NON BASTA USCIRE DALL’EURO di Sandro Targetti
35 visite totali, 1 visite odierne
3 febbraio
Pubblichiamo l’intervento di Sandro Targetti (Direzione nazionale PRC, esponente del documento 3 “per la rifondazione di un partito comunista – nella foto) all’incontro internazionale OLTRE L’EURO. CONTRO LE POLITICHE NEOLIBERISTE, svoltosi a Roma il 24 ed il 25 gennaio scorsi.
«Il risultato delle elezioni europee, la politica di Renzi in perfetta continuità con quella dei suoi predecessori e (al netto delle chiacchiere) del tutto prona all’oligarchia finanziaria europea; il peggioramento di tutti i dati macroeconomici che segnano un peggioramento della crisi e della sofferenza sociale; le guerre nel Mediterraneo (dall’Ucraina alla Siria alla Libia) impongono a tutta la sinistra ed in particolare ai comunisti una messa a punto della nostra strategia, per evitare di rimanere schiacciati tra il populismo reazionario di una Lega sempre più lepenista e l’illusionismo renziano che vende sul mercato politico un’inesistente conflitto del proprio governo con le politiche di austerità che invece promuove con piena convinzione.
Le politiche liberiste che l’Ue continua a portare avanti, si avvitano su se stesse producendo pesanti conseguenze sull’occupazione, sui diritti sociali e sindacali, sulle condizioni di vita di milioni di persone, alimentando al tempo stesso i vari populismi reazionari ed una pericolosa guerra tra poveri, all’interno della quale si muovono in tutta Europa con rinnovata aggressività forze fasciste e razziste .
Il risultato è che abbiamo una moneta senza stato e Stati senza moneta: la soluzione migliore per la Finanza, per la Germania, per gli Usa che, in un quadro così democraticamente devastato, si apprestano a liquidare, con il Trattato di libero scambio transatlantico (TTIP), ciò che resta delle Costituzioni nazionali europee.
L’euro è così divenuto il simbolo e lo strumento di un’architettura economico-finanziaria che stabilizza il potere dell’oligarchia liberista che governa l’Europa e cementa la costruzione di un blocco storico (nell’accezione gramsciana) reazionario, che coinvolge, ad un tempo, la struttura economica, cioè i rapporti di proprietà, la sovrastruttura giuridica, i modelli istituzionali, l’ideologia.
Ma opporsi ai trattati (da quello di Maastricht al Fiscal compact, passando per il pareggio di bilancio), criticare l’euro non significa dunque essere antieuropei; né la rivendicazione della sovranità popolare (che sta per altro scritta nell’articolo 1 della Costituzione) significa “necessariamente” portare acqua ai nazionalismi xenofobi e fascistoidi.
La possibilità di costruire un’altra Europa ed uscire dalla crisi “da sinistra” sta proprio nella rottura di questa Europa e della sua architettura monetarista.
Il sistema va verso l’esplosione, perché disoccupazione e deflazione non potranno che accentuarsi e tenere in vita un meccanismo così perverso risulterà impossibile anche per un paese come l’Italia, i cui “fondamentali” si stanno seriamente infragilendo.
In sostanza, la moneta europea senza Europa politica e Costituzione democratica cova nel proprio seno il fallimento, rispetto al quale occorre dotarsi, occorre esplicitare una proposta ed un orizzonte alternativo, necessariamente e radicalmente diverso da quello delle destre di ogni risma, pur essendo consapevole che l’uscita dall’euro, di per sé, non risolva i nostri problemi.
Infatti ritengo/riteniamo che all’uscita dall’euro debbano corrispondere altre, decisive misure: la difesa dei salari attraverso la reintroduzione di un sistema di indicizzazione delle retribuzioni che neutralizzi gli effetti della svalutazione; la nazionalizzazione delle banche e dei principali asset industriali; la riduzione generalizzata degli orari di lavorosenza la quale è velleitario pensare che si possa venire a capo della disoccupazione; l’introduzione di una tassa strutturale sui grandi patrimoni dentro un sistema fiscale che restituisca progressività all’imposizione tributaria; l’assunzione di misure cogenti contro le delocalizzazioni di impresa e la reintegrazione dei diritti del lavoro espropriati dalla crociata antioperaia oggi in corso; la ridefinizione delle regole della finanza e degli scambi commerciali a protezione del lavoro.
Tutte queste misure implicano certo rapporti di forza che oggi sono molto lontani dalla realtà. Ma questa è una proposta che parla chiaro all’esercito dei proletari e alle forze intellettuali sane di questo paese e indica una strada che nessuna destra e nessun riformismo possono fare propria o soltanto immaginare. E’ una proposta che può avere in sé la forza di rilanciare le lotte e dare il senso di una mobilitazione nazionale, ma non nazionalista, solidale, ma non corporativa, europeista, ma non prigioniera dei dogmi del monetarismo liberista».
–
Sandro Targetti
Roma 25 gennaio 2015
Convegno promosso dalla “sinistra NoEuro”
"la nazionalizzazione delle banche e dei principali asset industriali"Perfetto, forte, rivoluzionario del corso reale che ci ha portato alla catastrofe. E nemmeno poi tanto nuovo da potersi dire "inesplorato" (IRI).Il problema è però come farlo funzionare, più che come farlo.Cos'è cambiato in Italia e nel mondo da quell'epoca ormai "mitologica"? Cos'è che più si oppone al successo di questa scelta drastica?Il tasso di dipendenza finanziaria?L'involuzione dei partiti e della politica tutta?L'infiltrazione mafiosa nelle istituzioni pubbliche, in parallelo a quella dei centri di potere economico, in reciproco rafforzamento?Si tratta allora di prendere in blocco questi ed altri danni strutturali, per compararli con quelli dell'ideologia iperliberista realizzatasi nell'euro e nel suo funzionamento.Se la bilancia pende da quest'ultima parte, come credo, vuol dire che questo programma ha buone possibilità di riuscita, nel concreto, rapporti di forza politica a parte. Infatti il risanamento si autopotenzia grazie all'intreccio multiplo di cause-effetti.