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L’ESTREMA SINISTRA E IL TABÙ DELL’EURO(pa)

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15 settembre. In etnologia il tabù consiste nella proibizione di carattere magico-religioso nei confronti di oggetti, persone, luoghi considerati di volta in volta sacri, oppure contaminanti, impuri e dunque potenzialmente pericolosi. In psicanalisi, il termine indica ogni atto proibito, oggetto intoccabile, pensiero non ammissibile alla coscienza, come nel caso emblematico dell’incesto. 


Per quanto riguarda come l’atteggiamento della sinistra innanzi all’euro e all’Unione europea vale, a noi pare, la nozione psicoanalitica di tabù. E’ proibito non solo condannare l’Unione e la sua moneta unica, è illecito anche solo pensarlo.

Purtroppo ciò non vale solo per il Pd e le sue  frattaglie, vale per il grosso dell’estrema sinistra. Vale in particolare per il settore dei cosiddetti “movimenti”.  Forme di lotta magari discutibili per obiettivi e diritti spesso sacrosanti. 

Per dovere di cronaca pubblichiamo il testo finale uscito dalla assemblea nazionale che ha proclamato per il prossimo 14 novembre una giornata di lotta con “scioperi generali metropolitani”. Nessuna parola, nemmeno una, sul fatto che l’Unione europea è la macchina da guerra delle classi dominanti; nessuna parola contro l’euro, principale grimaldello delle politiche d’austerità neoliberiste. Anzi, si afferma: 

«È evidente a tutte e tutti che l’Europa è il terreno minimo dello scontro, la scala transnazionale decisiva per affermare conflitti capaci di incidere».

Si è mai visto qualcuno vincere il nemico che non riconosce come tale?


Strikemeeting, il documento finale dopo la plenaria di ieri ad Acrobax di Roma*


Ecco il comunicato finale dello #strikemeeting che si è svolto a Roma in questo fine settimana. Oltre 500 tra precari/e, lavoratrici/ori, attivist*, student* hanno discusso e lanciato alcune proposte per la costruzione di un’opposizione sociale, ampia e articolata, capace di resistere alla devastazione del «modello sociale europeo» e dei governi della BCE che stanno portando un attacco senza precedenti al salario, disoccupazione di massa, privatizzazioni del welfare (formazione, sanità, previdenza) e dei settori strategici, recinzione dei beni comuni.


«Partiamo da un dato: nei tre giorni dello Strike Meeting, oltre 500 tra lavoratrici e lavoratori, precari, studentesse/studenti, attiviste/i sindacali, dei centri sociali e dei comitati che difendono i beni comuni, provenienti da tutta Italia e non solo, si sono incontrati e hanno discusso per ore, mettendo a confronto forme organizzative, pretese programmatiche, pratiche di lotta. Un dato per nulla scontato, che non si limita a registrare la forza quantitativa dell’evento, ma segnala, semmai, la qualità di un processo politico dove alla competizione tra gruppi si sostituisce la composizione virtuosa delle differenze. Da qui dunque occorre prendere le mosse per passare in rassegna i punti salienti del dibattito.

Nei workshop come nelle plenarie, nei tavoli programmatici come nella tavola rotonda con gli attivisti provenienti da Germania, Francia, Grecia, Spagna e Portogallo, centro dell’attenzione sono state le politiche neoliberali, approfondite dalla crisi, che stanno ridisegnando lo scenario europeo: attacco ai salari, compressione dei diritti sindacali, dequalificazione e aziendalizzazione della formazione e della ricerca, privatizzazione delle public utilities, recinzione dei beni comuni, nuovo governo della mobilità della forza-lavoro e sfruttamento del lavoro migrante. Altrettanto, e al seguito di una definizione non superficiale di questi fenomeni, è emersa l’esigenza di fare un salto di qualità nell’articolazione delle lotte e delle istanze programmatiche.

È evidente a tutte e tutti ‒ e l’avvio della tre giorni con la tavola rotonda animata dagli attivisti europei non è stato casuale ‒ che l’Europa è il terreno minimo dello scontro, la scala transnazionale decisiva per affermare conflitti capaci di incidere. Ed è evidente che senza la costruzione di uno spazio di relazione permanente e innovativo tra le lotte e i movimenti è inimmaginabile rompere l’impasse e sovvertire il presente. Lo sciopero sociale, generale e generalizzato, precario e metropolitano vuole essere un primo approdo, indubbiamente parziale ma fondamentale, di questa sperimentazione. Un modo per cominciare a rovesciare la narrazione tossica che sostituisce il merito all’uguaglianza, la competizione selvaggia alla felicità comune.

La piattaforma dello sciopero non può che comporre le istanze che segnano il mondo del lavoro e della formazione, del non lavoro e della cooperazione sociale. Rifiutare e respingere il Jobs Act e la riforma renziana della scuola, oltre alla nuova stagione di privatizzazione e mercificazione dei beni comuni, in generale la trasformazione neoliberale del mercato del lavoro e la rinazionalizzazione della cittadinanza, significa infatti battersi per un nuovo welfare, per il diritto all’abitare, per il reddito europeo sganciato dalla prestazione lavorativa, per il salario minimo europeo, per l’accesso gratuito all’istruzione, e lottare contro i dispositivi di selezione e di controllo che, attraverso le retoriche meritocratiche, aprono le porte delle scuole e delle università ai privati e fanno del sapere strumento docile degli interessi d’impresa. Non c’è solo la disoccupazione a colpire giovani e meno giovani, non è solo la sottoccupazione a trafiggere milioni di donne e di uomini. Si tratta del nuovo mantra dell’occupabilità che spinge ad accettare il lavoro purché sia, quello senza diritti e, addirittura, gratuito (vedi il modello Expo). Rivendicare reddito garantito e salario minimo europeo deve quindi procedere di pari passo con la pretesa della libertà e della democrazia sindacale, del diritto di coalizione e di sciopero, dentro e fuori i posti di lavoro. Ancora: senza la difesa dei beni comuni e la riappropriazione democratica del welfare è impensabile un processo di conflitto espansivo che sappia mettere all’angolo la gestione neoliberale della crisi.


Una piattaforma comune per uno sciopero sociale che sappia combinare le diverse forme di lotta e di sciopero sperimentate e progettarne di nuove, potenzialmente capaci di estendersi su scala europea: lo sciopero generale del lavoro dipendente, lo sciopero precario e metropolitano, lo sciopero di chi non ha diritto di sciopero, il netstrike, lo sciopero nei luoghi della formazione, lo sciopero di genere. Un caleidoscopio di pratiche da costruire pazientemente attraverso dei veri e propri laboratori territoriali dello sciopero.

Verso lo sciopero sociale, per il quale proponiamo la data del 14 novembre ‒ per avere il tempo di far crescere un processo reale che vada oltre l’evocazione roboante, e perché proprio a novembre si concluderà l’iter parlamentare del Jobs Act, mentre si procederà speditamente verso l’approvazione della Legge di stabilità e il giorno successivo si concluderà la consultazione del Governo sul Piano Scuola ‒, sono diversi gli appuntamenti importanti che rilanciamo con forza: il 2 ottobre a Napoli, per contestare il board della BCE; il 10 ottobre, la grande mobilitazione e gli scioperi delle studentesse e degli studenti, dei docenti e del personale ATA; l’11 e 12 ottobre a Milano, avviando la lunga agenda di conflitto contro l’Expo che avrà come approdo il 1 maggio; dal 9 al 12 ottobre, la guerriglia tag contro l’Internet Festival di Pisa; il 16 ottobre dove con buona probabilità prenderà forma lo sciopero generale della logistica. Proponiamo inoltre a tutte le reti europee di avviare una discussione sull’estensione transnazionale della pratica dello sciopero: saremo a Bruxelles al meeting lanciato dal coordinamento di Blockupy il prossimo 26 e 27 settembre per discutere iniziative comuni. Proponiamo anche per il 7 novembre una giornata di azioni dislocate in tutte le città contro il programma Youth Guarantee e più in particolare contro gli enti pubblici e privati (centri per l’impiego, Regioni, agenzie interinali, università/fondazioni) che il programma gestiscono. Sabato 1 novembre, e se la data del 14 novembre sarà accolta come la migliore per lo sciopero sociale, proponiamo di rivederci a Roma, un’assemblea dei laboratori territoriali per entrare nel vivo della preparazione dello sciopero stesso.

Da tutte e tutti coloro che hanno partecipato allo Strike Meeting un caloroso abbraccio agli attivisti ancora privi della libertà, nella speranza di rivederli presto con noi nelle lotte».

#14N
#scioperogenerale
#scioperosociale
#stopjobsact
#renzistaisereno


8 pensieri su “L’ESTREMA SINISTRA E IL TABÙ DELL’EURO(pa)”

  1. Fiorenzo Fraioli dice:

    Questi di Strikemeeting sono fighetti rivoluzionari bla bla bla. Li sputo senza pietà.

  2. Anonimo dice:

    Sig. Fraioli è evidente che non era presente a Strike e ad Acrobax nella interessante 3 giorni di discussione dei movimenti sociali. Altrimenti saprebbe che fighetti tra gli oltre 500 partecipanti non ve ne erano. In compenso c'erano i proletari che occupano le case a Roma (e che spesso si prendono botte e denunce), i giovani disoccupati e precari delle periferie metropolitane, i militanti dei centri sociali come Askatasuna a Torino da sempre in prima fila nella lotta NoTav (con tutte le pesanti conseguenze penali che comporta), i NoMuos siciliani…ecc. Dato interessante è che l'età media dei presenti era inferiore ai 30 anni. Per questo pur se concordo con alcuni rilievi critici mossi da Sollevazione, inviterei i redattori a seguire con interesse e benevolenza quest'area politica, che nella pratica quotidiana ha dimostrato di saper esprimere anche posizioni avanzate (vedi 9 dicembre). Se non altro la generazione dei vecchi sinistrati prossimi alla pensione su questi ambienti giovani e vitali non hanno molta presa. Certo i limiti politici ci sono, ma bisognerebbe sforzarsi di assumere un atteggiamento costruttivo che i margini di crescita (se non altro per questioni anagrafiche) ci sono. Del resto anche i redattori di questo blog credo che abbiano maturato posizioni diverse rispetto a quando avevano 28-30 anni, no?

  3. Anonimo dice:

    @Fiorenzo_FraioliTroppo imbarazzo per invitarli a leggere il "Tramonto dell'euro"?Certe espressioni tradiscono una certa nostalgia, da cane bastonato, e lo stesso approccio divisivo, IOcentrico.

  4. Anonimo dice:

    Ciò che orienta una certa parte della sinistra a non criticare e a non avversare l'euro è una convinzione ideologica che io qualificherei come fossile perché residua dell'internazionalismo sovietico rampollo della rivoluzione d'ottobre.Si è convinti cioè che, dato che l'Europa è un organismo sovranazionale avverso alle "bandiere" sia un qualcosa che automaticamente ha a che fare con una sana ideologia di sinistra. E' difficile che una massa ritorni sulle proprie convinzioni "filosofiche" e il perché potrebbe essere che le masse, in genere, non ragionano purtroppo sempre con la propria testa, Nella simbologia cabalistica sono rappresentate da un animale mitico : "Behemoth" il quale, per propria natura, facilmente viene trasformato in un "golem".

  5. Fiorenzo Fraioli dice:

    Verso i forconi sono stato comprensivo: almeno erano popolo vero (a parte qualche leader teleguidato… ma questa è ordinaria amministrazione). Con questi fighetti bla bla bla, che parlano di net-strike e cazzate simili no! NO! NO!p.s. l'espressione "ti sputo" è, se non sbalio, di Cetto la Qualunque. E in ogni caso nessuno può appropriarsi del vocabolario della lingua italiana. Viene poi il sospetto che, dietro l'anonimo che scassa l'orsù, si celi proprio quel poveretto.

  6. Anonimo dice:

    Veramente alcuni ottimi interventi contro l'Unione Europea nel corso dello strike meeting ci sono stati. Certo la tendenza maggioritaria (emersa anche nel comunicato finale) è quella di un malinteso internazionalismo tipico degli eredi dell'Autonomia.Ad ogni modo penso ci sia da augurarsi la riuscita delle mobilitazioni di quest'autunno: spetta poi alla sinistra sovranista partecipare e introdurre con volantini, striscioni ed una significativa presenza nelle lotte, la questione della fuoriuscita dall'UE e dall'euro…certamente non tutti i settori di movimento sono aprioristicamente ostili a queste tematiche, è compito della sinistra sovranista la capacità di fare breccia. A cominciare dall'appuntamento del prossimo 2 ottobre a Napoli contro il vertice della Bce.

  7. keoma08 dice:

    Fermo restando che, al di là di qualche slogans evocativo/imitativo, una discreta parte di questi movimenti con la vecchia Autonomia c'entrano ben poco … ed anzi questo convegno, anche se è vero che interventi anti-euro ce ne sono stati anche là, risente casomai molto della impostazione ex "disobbediente" che fu di Casarini e Caruso … è pure vero però che questi movimenti smuovono masse, proletari, giovani, migranti, gente comune …. che poi lo facciano più su un terreno "para-sindacale antagonista" che non su uno prettamente politico … e questo spiega in parte anche perchè non si pongano problemi di ordine "più alto" … non cambia comunque i termini della questione …Cosa che certamente ora non è invece in grado di fare la "sinistra contro l'euro" … per cui forse un pò più di umiltà sarebbe necessaria …Paragonarli poi, come oggettivamente state facendo su Sollevazione, con partitini autoreferenziali come i Carc, il Pcl e Sinistra Anticapitalista … per gli stessi motivi legati ai numeri che oggettivamente questi movimenti riescono a smuovere … mi sembra assai scorretto ….E dico tutto questo da "anti-euro" convintissimo ed irriducibile, a scanso di equivoci …

  8. Redazione SollevAzione dice:

    NO, ASPETTA!Certo che riconosciamo alla sinistra movimentista, tra cui i centri sociali, il merito di organizzare conflitto reale, di dare rappresentanza a a pezzi (pezzi) dell'area vasta dell'esclusione sociale.Altrettanto certo che facciamo differenza tra questa sinistra di movimento e le ombre della tradizionale estrema sinistra.Sul piano programmatico dell'Unione e dell'euro, tuttavia, queste due sinistre estreme sono PALESEMENTE VITTIME dello stesso tabù: la sovranità nazionale in ogni sua forma è "di destra".Detto questo, Mpl,e speriamo tutto il Coordinamento prenderà parte alle mobilitazioni, come quella prevista per il 14 novembre.

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