazionale, che ovviamente include anche quella monetaria.

Tuttavia il problema del debito rimane. Ed è esattamente questo che una parte dei sovranisti si rifiuta di capire. Anche lasciando perdere le tesi di un Bagnai, per il quale basta lasciare che si arrivi (in quale modo non conta) all’uscita dall’euro e tutto andrà a posto da se, l’idea che il debito non sia un problema è piuttosto diffusa. Diffusa, ma sbagliata, e ci permettiamo di dirlo proprio in qualità di sovranisti convinti. Del resto, se così non fosse non si capirebbero le difficoltà con il proprio debito di stati particolarmente gelosi della propria sovranità, come ad esempio il Venezuela chavista.

Non a caso, tenere insieme gli obiettivi dell’uscita dall’euro, e quello di una forte decurtazione del debito, è uno degli elementi caratterizzanti del programma del Coordinamento della sinistra contro l’euro. D’altronde, chiunque voglia davvero indicare una strada credibile per l’uscita dalla crisi, non può non avere un capitolo dedicato alla questione della riduzione del debito. Ma se il suo abbattimento è una necessità, resta da vedere come verrà realizzato. In mezzo ci sono interessi enormi, nazionali ed internazionali, ma anche visioni opposte della società. E’ su questo che bisogna intervenire alla svelta. Il “Comitato No Debito”, di cui abbiamo fatto parte, aveva avuto il merito di porre come centrale la questione, ma poi si è arenato in un “nulla di fatto” piuttosto avvilente.


Le due alternative in campo: svendita del patrimonio pubblico o default controllato

Il disegno che va prendendo forma negli ambienti governativi è piuttosto evidente. Preso atto della necessità di misure straordinarie, ed avendo almeno per il momento abbandonato le ipotesi di maxi-patrimoniale, come quelle da 400 miliardi proposte a suo tempo da Profumo e Passera, il blocco dominante cerca di intraprendere un’altra strada, quella della (s)vendita di tutto quanto è (s)vendibile. Sempre però per un valore di 400 miliardi, che è evidentemente quel che si ritiene necessario quantomeno per attenuare l’emergenza.

E’ su questo progetto, già enunciato tempo fa da Delrio, che va a parare Poli. L’ex presidente dell’Eni, già amministratore in diverse aziende di Berlusconi, e soprattutto membro dellaCommissione Trilaterale, dice infatti che «bisogna convertire una parte significativa dello stock del debito pubblico in quote di un fondo del patrimonio pubblico immobiliare da valorizzare e rendere redditizio tramite una gestione professionale». Obiettivo: i soliti 400 miliardi.

Va detto che, visti i precedenti, si tratta di un obiettivo assai velleitario. Ma non per questo meno pericoloso. Anzi, molto probabilmente finirà per esserlo ancor di più proprio in virtù della sua difficile realizzazione. Il risultato potrebbe essere infatti quello di un’ulteriore svalorizzazione del patrimonio immobiliare, per la gioia dei pescecani già pronti ad approfittarne con tutta calma. Ma, soprattutto, siccome gli immobili di certo non basterebbero, al fondo potrebbero essere conferite cose assai più pregiate, come le quote di alcune grandi aziende che lo Stato possiede. 

Questo progetto di mega-svendita ha una sola alternativa credibile, quella di un defaultcontrollato, del ripudio del debito, per essere più precisi di una sua quota consistente. Su come realizzare una simile operazione si può discutere, ma l’obiettivo deve essere chiaro. Chi scrive provò già tre anni fa ad entrare nei dettagli (leggi QUI), ma in ogni caso è più che sufficiente quanto scritto nel vademecum del Coordinamento della sinistra contro l’euro, laddove si afferma che: «Occorre una riduzione… che colpisca in particolar modo la finanza speculativa, salvaguardando il risparmio interno. Intanto si dovrebbe cominciare con il taglio del debito detenuto da banche e fondi di investimento stranieri, che ammonta a circa il 40% del totale».

La costruzione dell’alternativa qui delineata passa ovviamente dalla cacciata dell’attuale esecutivo. Solo un governo popolare d’emergenza, frutto di una vera sollevazione, potrà infatti produrre il cambio di rotta necessario. Ma intanto questa alternativa deve essere proposta, sostenuta, propagandata, messa in campo fin da adesso. 

In conclusione, è giunta l’ora di riprendere in mano con forza la questione del debito. Viceversa ci sarà solo la proposta di lorsignori. Certo, ripudiare una parte significativa del debito vuol dire rompere con l’Unione Europea e con l’euro. E’ inevitabile che sia così. E’ giusto che sia così. Per i sovranisti questo dovrebbe essere un invito a nozze, per chiunque ha davvero a cuore gli interessi delle classi popolari pure. La lotta di classe oggi passa da questi snodi. Altrimenti la faranno solo (e la vinceranno) le stesse oligarchie che ci hanno portato fin qui. Questa volta gattopardescamente avvinghiate al cantore della rottamazione, che ha in realtà l’unico scopo di rottamare definitivamente la democrazia.  

11 pensieri su “RIPUDIARE IL DEBITO! ROMPERE CON L’UNIONE EUROPEA! di Leonardo Mazzei”

  1. Anonimo dice:

    Questo significa che prospettate uno spostamento delle alleanze internazionali verso i BRICS?

  2. Anonimo dice:

    Passare decisamente ai BRICS in verità sarebbe la scelta migliore, ma se si aspetta che lo faccia un establishment "quisling" fa tempo ad arrivare il giorno del Giudizio. Questo però pare stia per arrivare se si osserva l'espressione del Ministro Padoan di questi giorni!! Roba da far tremare le gambe!!!

  3. Marco Giannini dice:

    Salve un favore ve lo chiedo di cuore. Sono un sociologo e mentre discutevo pubblicamente con Scacciavillani, il giornalista de Il Fatto, lui mi ha messo in castagna su una cosa cioè sulle banche centrali. (Io poi però l'ho fregato sul debito che lui sosteneva esser in mano ai piccoli risparmiatori). Devo diffondere all'ANS (sociologi) un pezzo anti euro e devo essere molto preciso perchè lo leggeranno tutti.Secondo lui (IO CREDEVO L'OPPOSTO)Norvegia, Danimarca, USa, Inghilterra, Giappone Svezia,Svizzera sono tutte banche INDIPENDENTI cioè DIVORZIATE DAL TESORO e cioè che non posso fare da prestatori di ultima istanza nell'acquisto dei TdS.(Io le avevo chiamate in causa per dirgli "vedi che dove la banca è keynesiana non c'è lo stesso l'inflazione").LA DOMANDA CHE CORTESEMENTE PONGO E':Esistono banche keynesiane che comprano anche TdS in ultima istanza se invenduti al mercato primario e in tal modo moderano i tassi di interesse nominali (e indirettamente reali). Cioè finanziano lo stato se il governo vuole spendere (Es Nuova Zelanda). Poi c'è la banca liberista che invece è indipendente dal governo (Es BCE).Per cui agisce solo sull'inflazione (leva monetaria). Se non erro però ci sono vie di mezzo che forse mi sfuggono (forse tra keynesiana e indipendente c'è anche una terza classe nè indipendente nè keynesiana magari detta "autonoma" che non agisce sui titoli direttamente ma può decidere di emettere nuova moneta in circolo senza passare per le banche ma dando soldi allo stato direttamente (il passare per le banche è una cosa scellerata che fa la BCE ma anche se non erro la FED col QE).Conoscete se è davvero così e in quali paesi avviene? (Intendo la terza via).Mi pare ne parlò Galloni ma non ricordo bene.

  4. Redazione SollevAzione dice:

    gentile Giannini,ci dia solo un po' di tempo. Risponderemo!

  5. Marco Giannini dice:

    Grazie di cuore…sono uno che diffonde molto e più ne so e più diffonderò!!

  6. Lorenzo dice:

    Faccio notare che ripudiare il debito significa rompere non solo con l'UE e con l'euro, ma in maniera un po' più mediata anche con gli USA e con il Fondo monetario internazionale. Significa rompere con l'Impero, e si sa com'esso regoli i conti con chi tenti di liberarsi dal cappio.Non solo, ma colla rottura italiana è verosimile che verrebbe giù l'intero edificio europeista. Pottremmo trovarci su un'arena europea di nuovo conflittuale.Ecco perché proposte di questo genere andrebbero integrate con un prospetto di politica internazionale fondato su posizioni realistiche, anziché con fantasie irenistiche del tipo: faremo una bella lega dei Paesi mediterranei. E quando si parla in termini realistici io vedo solo due direzioni di marcia, che son poi quelle caldeggiate da Marine Le Pen: aumento delle spese militari e alleanza colla Russia.Se avete altre idee sono pronto ad ascoltarle.

  7. Marco Giannini dice:

    Ho studiato in modo matto e disperatissimo per semplificarvi la risposta avendo capito che la mia domanda era un pò confusa.L'indipendenza di una banca è un argomento "banana" sollevato da Scacciavillani in quanto l'indipendenza ha molti gradi ed è un concetto abbastanza vago. Al massimo si dice che se il governatore non è nominato dal governo la BC è indipendente.(MI INTERESSA POCO).Ciò che mi preme (gentilmente) conoscere è: in quali paesi di quelli che elencherò è presente una BC keynesiana (so che c'è in Giappone e Nuova Zelanda). Per keynesiana intendo che quando uno stato vuole può AUTOFINANZIARSI.Il meccanismo è che la BC compra i titoli di stato invenduti . I paesi sono Danimarca, Svezia,Norvegia, Inghilterra,USA, Svizzera. Per AUTOFINANZIARSI non intendo il meccanismo per cui una BC emette moneta per darla a banche private che poi prestano agli stati. (Quello è detto quantitative easing, se non sbaglio, e non ha niente a che vedere con le banche keynesiane).Un saluto (spero di avervi alleggerito).ps: Io sono convinto che dovremmo aderire ai BRICS altro che FMI. L'FMI ha affamato mezzo mondo. Ricordiamoci dello Zaire.

  8. Redazione SollevAzione dice:

    Giannini,risposta in arrivo…

  9. Nino Galloni dice:

    BANCHE CENTRALI ED EMISSIONE MONETARIAAllora. In primo luogo banche centrali che stampano a go go non esistono (erano quelle di diretta emanazione della corona quando si comincio' a far girare le banconote e infatti circolavano sia quelle a corso legale sia quelle di banche private che pero' – ad esempio poco dopo la Unita' d'Italia – se si erano meritata chiara fama emettevano banconote credibili fino alla prima crisi; in Spagna la banca Basca ha poi assunto le funzioni di banca centrale mentre da noi e' stata fondata una nuova banca, la banca d'Italia, siccome questultima dopo altre crisi bancarie ha assunto anche un certo controllo sulle banche queste ultime erano le azioniste o i controllori della stessa: quindi se le banche erano state nazionalizzate per le crisi si risolveva il problema). Da noi quindi ci furono due drammi: il divorzio o, meglio, la decisione che mai la banca centrale dovesse comprare i titoli e le privatizzazioni.Detto cio' divorzio, indipendenza o separazione col Tesoro sono la condizione naturale, ma tutto dipende dal come: ad esempio con Caffe' dopo il 1982 notavamo come la banca di Inghilterra che aveva il nostro stesso regime teorico di divorzio, tuttavia, se il Tesoro aveva bisogno stampava sterline eccome! La Tatcher urlava contro gli Italiani spaghettari che la lira ecc. ecc. e poi lasciava fare alle autorita' monetarie inglesi che non erano miopi o in mala fede (i cattivi conti pubblici dovuti agli alti tassi di interesse servivano per promuovere le lucrose privatizzazioni!) come le nostre.Quindi Nuova Zelanda e Australia o Giappone non e' che vedono un regime teoricamente diverso ma solo accomodano l'offerta di moneta alle esigenze: se la economia va bene e si trova parecchio risparmio, la banca puo' non intervenire, ma se ci sono problemi a reperire liquidita' allora la bc stampa: anche da noi la lettera di Andreatta e la risposta di Ciampi non modificarono il regime, ma le loro intenzioni ed i loro comportamenti cambiarono radicalmente ed irreparabilmente la situazione italiana: grande debito dovuto agli interessi, esagerata remunerazione della liquidita' e del risparmio che fino a quel punto erano stati tranquilli (come tuttora in Giappone), insufficiente spesa pubblica per investimenti, tranello delle privatizzazioni e disoccupazione a go go…

  10. Marco Giannini dice:

    Sono emozionato!!!A volte pensavo di dover chiedere a Galloni ma mi dicevo "mica queste persone si incontrano con facilità!" e non avrei mai , ripeto MAI, creduto di trovarlo qua!!!!SONO DAVVERO ONORATO E RINGRAZIO ANCHE MPL.Se ho capito bene (MI RACCOMANDO CONFERMATEMELO!) se manca la liquidità le banche possono intervenire DIRETTAMENTE cioè senza la trafila BC allo 0.15% a banca privata che poi presta agli stati MA DIRETTAMENTE FORNENDO SOLDI ALLO STATO (AL TESORO) senza la banca privata come tappa intermedia a farci la cresta.Come ultimo favore le/vi chiedo se nel mondo scandinavo funziona come in Giappone,Inghilterra e Australia. ps:Spesso cito Caffè e la sua "scomparsa" e ovviamente citerò MPL e lei se me lo consentite/e, sul mio pezzo, limitatamente alle cose appena dettomi sulle BC.Cordiali saluti a tutti vi farò recapitare la copia!

  11. Anonimo dice:

    Chiarezza e semplicità.SE ricordo bene, tanto Lincoln come J.F. Kennedy furono fatti assassinare perché volevano una "banca Keynesiana" (questa definizione non mi sembra ancora quella più adatta, però). La definizione esatta sarebbe "Banca del Ministero del Tesoro" oppure "Banca di proprietà dello Stato", uno Stato pienamente in possesso dello "Jus cudendi" come era quello di molti antichi Sovrani.Lo Jus cudendi sarebbe un privilegio imprescindibile dello Jus IMPERANDI, derivando cioè dall'autonomia del potere.SE oggi esaminiamo la situazione della maggior parte degli stati, possiamo constatare che sono sostanzialmente deprivati dello Jus IMPERANDI ed è logico che siano anche privi dello Jus Cudendi.I due "Diritti" sono interdipendenti: se ne viene a mancare uno viene a mancare anche l'altro. perché un vero Stato è come marciasse su di un Merkawà a due ruote trainato da due cavalli accoppiati.

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