CHARLIE HEBDO: RIFLESSIONI SCOMODE DI UN CREDENTE di Paolo Maria Filipazzi
8 gennaio
Charlie Hebdo NON è la rispettabile rivista che ci stanno dipingendo in queste ore i media. Si tratta, in realtà, di un parente del nostro italico Vernacoliere. Solo un po’ più schifoso. Il pezzo forte di tale rivista “satirica” sono le bestemmie, di cui le pagine e copertine della pubblicazione da anni traboccavano. Contro tale “linea editoriale” si erano ripetutamente levate proteste da parte di associazioni ebraiche e cattoliche, ma, come si sa, per dei progressisti, vale a dire per dei violenti, le civili proteste a mezzo stampa sono qualcosa di cui sghignazzare. Qualche problema in più, va da sé, l’avevano avuto coi musulmani, che, come si sa, contrariamente a noi pigri e semi-apostati cristiani da strapazzo, quando tocchi loro Maometto ed Allah si incazzano di brutto. Al che era stato tutto un florilegio di intellettuali salottieri e radical-chic che erano “scesi in campo” per difendere il “diritto di critica” e lodando il “coraggio” di questo giornale “scomodo”. Nel 2011 qualcuno aveva pure tirato contro la redazione, nottetempo, nel 2011, una bomba “dimostrativa”. Per la gioia dei vernacolieri d’Oltralpe, improvvisamente trasformatisi in eroi dell’Occidente. Il che li aveva ringalluzziti, e giù altre bestemmie. Alla fine si son presi delle fucilate, come era da mettere in conto.
Al che ci tocca, non senza un certo rossore, ribadire le solite cose, già ripetute su Campari dall’amico Facchini qualche anno fa: è inutile che noi cattolici ci scandalizziamo per la blasfemia anti-cristiana e poi, come a volte accade, reagiamo con un “ben gli sta” o con una compiaciuta complicità quando le bestemmie colpiscono l’Islam. Per le jene del laicismo Cristianesimo ed Islam sono due facce della stessa medaglia, entrambe forme di opposizione all’ideologia secolare che, negando Dio, nega l’uomo e lo porta al di sotto della bestia. E se noi cristiani, fedeli al Vangelo, anche se sentiamo pruderci le mani, alla fine porgiamo l’altra guancia, possiamo anche comprendere, pur nella condanna della violenza, come si senta un musulmano di fronte ad una vignetta di Maometto nudo in posa ammiccante: esattamente come ci sentiamo noi quando una vignetta analoga viene pubblicata avendo per oggetto Cristo o la Madonna.
Se un giornaletto di bestemmie e pornografia adesso, diventa, un baluardo del pensiero laicista ed illuminista, c’è da chiedersi se il pensiero illuminista e laicista non sia letame allo stato puro. Se la bestemmia viene scambiata per “diritto di critica”, e non viene più riconosciuta per quello che è, vale a dire come una forma vile di violenza, un attacco contro la libertà dei credenti, vuol dire che siamo sprofondati in una fogna. Se la rappresaglia di due killer contro un giornaletto poco di buono anziché essere relegata, come dovrebbe, nelle pagine della cronaca nera, fra i tanti fatti delittuosi che capitano quotidianamente nei bassifondi di una metropoli come Parigi, diventa un “attacco all’Occidente”, manco fosse l’11 settembre, ci sorge il sospetto che l’Occidente stesso ormai non sia altro che i bassifondi del pianeta. Se un gruppo di imbrattacarte che si è visto, per sua disgrazia, ritorcere contro anni ed anni di vigliaccate, volgarità e violenze (perché la violenza non è solo quella fisica…), si vede elevato al rango di schiera di “martiri della libertà” vuol dire che abbiamo perso tutti il cervello.
E tutti dovrebbero farsi due domande: la “destra” che si lamenta perché gli immigrati non accettano i “nostri valori”, farebbe bene a chiedersi quali siano, a questo punto, i “nostri valori”. La “sinistra” che farnetica di “integrazione”, dovrebbe spiegare a tutti in cosa gli immigrati dovrebbero “integrarsi”. Forse ci accorgeremmo che, se molti immigrati, specie musulmani, non si “integrano”, se cresce fra i musulmani in Europa la simpatia per l’integralismo e qualcuno finisce per passare alle vie di fatto, ciò non è sicuramente giustificato, ma non accade nemmeno perché i musulmani sono di per sé cattivissimi. Gli è che, per chi è abituato a considerare la religione come la stella polare della sua vita, un mondo in cui la massima espressione di progresso è considerato la bestemmia è l’Inferno sulla terra. E qualcuno potrebbe anche sospettare che la bufala progressista dell’ “integrazione” celi, dietro di sé, un truffa per fare all’Islam ciò che l’Occidente ha già fatto al Cristianesimo: stuprarlo ed ucciderlo. Sarebbe un’impressione totalmente errata?
E l’Occidente in guerra contro il terrorismo, non farebbe meglio a chiedersi se quest’ultimo non trovi terreno di facile proselitismo grazie anche al fatto che, oggettivamente, l’Occidente stesso fa schifo?»
GRECIA: PERCHÉ TSIPRAS SI SBAGLIA di Antonio Maria Rinaldi
8 gennaio
La popolazione è allo stremo e francamente non ci sono più i presupposti e i margini di manovra per poter rendere l’euro una valuta idonea alle esigenze dell’economia greca. Il caso greco ha dimostrato, in tutta la sua drammaticità, come il trapianto forzato di una moneta possa alla fine degenerare in un inevitabile rigetto distruggendo letteralmente un paese nonostante noti personaggi, che hanno costruito esclusivamente la propria carriera e credibilità asservendosi supinamente ai dogmi perversi della moneta unica, abbiano sostenuto fino a poco tempo fa che proprio il paese ellenico era la prova più tangibile del successo dell’euro.
Il problema di fondo della Grecia pertanto rimane la permanenza nell’euro e le sue assurde e anacronistiche politiche economiche imposte a un paese che non ha mai avuto le possibilità, neanche remote, di poterle perseguire ed attuarle.
Syriza chiede l’istituzione di una Commissione internazionale sulla falsariga di quella che portò all’accordo sul debito di Londra del 27 febbraio del 1953 dove fu cancellato il 50% del debito estero tedesco, ma i greci ora sottovalutano che la Germania di allora si avvantaggiò enormemente dell’accordo perché poté contare su una propria moneta e soprattutto su una politica economica perfettamente tarata per le proprie esigenze e non invece come quella odierna che rimarrebbe in ogni caso per la Grecia decisa altrove!
Pertanto se le nuove forze che assumeranno il potere ad Atene nei prossimi mesi intenderanno realmente fare gli interessi del paese con l’obiettivo di farlo risorgere economicamente e moralmente, dovrebbero perseguire una uscita dall’euro concordata e pianificata direttamente con i governi europei e promuovere contestualmente un’azione risarcitoria nei confronti della Troika per le responsabilità oggettive avute nella gestione delle crisi finanziarie avvenute negli ultimi anni. In particolare se l’inesperienza e i grossolani errori profusi a più riprese dall’ex Commissario europeo per gli affari economici e monetari Olli Rehn, trincerato sempre dietro vulgata dell’irreversibilità dell’euro, non avessero forzatamente fatto adottare alla Grecia politiche economiche con il pugno di ferro con il criterio del “bisogna punire chi non rispetta i patti”, non rendendosi minimamente conto che in questo modo stava segando il ramo dove invece erano seduti anche gli altri, lui compreso, il paese ellenico non sarebbe arrivato allo stato disastroso in cui versa attualmente.
E’ giusto che vengano pertanto risarciti gli enormi danni perché gran parte delle colpe sono da imputare all’imposizione di politiche economiche completamente errate e con fini molto distanti dall’effettivo risanamento del paese: in questo modo si ristabilirebbe un criterio di giustizia nei confronti di palesi soprusi compiuti fra l’incompetenza e l’aver favorito interessi finanziari di parte.