LA CGIL CONTRO IL JOBS ACT? ALLORA PERCHÉ…. di Giorgio Cremaschi
Con la firma dei contratti del commercio e dei bancari la Cgil, fieramente schierata contro il Jobs act, lo ha nei fatti sottoscritto, applicato e persino interpretato creativamente.
Il contratto del terziario peggiora i due contratti precedenti che la Cgil aveva avuto il coraggio di non sottoscrivere. Si potrebbe fare un elenco di tante piccole e grandi angherie verso i lavoratori che vengono confermate, ma credo basti sottolineare che il lavoro domenicale diventa regola e obbligo.
Il Jobs act prevede il demansionamento, cioè la possibilità per la aziende di degradare i lavoratori. Il contratto del commercio lo permette in via anticipata, cioè si potranno assumere a termine disoccupati con due qualifiche al di sotto della mansione effettivamente svolta. Cosa non si fa pur di dare lavoro, Poletti e i supermercati sono commossi.
Naturalmente gli enti bilaterali, cioè gli strumenti del peggiore consociativismo sindacale , e mi fermo qui, vengono rafforzati. Quello di fare enti è l’unico diritto che resta, perché è dei sindacati e non dei lavoratori.
Se il contratto del commercio è soprattutto il veicolo di ogni flessibilità a carico di chi lavora, quello dei bancari corre in soccorso di una esigenza di fondo delle imprese, quella di tagliare il personale e ristrutturarsi con meno costi possibili. Uno privilegia la flessibilità in entrata, l’altro quella in uscita, ma la logica è sempre la stessa.
Tutti sappiamo che la politica economica dei governi italiani ed europei ha un occhio di particolare riguardo per il sistema bancario, che viene sostenuto in tutti i modi con i nostri soldi. Lo stesso sostegno ai poveri banchieri lo fornisce per la sua parte l’accordo appena sottoscritto. Le banche potranno più serenamente licenziare, perché assumono l’impegno di prendere in considerazione i licenziati per eventuali nuove assunzioni. Hanno il via libera per le terziarizzazioni in tante belle newco, realizzate magari con la fusione di quelle banche popolari scalabili grazie alla riforma di Renzi. Si riducono i costi ed il valore della liquidazioni dei dipendenti così le banche risparmiano, ma per dare un contentino si afferma che i lavoratori dismessi in nuove società continueranno ad avere l’articolo 18. È qui c’è una mela avvelenata perché con questa clausola il contratto dei bancari riconosce di fatto il rapporto di lavoro a tutele crescenti. Se infatti si esclude di applicarlo ai terziarizzati e solo a quelli, si accetta che sia pienamente applicabile a tutti gli altri che verranno assunti. Come sempre le eccezioni confermano la regola. È questa la realizzazione di quanto il gruppo dirigente della Cgil aveva promesso nelle piazze del 12 dicembre scorso? La lotta al Jobsact si riduce a individuare le persone esentate dai suoi danni?
Questi contratti distruggono bel pò di diritti in cambio di un aumento di 85 euro lordi distribuiti su diversi anni. Un aumento mensile di 13 euro netti nella busta paga ogni anno non mi pare uno scambio equo rispetto a ciò che i lavoratori restituiscono. In effetti per un dipendente di un grande magazzino e di una banca sarebbe molto più conveniente vedersi prolungare il contratto precedente con zero aumenti, piuttosto che un rinnovo come questo. Ed infatti sono le aziende che festeggiano gli accordi.
Perché allora i grandi sindacati firmano queste porcherie? Semplice, lo fanno per sopravvivere come grandi organizzazioni burocratiche, ma questo loro modo d’agire finisce proprio per rafforzare Renzi e le sue politiche.
Ma ancora state appresso ai confederati?I padroni fanno i padroni, è il mestiere loro cercare di fregare il lavoratore.I sindacati invece dovrebbero tutelarli i lavoratori, dovrebbero contrattare maggiori diritti con lo scopo finale di arrivare a un tipo di gestione aziendale in cui anche i dipendenti hanno voce in capitolo.Invece hanno mercanteggiato sui piccoli privilegi di categoria scaricando sui precari (e giustamente osserva Cremaschi che alla lunga il giochetto idiota ha finito per ritorcersi anche contro gli iscritti col posto fisso) arrivando addirittura a mettere le categorie all'interno della stessa azienda una contro l'altra.Ma d'altra parte il sindacato è solo lo specchio della mentalità dei lavoratori…capisco che il mio discorso possa essere irritante per qualcuno ma la verifica è semplicissima: se vedremo una reazione dei lavoratoti uniti – fra fissi e precari, fra differenti categorie anche se in competizione dal punto di vista dei benefici contrattuali – mi sarò sbagliato. Se invece la gente non riempirà le piazze contro il jobs act, se alle elezioni continuerà a vincere il PD e a crescere l'astensionismo dei fessi sarà la prova che il colpevole non sono tanto "i politici di merda" o "i sindacalisti del cazzo" e nemmeno "le perfide oligarchie tecnocratiche" ma solo ed esclusivamente il popolo definitivamente rimbecillito.