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“RIPRESA”: PREVISIONI O DIVINAZIONI?

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[ 11 marzo ]

Qual’è la notizia più importante sfornata ieri? 

E’ il dato ISTAT sul calo della produzione industriale: a gennaio è tornata a calare registrando una contrazione del -0,7% su dicembre e del -2,2% rispetto a gennaio 2014.  Le diminuzioni maggiori si registrano nei comparti della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (-8,1%), delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-5,7%) e della fabbricazione di macchine e attrezzature (-5%).
Il tonfo della produzione industriale è ancor più significativo visto se si tiene conto del balzo all’in sù (+ 16,1%) dei mezzi di trasporto.

Vengono così clamorosamente smentite tutte le sirene renziane e non solo che da mesi strombazzavano come certa la “ripresa”. 

Tra queste sirene di Sua Maestà Il Capitale ricordiamo quella del Centro Studi della Confindustria, che solo il 5 febbraio scorso (andando in soccorso al governo Renzi) aveva pomposamente affermato che nel 2015 l’economia italiana avrebbe segnato una “ripresa” del 2,1%! Il Centro studi del padronato eurista era anzi stato preciso, indicando i fattori che avrebbero giustificato la fine della recessione:  un +0,6% per il calo del prezzo del petrolio, un +0,5% per le stime della crescita del commercio mondiale e quindi dell’export, un +0,8% dal deprezzamento dell’euro, un +0,2% dall’ulteriore calo dei tassi di interesse.

Ora invece la doccia fredda del dato ISTAT.

Si spiega così come mai, su Il Sole 24 Ore di oggi, non si trovi alcuna traccia dei dati non smentibili forniti dall’ISTAT. Meglio tacere, anzi censurare quando non si sa cosa dire.

A dimostrazione che in molti casi, quelle che ci vengono spacciate pre previsioni scientifiche, sono null’altro che panzane, quelle che una volta erano chiamate divinazioni, presentimenti oracolari, nient’altro che chiaroveggenze.

Nel frattempo giungono due notizie. 

La prima è che l’asta della Bce, dopo l’avvio il 9 marzo del Quantitative easing, ha fatto flop: gli acquisti da parte delle banche sono stati molto più bassi del previsto. La seconda è che malgrado il “bazooka della Bce” fosse annunciato da tempo, in Italia siamo ancora in piena stretta creditizia. Bankitalia afferma che nel primo mese del 2015 la contrazione dei prestiti è stata dell’1,8% contro il -1,6% di dicembre. 


Male anche gli affidamenti alle imprese: peggiorano: dal -2,3 al -2,8%. Ciò a fronte della massa di sofferenze bancarie che è cresciuta del 15,4%.

Conclusione: i capitalisti privati non investono, le banche non danno soldi alle imprese in difficoltà, la “ripresa” non si vede… e il Jobs act non farà il miracolo.

3 pensieri su ““RIPRESA”: PREVISIONI O DIVINAZIONI?”

  1. Anonimo dice:

    Ok, ma la contrazione dei prestiti a gennaio non c'entra una mazza con il qe che è partito ieri.Gli effetti si vedranno fra qualche mese quindi su quello bisogna aspettare x giudicare.Nel frattempo la classe media benestante ha teoricamente la possibilità di guadagnarci molto con una borsa che promette buoni risultati nel medio periodo.Si prevede un ritracciamento fino a aprile ma il trend viene visto al rialzo.Siccome l'unica speranza per la sinistra è che la classe medio alta (in politica sarebbero Fassina, Civati etc etc) decida di opporsi al regime, il fatto che in sostanza continuino a guadagnarci significa che il nuovo schieramento auspicato da Porcaro farà molta fatica a nascere.I fatti chiave restano l'esito delle trattative con la Grecia e il risultato delle consultazioni elettorali di quest'anno in vari paesi dell'unione.

  2. Anonimo dice:

    Sul fatto che la prima presa di coscienza politica (se avverrà) sarà quella della classe media – che quindi dovrà decidersi di rivolgersi al popolo elaborando determinati ideali di cui però allo stato non si vede nemmeno l'ombra – c'è questo brano da un post di Bagnai sul suo blog ne Il Giornale:"La seconda considerazione è egoistica. Io sono classe media. Un mondo nel quale chi è ricco diventa sempre più ricco e porta i soldi alle Cayman, e chi è povero diventa sempre più povero ed entra nell’Inferno degli incapienti, è un mondo nel quale le tasse le pagherò solo io e quelli come me. E siccome siamo sempre di meno (perché se pochi stanno diventano ricchissimi, moltissimi stanno diventando poveri), noi classe media ci troveremo a dover sostenere un carico fiscale sempre maggiore. Sintesi: un mondo più disuguale è anche un mondo nel quale il fisco è costretto ad accanirsi sulla classe media (con l’avallo teorico di Piketty, per il quale chi ha una casa è un capitalista). Per chi come me ha la (s)ventura di appartenere alla classe media, combattere la disuguaglianza quindi non è un fatto sentimentale: è l’esito scontato di un’analisi razionale ed egoistica delle dinamiche in atto."Il piccolo dettaglio è che combattere la disuguaglianza, come dice Bagnai, implica che proprio la classe media dovrebbe fare delle concessioni ai lavoratori; soprattutto, e questo è l'ostacolo maggiore forse insormontabile, dovrebbe rinunciare a quello che è il suo unico obiettivo di classe e cioè il mantenimento della rendita di posizione a favore di una vera mobilità sociale e quindi di un ricambio delle élites.Qui è il nodo impossibile da sciogliere che genera l'impasse politica a cui stiamo assistendo dal 2007 (ormai quasi otto anni!).Chissà se qualcuno si deciderà mai a parlarne…

  3. Anonimo dice:

    Sul balletto delle previsioni sballate segnalo:http://www.economy2050.it/previsioni-pil-italiano-2015/

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