USCIAMO DALL’EURO! Dichiarazione delle sinistre europee anti-euro. Assisi 23 agosto 2014
30 agosto.
Il Coordinamento nazionale della Sinistra italiana contro l’euro ha tenuto ad Assisi dal 20 al 24 agosto 2014 il suo Forum europeo del 2014 cui hanno partecipato i dirigenti di diverse organizzazioni politiche progressiste dell’Unione Europea. Durante il Forum essi hanno adottato una dichiarazione a favore dell’uscita dall’euro e dall’Unione Europea.
«In tutti paesi dell’unione europea e particolarmente nella zona euro sono in questo momento in corso violentissime politiche antisociali condotte con accanimento dall’Unione Europea e dai governi membri.
Stiamo assistendo alla continua, massiccia diminuzione della spesa pubblica sociale, alla deflazione salariale dovuta al blocco dei salari, alla diminuzione della previdenza sociale, mentre si concedono supporti ingiustificati alle grandi imprese con l’ipotetica finalità di creare occupazione, si procede
alla sempre più estesa privatizzazione di beni e servizi essenziali,
allo smantellamento dei servizi pubblici e della previdenza sociale e alla finanziarizzazione dell’economia e dei bilanci pubblici.
Ne risulta l’accelerazione esponenziale del precariato e della disoccupazione di massa.
L’origine di questa situazione è da ricercarsi nelle politiche condotte dell’Unione europea, completamente paralizzate dal trattato di Lisbona.
Il trattato di Lisbona si basa su tutti i vecchi dogmi neoliberisti
che hanno tuttavia già dato prova della loro nocività per gli interessi del ceto medio e delle classi popolari. Nella zona euro gli squilibri si aggravano ancor di più tra i paesi. L’euro si è rivelata essere un’arma di distruzione di massa contro l’occupazione. La moneta unica funziona unicamente per proteggere le rendite di capitali, mantenendo intenzionalmente e costantemente elevatissimo il tasso di disoccupazione.
Esiste una “sostanza” di questa costruzione europea che si rifà ai valori e agli interessi delle classi dominanti occidentali: l’europeismo, l’atlantismo, il capitalismo e l’autoritarismo.
Un tale sistema non può cambiar natura né può essere migliorato dall’interno. Occorre smantellarlo e costruire qualcosa di radicalmente nuovo.
L’Unione europea rappresenta in effetti il sistema più sofisticato al mondo per costruire una civiltà totalmente controllata dal mercato. L’Unione Europea è un sistema mostruoso di dominazione e di alienazione dei popoli da cui dobbiamo al più presto emanciparci.
L’Unione Europea è diventata uno dei cardini dell’ordine neoliberista mondiale con le sue imprese multinazionali sovradimensionate,
le sue istituzioni sovranazionali tra cui il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, la Nato l’Unione europea e l’OCSE.
La principale caratteristica di questo sistema e’ di agire con determinazione per distruggere la sovranità dei popoli in ogni nazione.
Questo e’ in realtà il modo migliore di permettere lo sviluppo illimitato della dominazione del grande capitale, come testimonia il TTIP.
Per le classi dominanti distruggere le nazioni è la garanzia che non si può ritornare indietro dalle riforme neoliberiste.
Al contrario non esiste sovranità popolare senza sovranità nazionale. Di conseguenza far sparire la nazione vuol dire in realtà far sparire la democrazia. Significa sopprimere la capacità dei popoli di decidere del loro avvenire.
Il supporto dell’Unione europea al regime parafascista di Kiev dimostra il suo allineamento totale alla Nato e all’imperialismo americano.
Lunghi anni di esercizio di potere dei partiti socialisti, laburisti e socialdemocratici in parecchi paesi dell’Unione Europea permettono ormai di tracciare un bilancio del recente passato.
Come si vede in Grecia, in Spagna, in Portogallo e in Francia, questo bilancio è assolutamente disastroso. Questi partiti sono ormai dichiaratamente neoliberisti : essi non tentano nemmeno più di apparire come difensori delle classi popolari. Dappertutto invece essi preparano il terreno per governi di grande coalizione alla tedesca (governi che riuniscono destre sinistra) come l’Unione Europea ha già voluto stabilire in Grecia, in Spagna, in Portogallo e in Italia.
Se il confine che oppone le classi dominanti alle classi popolari si allarga di anno in anno, quello tra la sinistra e la destra diviene sempre più fluido. In molti paesi nessuna questione essenziale separa ormai la destra dalla sinistra.
Queste forze creano il contesto politico che costruisce e amplifica il progresso dell’estrema destra, esse permettono la progressiva assimilazione del concetto di nazione con la sua definizione etnoculturale, tipica dell’estrema destra.
Al contrario per noi la nazione è strettamente costituzionale e politica. Lasciare questo concetto politico così importante ai sostenitori della definizione identitaria di nazione, come l’estrema destra, è dunque del tutto irresponsabile e ci impedisce di vedere che tutti questi partiti stanno abbandonando la questione principale, le condizioni stesse d’esistenza della politica e della democrazia.
La crescita dei partiti di estrema destra all’interno dei paesi membri dell’Unione Europea ha come causa principale le politiche di austerità condotte contro le classi medie popolari che hanno ormai gettato i popoli nella miseria mettendoli addirittura in concorrenza tra di loro.
L’estrema destra può ormai appropriarsi, essa sola, dell’idea e dei simboli di “nazione”.
Di conseguenza l’idea stessa di nazione finisce per essere assimilata all’estrema destra. In realtà l’estrema destra difende la visione di nazione ridotta alla sua sola dimensione identitaria. Lungi dall’essere antisistema come essa vorrebbe far credere, l’estrema destra è in realtà un agente indiretto al servizio del sistema delle classi dominanti.
Per la loro attitudine xenofoba, sciovinista, ostile al sindacato e a tutte le organizzazioni che difendono collettivamente gli interessi delle classi popolari, questi partiti risultano i più disgustosi.
È dunque urgente ricostruire un pensiero, una pratica e un programma favorevole agli interessi delle classi popolari e del ceto medio.
Gli elementi chiave per noi sono:
– la soppressione totale della disoccupazione e del precariato
– l’applicazione di piani di reindustrializzazione e di nazionalizzazione dei grandi settori strategici dell’industria e dei servizi
– lo smantellamento dei mercati finanziari
– l’annullamento e il rigetto del debito pubblico
– l’adozione di misure protezionistiche nazionali nel quadro universalistico della Carta de L’Avana del 1948
– una mutazione ecologica dei modi di produzione
– l’uscita dalle istituzioni sovranazionali che vogliono imporre l’ordine neoliberista mondiale: la Nato, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca mondiale, l’Unione Europea e l’euro
Chiamiamo questo programma “demondializzazione”.
Il cuore di questa strategia e di questo programma è rivendicare e imporre la necessità di riconquistare la sovranità nazionale in ogni paese.
Questo significa una lotta decisiva per conservare ad ogni paese le sue caratteristiche di società autenticamente politica, dove il popolo dispone dei mezzi giuridici e istituzionali per decidere e per realizzare ciò che esso considera corrispondere all’interesse generale.
I firmatari di questa dichiarazione organizzeranno a breve un nuovo incontro internazionale con ancor maggior risonanza a livello europeo.
A questo incontro parteciperanno tutte le forze che operano per la difesa degli interessi delle classi medie e popolari, che si battono per la piena occupazione e che sostengono la necessità dell’uscita dalla NATO, dall’Unione europea e dell’euro.
I firmatari:
– Borotba : Sergeï Kirichuk, Ucraina.
– Comitato Euro Exit: Wilhelm Langthaler e Albert F. Reiterer, Austria.
– Fronte Civico: Manolo Monero Pérez, Spagna.
– Fronte Unito Populaire (Epam): Antonis Ragkousis, Grecia.
– Movimento politico d’emancipazione popolare (M’PEP) : Jacques Nikonoff et Joël Perichaud, Francia.
– Piano B: Athanasia Pliakogianni, Grecia.
Peccato che in tutto questo si dimentichi che al primo posto viene la (ri)conquista della sovranità popolare mediante un mirato mix di democrazia diretta e rappresentativache deve essere imposta in ogni Paese mediante un'azione decisa a cui sembra non si sia ancora arrivati.Alberto Del Buono
Col termine "nazionalizzazione" si intende "statalizzazione" (posto uno stato nazionale sovrano)? Se si, il programma dovrebbe attuarsi con (in ultima istanza) un'azione parlamentare?Grazie
CI si può domandare. "Ma a cosa serve una dichiarazione se non è supportata da un minimo di realizzabilità politica?"Ottime iniziative i convegni ed utili conclusioni le dichiarazioni, ma intanto in Europa siamo ed in Europa dobbiamo (anzi: siamo costretti ) a restare con tutto quello che ci va dietro: fiscal compact e presto anche TTIP. Il fatto è che la fazione "anti euro" non ne imbrocca una alle elezioni e da queste, purtroppo, nascono i governi.
(1) E' per tutti noi evidente che al "primo posto" v'è la riconquista della sovranità popolare, di cui quella monetaria è aspetto cruciale.(2) Per nazionalizzare (statizzare) non basta che un governo sia pienamente legittimato dal consenso popolare, esso dovrebbe uscire dalla Unione, che in nome del libero mercato non ammette la "intrusione" dello Stato nell'economia. (3) Anonimo scrive:"Ma a cosa serve una dichiarazione se non è supportata da un minimo di realizzabilità politica?".Ma che cavolo di domanda è questa?per "realizzare" occorre avere le leve del governo.ma per andare al governo occorre l'appoggio della maggioranza dei cittadini.Per avere questo consenso occorre che i cittadini conoscano la piattaforma politica di chi chiede il loro appoggio.Come possono i cittadini appoggiare qualcuno se questo qualcuno non dichiara le cose per cui si batte?
Posso sbagliarmi, ma l'intonazione della dichiarazione conclusiva si rifà un po' ad una ideologia che fino all'altro giorno era qualificata come di destra.Il fatto è che l'internazionalismo sa spesso di sinistra e dall'internazionalismo germoglia il mondialismo. E' strano che non appaia evidente come l'internazionalismo contrasti con una filosofia nazionale. Per altro iI mondo è pieno di contraddizioni a cominciare da quella luce-buio. bene-male ecc. Si chiama dialettica dei contrari.In quanto al fatto che l'abolizione delle nazioni sia indispensabile all'impero risulta persino dai troppo spesso vituperati (ingiustamente) e arcinoti Protocolli.
La realizzabilità politica, questo era il mio pensiero, pur essendo conditio sine qua non, rimane per ora purtroppo nel mondo dei sogni.
Personalmente è un bel po' di tempo che mi chiedo come mai il prof. Bagnai sia un "antieuro". La risposta che mi è venuta spesso è che il prof. Bagnai ce l'abbia con la Germania la quale, effettivamente qualche tempo fa dalla moneta unica europea traeva qualche vantaggio. Il prof. Bagnai, secondo la mia impressione, è un "Atlantista" e l'America non vede con entusiasmo una Germania leader dell'unione europea.Ora, dalle notizie che trapelano, sembra che le lobby siano anch'esse avverse all'Euro (vedasi l'Economist) perché, con il TTIP si profila una dollarizzazione dell'Europa.Ecco spiegato l'enigma.Staremo ancora più freschi.