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SE VAROUFAKYS PERDE L’EURO ANDRÀ SUPERATO di Stefano Fassina

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[ 2 aprile ]

Pubblichiamo ampi stralci dell’introduzione del deputato Pd Stefano Fassina a “Una modesta proposta per risolvere la crisi dell’euro” (Asterias), di Yanis Varoufakis, James K. Galbraith e Stuard Holland.*

«La Modest proposal for resolving the eurozone crisis uscì per la prima volta nel novembre 2010 a sola firma di Yanis Varoufakis e Stuart Holland. Il primo, allora era un semisconosciuto brillante economista eterodosso greco, professore ad Atene e all’Università del Texas. Ora è il ministro delle Finanze del governo Tsipras, dopo essere stato il più votato tra gli eletti al Parlamento di Atene nelle elezioni di gennaio come indipendente nelle liste di Syriza. Il secondo è stato una figura di primo piano del Partito laburista del Regno Unito, consulente tra l’altro di Jacques Delors nell’elaborazione della proposta di eurobond.
La versione 4.0 della modest proposal al luglio 2013, oltre ai primi due autori, ha il contributo anche di James K. Galbraith, economista keynesiano dell’Università del Texas. Le quattro articolazioni della modest proposalrispondono a quattro dimensioni della crisi dell’eurozona: la crisi bancaria; la crisi del debito; la crisi degli investimenti; la crisi sociale. Il denominatore comune alle quattro risposte è la loro portata – apparentemente – limitata, ossia la loro fattibilità a trattati europei vigenti e a statuto della Banca centrale europea dato.
La Bce può ancora fare molto per il debito
Per spezzare il cortocircuito tra crisi bancaria e crisi del debito sovrano, la prima proposta prevede il trasferimento allo European Stability Mechanism (Esm) e alla Bce del controllo e della gestione delle istituzioni finanziarie in difficoltà. E questo fa venir meno, per la risoluzione dei problemi delle banche in dissesto, la condizione necessaria, prevista a regolazione vigente, dell’avvio da parte dello Stato interessato di un complessivo Programma con la Troika. La seconda proposta riguarda il debito pubblico: la Bce, in linea con la premessa di evitare soluzioni politicamente impraticabili, rispetta il divieto statutario di acquisto diretto o di garanzia di titoli di debito sovrano, ma per conto di ogni Stato dell’eurozona emette titoli sostitutivi della quota di debito pubblico sotto la soglia di Maastricht. Poi accende un prestito bancario a tassi leggermente superiori a quelli da essa spuntati sul mercato. Così riduce la spesa per interessi gravante sui bilanci pubblici.
La caduta brutale degli investimenti pubblici e privati, causa decisiva della carenza di domanda aggregata nell’eurozona, è oggetto della terza proposta. Viene definito l’Investment-led Recovery and Convergence Programme finanziato dai titoli emessi congiuntamente dalla Banca europea per gli investimenti (Bei) e dal Fondo europeo di investimento. La prima istituzione alimenta investimenti nella sanità, nell’istruzione e formazione, nella rigenerazione urbana e nelle green technology. Il secondo, oltre a co-finanziare gli investimenti della Bei, interviene attraverso un venture fund nel capitale delle piccole e medie imprese e punta a sopperire le difficoltà di accesso al credito bancario. La proposta rimane valida nonostante l’avvio del Piano Junker, piano virtuale in quanto limitato dall’enorme leva finanziaria costruita per far fronte all’assenza di risorse effettive.
Infine, la quarta proposta affronta la crisi sociale. Lo strumento per intervenire sulle emergenze nutrizionali e sulla necessità minimali di consumi elettrici è l’Emergency Social Solidarity Programme. Originale la soluzione per il reperimento delle risorse: in una prima fase, gli interessi maturati sugli attivi di Target2 (il sistema di pagamenti tra le Banche centrali dell’eurozona) e i profitti raccolti dalla Bce attraverso le transazioni sui titoli di debito pubblico.
Atene e sinistra, la stessa parabola
Riflettere oggi sulle proposte di Varoufakis e dei suoi colleghi è, ovviamente,  altra cosa rispetto a una riflessione a ridosso della loro ultima pubblicazione o comunque in una fase precedente alla vittoria di Syriza nelle elezioni del 25 gennaio scorso. Come risulta chiaro nel negoziato nell’eurogruppo con il governo Tsipras, a Bruxelles domina impertubabile la narrazione della ricetta giusta e del malato riottoso. Ma la via alla crescita dell’economia e dell’occupazione attraverso la svalutazione interna, mediante austerità e taglio dei redditi del lavoro, è impossibile in quanto generalizzata. Può portare al pareggio o al surplus della bilancia commerciale, ma soltanto al costo di drammatiche contrazioni del prodotto interno e dell’impennata, fino al rischio default, del debito pubblico.
Yanis Varoufakis vive sulla sua pelle di neoministro delle Finanze greco l’irrealismo delle limitate proposte disegnate da accademico attento ai dati di realtà. A Bruxelles e in tante capitali dell’eurozona si insiste sui problemi strutturali della Grecia che pre-esistevano gli inteventi della Troika. Si chiudono, invece, gli occhi di fronte al fatto che la cura, ingoiata in sospensione di democrazia, ha aggravato la malattia.
La parabola greca e della sinistra prospetta un destino comune alle democrazie e alle sinistre dell’eurozona. La democrazia, la politica e la sinistra non hanno fiato nella camicia di forza liberista dell’euro. La gabbia mercantilista dell’eurozona aggrava gli squilibri nelle democrazie nazionali e lo schiacciamento della soggettività del lavoro determinati dai mercati globali. Gli effetti negativi, sebbene generali, sono asimmetrici: maggiori per i Paesi meno competitivi; e, dentro ciascun Paese, maggiori per il lavoro subordinato e debole, dipendente, precario, a Partita Iva o per le piccole imprese. Insomma, nell’eurozona non c’è alternativa alla svalutazione del lavoro, al rattrappimento delle classi medie, al collasso della partecipazione democratica.
Allora, è ineludibile la discussione sul superamento cooperativo della moneta unica, ossia su un accordo per arrestare un meccanismo che porta alla rottura caotica.
Le debolezze a difesa della moneta unica
È possibile che nessun governo esprima “eroi della ritirata”, come Hans Magnus Enzesberger definisce Gorbaciov e i boss del socialismo reale che guidarono la fine dell’impero sovietico senza spargimenti di sangue.  È possibile quindi che prevalga l’arroccamento delle classi dirigenti dei Paesi in difficoltà intorno alla linea del Paese leader. E chei governi miopi e media al seguito degli interessi più forti continuino a raccontare che, grazie all’ulteriore colpo alle condizioni del lavoro, al disperato Quantitative easing della Bce e alla connessa svalutazione dell’euro, la luce in fondo al tunnel incominci a intravvedersi.  È possibile che, in uno scenario di rassegnata stagnazione, si sopravviva per un po’.

Ma l’iceberg è sempre più vicino per l’euro, per la democrazia e per la sinistra».

3 pensieri su “SE VAROUFAKYS PERDE L’EURO ANDRÀ SUPERATO di Stefano Fassina”

  1. Anonimo dice:

    Capisco il realismo, ma il riferimento a Gorbacev vero smantellatore dell'URSS che guidò l'intero blocco verso la completa sottomissione agli USA mi pare del tutto inappropriato. Di Gorbacev che ci mettono sotto il dominio atlantico ne abbiamo purtroppo fin troppi.

  2. Anonimo dice:

    Anzi, aggiungo che il ruolo di riformatore-smantellatore che fu di Gorbacev qui lo ricopre perfettamente Renzi. Non solo, la tempesta moralizzatrice che si sta abbattendo con non sorprendente tempismo sulla irrequieta sinistra PD metterà Renzi nella posizione di chi vuole riformare e viene ostacolato dai corrotti, con i tiepidi ribelli spinti indotti a più miti consigli.Dopo Renzi-Gorbacev mi chiedo chi sarà lo Eltsin di noi altri … e tremo al pensiero.

  3. Anonimo dice:

    Di Gorbacev che ci mettono sotto il dominio atlantico ne abbiamo purtroppo fin troppi.Ma il guaio supplementare è che siamo già servilmente sottomessi fin nei minimi dettagli (basi militari, industre e grandi imprese già privatizzate, riforma Fornero per pensioni e lavoro, job-act, disoccupazione massiccia, delocalizzazione alla grande, Costituzione rosicchiata fino all'osso, ecc.)Cosa ci manca ancora?Istituzione del mercato ufficiale degli schiavi ogni settimana, eutanasia obbligatoria per gli indigenti, facoltativa per sfrattati e disoccupati cronici e via così.Tout va très bien, madame la marquise ….

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