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ARDITI DEL POPOLO. SOVVERSIVI, RIBELLI E ANTIFASCISTI di Marco Mainardi

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[ 3 maggio ]

Volentieri pubblichiamo ai lettori questo saggio di Mainardi, che sul fenomeno della “prima resistenza antifascista” dice non solo l’essenziale, ma la verità.

·       “E quando anche l’ultimo di noi non ci sarà più, se racconteranno altre storie, se tenteranno di manipolare i fatti beh! Resistete per noi. Nessun passo indietro! Toccherà a voi.” 
Zaccaria Verucci – Partigiano
·       
·       “Quando il proletariato, ormai stanco di soffrire e di vedersi portar via tutto, costituì quel magnifico organismo di difesa, che sono gli Arditi del Popolo, sorsero i capi Confederali e gli autorevoli delle varie tendenze politiche riformiste, a sconfessare quello che era lo spontaneo movimento proletario, determinato dall’impellente bisogno di salvare almeno la vita.” 
Guido Picelli – 1922.     
     
Premessa

Il presente lavoro prende le mosse da quella fase storica degli anni venti, chiamata “contro rivoluzione preventiva”, che dispiegherà tutta la sua virulenza antiproletaria. Una fase storica voluta scientemente dalle classi dirigenti e padronali per rivalsa nei confronti delle organizzazioni operaie, dopo la sconfitta del biennio rosso e delle occupazioni delle fabbriche e delle terre, nonché per l’affievolirsi di una possibile rivoluzione in Italia.

INTRODUZIONE

Al di là del dibattito storiografico sul fenomeno degli Arditi del Popolo (che rimandiamo ai testi citati nella bibliografia essenziale, vedi più sotto), una cosa va detta subito sottolineando una frase di un antifascista, di un partigiano poi Presidente della Repubblica, Sandro Pertini: “La Resistenza non ha inizio l’8 settembre 1943, bensì nel 1921.” 
E tra gli iniziatori, per l’appunto, ci furono gli Arditi del Popolo, un’organizzazione militante che si caratterizzò per il suo antifascismo d’azione, per la sua trasversalità politica all’interno del movimento proletario, per la sua rapida espansione e un nutrito consenso ma, purtroppo, anche per il suo rapido declino.

Gli Arditi del Popolo furono i figli legittimi, ancorché disconosciuti da tutti, di quel complesso laboratorio politico-sociale definito diciannovismo entro il quale presero forma il fascismo e il Biennio Rosso, l’autonomia operaia dei Consigli Operai ma anche l’uso della forza quale nuova strategia politica, non episodica, in una prospettiva rivoluzionaria.Laboratorio che introdusse nuovi modi, nuove forme, nuove tecniche di azione e comunicazione politica, rendendo protagoniste le masse. Il territorio, la strada, la fabbrica, la piazza non più come manifestazione di rito ma come azione diretta, di lotta, per interdire il nemico. Fenomeno che portò alla rottura nei confronti di tutte le tradizioni politiche della democrazia borghese ma anche del movimento operaio ufficiale e che preparerà il terreno, da lì a poco, alla guerra civile tra fascismo e movimento proletario.
   
Un’organizzazione, gli Arditi del Popolo, che per le sue caratteristiche di provenienza si attirò sospetti, accuse di ogni sorta, ma che, soprattutto, fu abbandonata e ostracizzata nel momento in cui forse era ancora possibile battere il fascismo.  
 Non vogliamo sposare, aprioristicamente, determinate tesi interpretative storiografiche sul fenomeno dell’arditismo antifascista (benché ci sembra di potere affermare che alcune non ne disconoscano altre), vogliamo semplicemente ricordare un pezzo importante dell’antifascismo, poco conosciuto e volutamente occultato, offrendo spunti di riflessione, ricerca e approfondimento. A tal proposito, parafrasando una forte e diretta affermazione di Del Carria, sembra venuto il momento di fare conoscere un antifascismo altro, messo in ombra, al di là dei canoni della storiografia ufficiale.  “Scrivere la storia degli Arditi del Popolo vuol dire scrivere la storia dell’antifascismo militante fuori dagli schemi della democrazia parlamentare borghese”. (in Proletari senza rivoluzione Ed. Savelli Milano 1975).

Significativo, sul fenomeno degli Arditi del Popolo, è ciò che scrive Marco Rossi nel suo Arditi, non gendarmi! (BFS Edizioni- Pisa) e che descrive la metodologia usata sia dalla storiografia di destra sia dalla storiografia di sinistra, nell’approcciarsi all’argomento:  
Per la storiografia legata alla Destra, nonostante i declamati ”revisionismi”, rimane inammissibile che degli ex combattenti, per di più veterani dei Reparti d’Assalto, non solo si sottrassero alla strumentalizzazione mussoliniana del loro disagio di reduci, ma vi si opposero anche con le armi, contendendo al fascismo, assieme alle bandiere nere, l’eredità “spirituale”dell’arditismo di guerra. Per gli storici che si identificano con la Sinistra, seppure con qualche accento autocritico per l’isolamento cui questa li condannò, gli Arditi del popolo restano un fenomeno non compreso e guardato con sospetto sia per il loro passato militarista sia per il carattere ”estremista” che assunse la loro azione.    
Se gli Arditi del Popolo ebbero un limitato “orizzonte politico” è pur vero che i dirigenti del movimento operaio dell’epoca – fatta eccezione per Antonio Gramsci e pochi altri – , dall’alto delle loro elaborazioni teoriche, non seppero valutare adeguatamente il fenomeno fascista. Il nullismo dei socialisti riformisti e massimalisti impedì di sfruttare il consenso di molti ex combattenti che, nel frattempo, si avvicinavano al PSI. L’Avanti! nel 1919 scriverà: “ non per la giustizia si è combattuto, ma per gli interessi del commercio britannico, per il petrolio, per le colonie: la guerra è la continuazione dello sfruttamento con altri mezzi. … Solo i socialisti sono puliti, poiché essi soli furono contro la guerra: la scheda socialista è la sola che non sia macchiata di sangue” ma il pacifismo esasperato impedirà la conquista strategica e politica degli ex combattenti; il settarismo del PCdI, l’accondiscendenza di altre forze politiche – liberali e popolari – e istituzionali diedero l’agio alla repressione di stato e al fascismo di vincere. 
Fu consegnata nelle mani di Mussolini, una considerevole massa di scontenti che poteva essere conquistata, diversamente, alla rivoluzione  proletaria. E allora all’organizzazione dell’arditismo popolare va, comunque, riconosciuto il merito, di essere stata tra le prime ad aver combattuto, quanto meno sul piano militare – con l’utilizzo della forza per la difesa, il fascismo e in alcuni casi di avere vinto!  A dimostrazione che una possibilità vi era.      
Argo Secondari, fondatore degli Arditi del Popolo

 LE ORIGINI – DALLA TRINCEA ALLA PACE

Il movimento ardito popolare nasce in un momento in cui la violenza fascista, ormai al soldo degli industriali e degli agrari, si dispiega in un crescendo drammatico. Il movimento proletario, colpito da aggressioni, lutti e massicci licenziamenti, non è organizzato in alcun modo, tranne casi isolati. Versa in ritirata, è scompaginato, cade in depressione. Mentre le squadre fasciste sono ben foraggiate, il movimento proletario è sulla difensiva. Scriverà Giacinto Menotti Serrati: …….”Tutto il basso fondo sociale si è armato di rivoltelle e di pugnale, di moschetti e di bombe a mano, si è inquadrato, si è assoldato a venti-trenta lire al giorno e vive della caccia al socialista…” (Lettera inviata a Jacques Mesnil il 28 aprile 1921). Anche i comunisti, sullo squadrismo fascista, scriveranno: “Lo Stato interviene, gli arresti in massa spezzano la resistenza operaia. Anzi, il governo appoggia l’azione fascista coll’imporre il disarmo delle due province emiliane. S’intende che a deporre le armi è il solo proletariato nelle modeste stanze del quale carabinieri e polizia frugano, battono, rompono…Lo Stato ritira in tal modo5000 fucili, migliaia di rivoltelle, pugnali, baionette, munizioni, bombe, proiettili in grande quantità. I fascisti hanno i loro depositi nelle ville dei signori, nei magazzini militari, quindi restano armati, aumentano di prepotenza.”. (Documento sequestrato al PCI dalla polizia nel 1923, dal titolo: ”La guerra civile 1919-1922). (in: “Storia del PCI” di Paolo Spriano, Vol.1 Da Bordiga a Gramsci/Parte prima)         
Gli Arditi del Popolo furono fondati, a Roma, dal tenente dei reparti d’assalto, ardito e anarchico Argo Secondari, insieme ad altri arditi. Essi nacquero dalla scissione dell’Associazione Nazionale Arditi d’Italia, l’associazione di ex combattenti.
La maggioranza degli arditi di guerra proveniva dalle fila dell’interventismo democratico, repubblicano e sindacalista-rivoluzionario; In gran parte giovani del ceto medio piccolo borghese, che vedevano la guerra come la giusta continuazione dell’ideale risorgimentale contro gli imperi centrali, premessa a uno sconvolgimento rivoluzionario.
La parabola politica degli ex arditi di guerra, nel primo dopo guerra, fu controversa e altalenante ma alla fine si risolse – soprattutto per la svolta conservatrice e reazionaria del fascismo – con un deciso schieramento di campo: quello proletario. Molti di essi furono fascisti sansepolcristi della prima ora nell’immediato dopo guerra, dannunziani nel 20, antifascisti nel 21.
Un periodo storico dove si svolge una ” ….parabola politica e umana compiuta da migliaia di giovani – soprattutto piccolo borghesi per condizione sociale – dall’interventismo rivoluzionario all’internazionalismo proletario”(in E. Francescangeli: Arditi del Popolo. Argo Secondari e la prima organizzazione antifascista 1917-1922. Ed. Odradek).
Personaggi illustri percorsero tale esperienza, tra questi il Gramsci di “Neutralità attiva e operante” e coloro i quali divennero successivamente capi della Resistenza: Nenni  – fondatore peraltro nel 1919 a Bologna del Fascio di combattimento – e Togliatti. Aspetto che sta a dimostrare come il ribellismo del primo dopo guerra fosse difficilmente classificabile, in assoluto, come fenomeno solo reazionario precursore del fascismo.  Percorso politico- esistenziale che, con dovuti distinguo, troverà analogie nella generazione antifascista successiva, quella degli anni quaranta: fascismo, resistenza, liberazione.

ARDITI DEL POPOLO: LA NASCITA

Gli Arditi del Popolo nascono a Roma nel giugno del 1921 dopo essersi staccati dall’Associazione Nazionale Arditi d’Italia. L’obiettivo, fin da subito, fu quello di contrastare le violenze dei fascisti sul loro terreno. La loro apparizione fu accolta molto favorevolmente dal movimento proletario vessato dallo squadrismo fascista. A onore del vero fin dall’inizio del 21 si organizzano squadre antifasciste armate (Guardie rosse a Torino – già protagoniste delle occupazioni delle fabbriche –, Lupi rossi e Figli di nessuno a Genova, Arditi rossi) ma le stesse risultarono poco efficaci perché tra loro isolate. Esse confluiranno in gran parte, dopo la fondazione, proprio negli Arditi del Popolo. Anche il PCdI e la sua organizzazione giovanile nel febbraio dello stesso anno progettarono la creazione di squadre paramilitari.
 “Lavoratori! La sacra unione delle forze lavoratrici, largamente rappresentata dagli ex combattenti è ormai un fatto compiuto. Il movimento dei lavoratori esce dalla prova del fuoco ed esce superbo, assolutamente inattaccabile dalle minoranze faziose e guerrafondaie. Esso vuole intraprendere il compito di concordia ed intende fronteggiare con la maestà delle sue forze ogni manipolo che con azione extra legale o legalizzata tenti portare il subbuglio nell’organismo sociale od osi perpetrare lo stato di guerriglia presente: strage ed esautoramento voluto dai poteri responsabili. Mentre il Paese viene mantenuto a bella posta nel caos, la diplomazia, benché sconfessata crea nuovi irredentismi e vi prepara nuove guerre obbligatorie. Contro chi ha tentato monopolizzare i nostri sacrifici di 4 anni di guerra e del dopoguerra, si erge in questi giorni tutta la maggioranza del popolo italiano. Contro chi travisò il movimento dei combattenti e profanò per le piazze e i nomi nostri più cari, contro chi ora cade nella sua stessa perversità si leva tutta la gioventù combattente e incontaminata d’Italia. Lavoratori! Contro la borghesia mandataria e fautrice di movimenti reazionari e conservatori e che vanamente appoggiandosi ad una plutocrazia nazionale e internazionale, nella sua stoltezza si aliena persino le simpatie delle forze armate  a sua difesa, contro la borghesia capitalistica, sfruttatrice si levino ancora oggi tutti i lavoratori del braccio e del pensiero. Combattenti, arditi del popolo! Riprendete la marcia in avanti verso il destino immutabile, intraprendete la lotta per la vita, per l’elevazione morale ed economica; lotta nazionale nei fini pratici, internazionale come fine ideale. Vittoria a tale compito giusto e umanitario, sarà immancabile.”     Un gruppo di Arditi. Roma. (Manifesto del 6 luglio 1921 che sancisce la scelta di campo degli Arditi del Popolo, a fianco della classe lavoratrice e a tutela delle sue istituzioni.)             

Gli Arditi del Popolo sorsero in alcuni casi autonomamente, in altri appoggiandosi alla Lega Proletaria (M.I.R.O.V. mutilati invalidi reduci orfani vedove. Associazione di ex combattenti nata a Milano nel 1918, legata alla Confederazione Generale del Lavoro e vicina al PSI; già sintesi, in nuce, dell’auspicata unione tra fabbrica e trincea, tra combattentismo e movimento operaio) e ad altre formazioni paramilitari già esistenti (Arditi Rossi). Anche le Camere del Lavoro guidate da repubblicani e sindacalisti rivoluzionari diedero un fattivo appoggio alla loro nascita. Comportamenti che mostrano come l’avvicinamento tra combattenti e movimento operaio fosse una necessità per battere la reazione già in corso. Necessità strategica che i dirigenti dei partiti di sinistra non vollero e seppero capire.
La loro apparizione destò preoccupazione nel Governo Bonomi (Presidente del Consiglio dal 4 luglio 1921 al 26 febbraio 1922, nonché ministro ad interim degli Interni ed Esteri), in quanto metteva in forse l’idea di “patto di pacificazione” tra socialisti (riformisti e massimalisti) e fascisti (patto che collocava sullo stesso piano la violenza sempre più montante, sistematica, aggressiva e antiproletaria dei fascisti e l’auto difesa delle organizzazioni proletarie), che fu poi realmente siglato il 3 agosto 1921.
“sul serio parlare di pacificazione tra gente che non ha altro programma che quel di incendiare, bastonare ed uccidere ed altra che con la prima non ha altri rapporti che quello d’essere martoriata. … Se i fascisti fossero sul serio intenzionati di por fine alla guerriglia, non ci sarebbe bisogno di alcun trattato di pace. Basterebbero smettessero di fare quel che fanno”(“Umanità Nova”, Dopo i fatti di Sarzana 26 luglio 1921).    
Il patto scellerato servì, in realtà, a lasciare mano libera ai fascisti e consentire la repressione delle organizzazioni armate antifasciste, da parte dello Stato. Uno Stato – anche nelle sue articolazioni repressive – già agonizzante e soccombente di fronte al fascismo che però, tragicamente e pericolosamente, manteneva il monopolio della violenza.
Il 6 luglio del 1921, un mese dopo la loro nascita, ci fu una grande manifestazione antifascista all’Orto Botanico di Roma, organizzata dal Comitato di difesa proletaria romano – CDP. Vi partecipano in massa gli Arditi del Popolo ed è il loro battesimo ufficiale.  L’Ordine Nuovo del 7 luglio, dal titolo “Imponente manifestazione proletaria romana contro i delitti e le violenze del fascismo. La sfilata degli Arditi del popolo” ne fa un dettagliato racconto:
Secondo le istruzioni impartite dal Comitato di difesa proletaria, costituito dai rappresentanti delle due Camere del Lavoro della capitale: quella confederale e quella sindacale, e dai rappresentanti dei 4 partiti politici sovversivi: comunista, socialista, repubblicano, libertario, l’intera massa operaia ha sospeso il lavoro nel pomeriggio, per prendere parte alla manifestazione contro le violenze fasciste e la reazione statale. Roma era come in stato d’assedio . Squadroni di cavalleria manovravano per tenere sgombro il piazzale intorno al Colosseo.Tutti gli sbocchi adiacenti erano sbarrati da fitti cordoni di guardie, dietro le quali stavano immediato rincalzo altri cordoni di agenti. I centri strategici romani sono stati pur essi fortemente presidiati. La truppa tutta consegnata. Gli ufficiali sono rimasti in caserma ai loro posti di comando. La radunata è stata imponente, indimenticabile: un monito veramente solenne al Governo e ai suoi complici. Prima ancora dell’ora fissata per il comizio, numerosi gruppi di operai affollano la sede della Camera del Lavoro e le vie adiacenti. Altri proletari attendono numerosi stesi sotto gli alberi dell’Orto Botanico. Intanto giungono nuovi operai, cosicché il verde dei prati scompare sotto una massa bruna illuminata dal sole che fa risaltare i drappi rossi. Ad un tratto scoppia un grande entusiastico applauso con grida di evviva. Sono gli arditi del popolo, militarmente inquadrati al comando di Argo Secondari, che giungono al comizio. E’impossibile dire quanti essi siano. Certo superano il migliaio e la loro apparizione produce non poca impressione. Gli arditi del popolo marciano al passo militarmente, agli ordini dei capicenturia. Gli arditi del popolo portano a spalla nodosi randelli e vere clave di legno grossolanamente foggiate. Questi arditi sono uomini di tutte le età, vi sono giovani imberbi e vecchi coi capelli bianchi: tutti visi risoluti. I comizianti assistono alla sfilata e alla manovra dei plotoni, plaudendo e acclamando “Viva gli arditi del popolo!”    
                  
Anche la Pravda del 10 luglio pubblica un articolo sulla manifestazione romana. Lenin, già in polemica con i dirigenti del PCdI, ne fu colpito favorevolmente e suggerì che quello era l’esempio da seguire.
 A Roma –afferma il dirigente bolscevico – ha avuto luogo un comizio per organizzare la lotta contro il fascismo, al quale hanno partecipato 50 mila operai, rappresentanti di tutti i partiti: comunisti, socialisti ed anche repubblicani. Vi sono andati 5 mila ex combattenti in uniforme militare, non un solo fascista si è azzardato a farsi vedere nelle strade (in E. Francescangeli).
Il 14 agosto L’Ordine Nuovo di Gramsci, molto vicino agli Arditi del Popolo, pubblica un appello dell’Internazionale Comunista, che guarda con favorevole interesse il fenomeno dell’arditismo popolare e che indica come esempio da seguire verso il fronte unico, auspicato proprio dall’internazionale stessa.
Nel momento in cui le guardie bianche ed i socialisti strettamente uniti vogliono procedere al disarmo dei lavoratori, i proletari di Roma danno il segnale della rivolta. Le eroiche vittime di Grosseto, sulle quali il nostro pensiero si sofferma sempre con ammirazione, hanno fecondato il nostro ardore con il loro sangue. Le decine di migliaia di lavoratori pronti all’ azione riuniti nell’Orto Botanico a Roma….mostrano la via al proletariato italiano (in E. Francescangeli). 

Pure gli anarchici videro di buon grado l’esordio degli Arditi del Popolo: “sapevamo che l’ora della rivincita non poteva tardare ed ecco arrivato il segno indubbio di un risveglio della coscienza popolare per un’azione concorde di difesa e di offesa rivoluzionaria”(Umanità Nova, Il significato di una manifestazione, 9 luglio 1921).            
 Immediatamente gli Arditi del Popolo, attivando una capillare rete di collegamento, si diffusero su tutto il territorio nazionale, pur mantenendo il centro nella capitale. L’organizzazione si regge su autofinanziamenti sottoscritti dagli stessi militanti.  Le sezioni che si formano sul territorio nazionale mettono in evidenza la prevalenza politica del luogo: senz’altro militanti della classe operaia e sovversivi e tra essi anarchici, comunisti, socialisti terzini, repubblicani, sindacalisti rivoluzionari e perfino, in alcune zone, popolari. L’eterogeneità dei militanti mostra la caratteristica fondamentale dell’associazione: ciò che tiene insieme queste persone non è il fattore politico-ideologico ma quello sociale di appartenenza ad una ben determinata classe. 
Le prime azioni militari vittoriose contro i fascisti, come le difese di Viterbo (10-11-12 luglio 1921) e Sarzana (17-18-21 luglio 1921), ingrossarono le fila degli arditi, dimostrando concretamente che le sconfitte dei fascisti si ebbero laddove movimento operaio e combattentismo rivoluzionario unirono i loro sforzi per fare “guerra alla guerra con la guerra”.
I luoghi che si opposero con successo allo squadrismo fascista, usando energicamente la forza, furono quelli dove forte era il proletariato portuale (Livorno, Genova, Piombino, Civitavecchia) e in quelle località (Parma, Ancona, Sarzana, Viterbo, Bari) dove vive sono le tradizioni anarchiche, sindacaliste rivoluzionarie e combattentistiche antifasciste, dove in pratica viene organizzata una intelligente unità del proletariato, senza pregiudizi e settarismi nei confronti di coloro i quali vogliono battersi contro la reazione. Per essere più espliciti, laddove queste compagini batterono lo squadrismo fascista è perché si organizzò una vera e propria resistenza di popolo, guidata dall’unità politico-militare di tutte le componenti rivoluzionarie, comprese quelle combattentistiche. Ad esempio la vittoria delle cinque giornate di Parma nell’agosto del 1922, a fascismo già vittorioso, si rese possibile per le capacità militari messe a disposizione da ex combattenti e per una genuina mobilitazione di popolo, dove l’uso della forza rispondeva non solo a “parole d’ordine insurrezionali” ma rientrava in un piano politico organizzativo reale e condiviso da tutto il movimento di resistenza, dove si capì che l’arma dello sciopero generale era ormai spuntata contro chi devastava e uccideva per la conquista del potere.       
Ma gli Arditi del Popolo non ricevettero sostegno alcuno da parte dei maggiori dirigenti della sinistra istituzionale dell’epoca.  Inoltre dovettero fronteggiare la repressione di tutti gli apparati dello Stato.

Il PSI diviso tra tradizione pacifista e il “si fa come in Russia”e sempre in attesa di un bell’e pronto Sol dell’Avvenire, non ponendosi il problema di una difesa militare né delle proprie strutture né di quelle sindacali, oltre ad avere scelto l’inutile linea di resistenza passiva fidando nell’intervento dello Stato, firmando il Patto di pacificazione, dichiarava – ancor prima della firma – la propria estraneità nei confronti degli Arditi del Popolo.
Sconcertante è quello che riuscì a dire Filippo Turati nel bel mezzo delle aggressioni fasciste: “Non raccogliete le provocazioni, non fornite loro pretesti, non rispondete alle ingiurie, siate buoni, siate pazienti, siate santi. Lo foste per millenni, siatelo ancora. Tollerate, compatite, perdonate anche. Quanto meno mediterete vendetta, tanto più sarete vendicati. E coloro che scatenano sopra di voi l’obbrobrio del terrore, temeranno dell’opera propria ” ( Messaggio di Turati ai contadini pugliesi, “Avanti!”  4 maggio 1921).
Il dramma era compiuto. Nel 1936, Emilio Lussu (ex ufficiale della Brigata Sassari, organizzatore nel 21 nel cagliaritano, delle camicie grigie, squadre antifasciste di ex combattenti), studioso dell’arte dell’insurrezione, dopo aver analizzato i fatti che portarono al potere il fascismo e quelli a lui contemporanei, profeticamente scrisse: “E il proletariato italiano, oggi, all’infuori della violenza, non potrà disporre di altri mezzi per la conquista del potere. Quanti pensano, creando combinazioni di stile parlamentare, di accelerare il processo di dissolvimento del fascismo, involontariamente non fanno che prolungarlo. Contro il fascismo italiano non v’è, in prima linea, che una classe: il proletariato; che una tattica: la rivoluzionaria” (in E. Lussu: “Teoria dell’insurrezione” Ed. Gwynplaine).    
        
Solo la frazione terzinternazionalista socialista (i terzini), composta da ex sindacalisti rivoluzionari ex ufficiali e da tutti quelli che aderiranno al PCdI – tra essi Guido Picelli (organizzatore, insieme ad altri, della battaglia di Parma), continuerà ad appoggiare l’arditismo popolare, partecipandovi attivamente. Paradossalmente i socialisti terzini furono in sintonia con l’Internazionale comunista e in contrasto con il PCdI.
Anche il neonato PCdI sotto la direzione di Amedeo Bordiga, pur convinto di opporre forza alla forza, sancì che la difesa proletaria doveva essere esclusivamente compito del partito, definendo gli arditi avventurieri, “nittiani”(Francesco  Saverio Nitti uomo politico italiano, eterno rivale di Giovanni Giolitti), nonché potenziali nemici. Il partito ordinò a tutti i comunisti di uscire dall’organizzazione ardito popolare e inquadrarsi nelle Squadre Comuniste d’Azione, da crearsi – con scarsità di risorse – ex novo.  Per ironia della sorte in diverse sezioni degli Arditi del Popolo i militanti comunisti erano la maggioranza degli iscritti. Per essi non ebbe senso abbandonare un’organizzazione avviata e attiva per costruirne una nuova. Rincarando la dose, invece, dirigenti di spicco del partito diffusero il sospetto che gli Arditi del Popolo fossero agenti provocatori appoggiati dai nittiani, più in chiave anti-Giolitti che in quella antifascista. Non tutti obbedirono agli ordini, molti militanti comunisti rimasero nell’organizzazione, mentre l’Ordine Nuovo di Gramsci, in un primo momento, continuò ad appoggiare il fenomeno degli Arditi del Popolo. In seguito il PCdI normalizzò forzatamente la situazione (minacciando espulsioni), attirandosi le critiche di settarismo da parte dell’Internazionale Comunista.

Vale la pena riportare ciò che scriverà Bucharin a Grieco alla fine di gennaio del 1922, sulla miopia del PCdI nei confronti degli Arditi del Popolo, accusati di essere nittiani:
….agli inizi avevamo a che fare con un’organizzazione (gli Arditi del Popolo, n.d.r.) di massa proletaria e in parte piccolo borghese che si ribellava spontaneamente contro il terrorismo fascista di Giolitti. A questo punto arriva Nitti con il suo seguito e – in assenza di un genuino capo popolo – si impadronisce del movimento. Dove erano dunque i capi effettivi della massa operaia? Dove erano in quel momento i comunisti? Erano occupati a esaminare con una lente di ingrandimento il movimento per decidere se era sufficientemente marxista e conforme al programma? Non lo crediamo. Ci pare piuttosto che il nostro giovane PCI in quel momento era troppo debole per potere dominare questo  movimento spontaneo. Può sorgere il dubbio che la posizione pedantesca, di principio, del partito di fronte al movimento degli “Arditi del Popolo” fosse causata da quella debolezza…. ( in E. Francescangeli).

Sulla “pretestuosa purezza” ideologica del PCdI, Bucharin, facendo riferimento alla rivoluzione dell’ottobre  del 1905 (sottolineando l’eterogeneità delle forze che vi parteciparono) e considerando l’arditismo antifascista come espressione di interessi comuni  tra proletariato e ceto medio rivoluzionario non assuefatto alla reazione, conclude ironicamente scrivendo:
“Per il nostro movimento è sempre più vantaggioso compiere errori con la massa che lontano dalla massa, racchiusi nella cerchia ristretta dei dirigenti di partito, affermare la nostra castità per principio” (in E. Francescangeli). 
A testimonianza della miopia assunta dai vertici del partito, un mese prima della marcia su Roma, sull’Ordine Nuovo del 28 settembre 1922, in opposizione alle direttive del PCdI, apparve il seguente appello: “ E’ necessario che i lavoratori, non si facciano delle illusioni. I comunisti sono disposti a combattere e lo hanno dimostrato ormai in troppe occasioni perché ciò possa essere messo in dubbio. Ma tuttavia senza l’intervento delle grandi masse la forza dei comunisti sarebbe infine certamente sopraffatta da quella di migliaia di fascisti giunti dalle altre regioni e protetti e aiutati dall’autorità statale. I comunisti possono, da soli, salvare il loro partito……ma non possono, da soli, difendere tutto il proletariato…” (in Storia degli Arditi del Popolo di A. Ceste e G. Torri Ed. Savelli). Ma ormai i giochi erano fatti.     

Socialisti e comunisti, chi prima chi dopo e con motivazioni diverse, respinsero l’alleanza tra movimento operaio e gli strati più agguerriti della media e piccola borghesia rappresentata dai combattenti. Non vollero capire che voler fare la rivoluzione significa coinvolgere tutte le classi della società e che essa è, come diceva Lenin, “un fiume in piena che raccoglie mille rivoli”. Soprattutto il PCdI non capì che per fare la rivoluzione doveva conquistare la massa del proletariato, avere una forza armata preparata e agguerrita, sfruttare le contraddizioni della borghesia e allearsi con il ceto medio rivoluzionario – avverso al fascismo – degli ex combattenti del dopo guerra.  
Altre forze della cosiddetta sinistra interventista (repubblicani, legionari fiumani antifascisti, sindacalisti rivoluzionari), pur senza divieti draconiani nei confronti dell’arditismo popolare, scelsero di dotarsi di proprie forze di difesa (Avanguardie repubblicane e Squadre d’azione repubblicane i repubblicani, Legione arditi proletari “Filippo Corridoni” i sindacalisti rivoluzionari e legionari fiumani antifa).

Contrariamente a quanto fecero i maggiori partiti del movimento operaio gli anarchici, nel dopo guerra, non persero i contatti con la massa degli ex combattenti e, seppure in posizione critica, neppure con gli ex legionari fiumani, considerati preziosi alleati in vista dell’auspicata rivoluzione proletaria:
“durante la guerra foste gli inconsapevoli strumenti del capitalismo internazionale: credeste di combattere per la guerra democratica, per la Società delle Nazioni ecc. ecc. ma come potete  constatare nessuna delle promesse fatte in tempo di guerra è stata mantenuta.   Riproduzione articolo de Il Libertario pag 215 e 216 Noi non deridiamo il vostro sacrificio, ma appunto perciò ci teniamo ad illuminarvi, onde cessiate di essere lo zimbello di una truffa senza precedenti nella storia; appunto perciò vi incitiamo a cancellare per altra via, e cioè unendovi alle classi operaie, ciò che invano avete atteso dall’opera dei governanti. Aiutateci a fondare la società degli uomini liberi di tutte le patrie, affratellati nel lavoro e nel godimento dei frutti del lavoro. Sarà questo il degno coronamento dei duri sacrifici impostivi dalla guerra.                                                           
Fate che la truffa di cui foste vittime, si ritorca contro i vostri nemici.                                                                    
Pace, pace fra gli oppressi.                                                                                                                        Guerra, guerra all’oppressore!” 
(Il Libertario Gli ex-combattenti, in Luigi Balsamini: Gli Arditi del Popolo Ed. Galzerano editore.) 

Gli anarchici dell’USI (Unione Sindacale Italiana) e dell’UAI (Unione Anarchica Italiana), insieme a Errico Malatesta, che si spese molto in loro favore, sostennero apertamente dall’inizio alla fine gli Arditi del Popolo, pur su posizioni diverse e di piena autonomia e nonostante lo spiccato antimilitarismo libertario.
“sono sorti in piedi, spinti da un generoso sentimento di solidarietà verso i fratelli lavoratori, sdegnati per lo scempio che si sta facendo di tutte le conquiste ottenute dal popolo in tanti anni di sacrificio e martirio, nauseati pel mercimonio osceno, per le turpitudini che si commettono in nome di quell’Italia alla quale essi hanno dato i giorni migliori della loro balda giovinezza, il sangue delle loro vene, il sudore delle loro fronti. Il loro gesto simpatico e virile ha avuto una eco in tutti i cuori dei lavoratori, ha suscitato l’entusiasmo delle masse, ha rinfrancato gli animi fiaccati da tante bassezze e da tante delusioni.. Siamo convinti che nell’ora attuale questa organizzazione è una necessità; siccome non vediamo altro mezzo di difesa da opporre validamente alla guardia bianca instaurata della reazione imperante, plaudiamo senza reticenze a questi valorosi Arditi del popolo ed esortiamo i compagni ad affratellarsi con essi, a combattere in quelle file in difesa della libertà della vita umana. Evviva gli Arditi del popolo” (Il Libertario del 21 luglio 1921, in A. Staid: Gli Arditi del Popolo. Ed . La Rivolta).

 La componente anarchica nell’arditismo popolare fu preponderante in alcune zone del territorio nazionale e considererà la collaborazione con esso come la necessità storica di un fronte unico contro la reazione e il nemico di classe. Occorreva, come scrisse Malatesta, una “resistenza energica, metodica, organizzata contro la violenza avversaria” .
“in sostanza…tutti concordano nel considerare simpaticamente questo movimento che non può essere anarchico ma neanche avversario degli anarchici finché non vi siano ragioni plausibili.”                                                                                 
Il consiglio generale dell’UAI (adunato in Roma il 14-15 agosto) senza entrare in merito all’organizzazione interna degli Arditi del popolo, che è indipendente e autonoma di fronte a tutti i partiti, e quindi anche di fronte all’UAI; esprime la sua simpatia e riconoscenza per l’opera di difesa da essi compiuta a vantaggio delle libertà proletarie e popolari; ed augura loro di restare immuni da ogni infiltrazione di borghesi e politicanti, sempre vigili in difesa della libertà e della giustizia” (Roma -Consiglio generale dell’Unione Anarchica Italiana “ Umanità Nova” del 19 agosto 1921, in A. Staid).

Anche in questo caso, pur partendo da presupposti rivoluzionari diversi, a differenza dei comunisti italiani, gli anarchici sostennero una tesi simile, fin dal 1920, a quella caldeggiata successivamente dall’Internazionale comunista.  
“ i gruppi anarchici, che sono rivoluzionari, devono fiancheggiare, facilitare, sussidiare con i propri mezzi l’opera degli specialisti gruppi d’azione; svolgere una propaganda che crei intorno a questi l’atmosfera più favorevole possibile; criticarne qualche errore eventuale in modo di non screditarne o ostacolarne l’attività in generale, svolgere la propria attività di partito, di critica e di polemica, in modo da evitare risentimenti, collere fra le varie fazioni operaie, ma orientarle tutte contro la borghesia e lo stato; essere a disposizione dei gruppi d’azione per aiutarli ogni volta che ve ne fosse necessità. A lotta iniziata, i gruppi anarchici parteciperanno all’azione perché questa azione si svolga quanto più rivoluzionariamente  e liberamente è possibile, in modo di espropriare al più presto i capitalisti ed esautorare ogni governo; vecchio o nuovo che sia (Unione Anarchica Italiana, Il fronte unico rivoluzionario. Relazione sui rapporti del movimento anarchico con le altre forze sovversive e rivoluzionarie. Il congresso nazionale a Bologna, 1-2-3-4 luglio 1920, Bologna 1920, in A. Staid).      
      
Dopo il riallineamento al partito da parte di Gramsci e dell’Ordine Nuovo, il quotidiano anarchico “Umanità Nova” fu quello che perorò la causa degli Arditi del Popolo, difendendoli dalla repressione dello Stato e dei fascisti, fino alla loro scomparsa nel 1922. Gli anarchici stessi, peraltro, costituirono a Roma nell’ottobre 1922, il 1° Battaglione Arditi anarchici.
“L’ottimo, dice il proverbio, è nemico del buono: si faccia come si può, se non si può fare come si vorrebbe, ma si faccia. Da soli non possiamo debellare il fascismo e anche meno battere le istituzioni. Dunque, o unirsi a coloro che, pur non essendo anarchici, hanno comuni con noi gli scopi immediati, o lasciare che i fascisti continuino, colla complicità del governo, a tiranneggiare l’Italia, e che la monarchia regni indisturbata”             (Enrico Malatesta in “Umanità Nova”del 25 giugno 1922, “Il dovere dell’ora” , in A. Staid).

STRUTTURA E COMPOSIZIONE


La struttura degli Arditi del Popolo era di tipo prevalentemente militare e militante; forza agile per interventi rapidi e di massima potenza laddove ve ne fosse bisogno, controllo del territorio con marce pubbliche, pattugliamento e identificazione degli elementi ritenuti fascisti, milizia di quartiere e di rione. Molto praticate le tecniche militari, acquisite durante la guerra: guerra di movimento sia d’attacco e rappresaglia, sia difensiva.
L’organizzazione interna dell’associazione ricalcava, naturalmente, quella militare: battaglioni, compagnie (dette anche centurie), squadre ed era supportata da reparti ciclisti che avevano il compito di tenere i collegamenti tra le formazioni e il comando. Non mancavano le esercitazioni sul campo che prevedevano anche l’utilizzo delle poche armi in dotazione.
I simboli dell’arditismo popolare provenivano dall’arditismo militare: teschio con corona d’alloro e pugnale tra i denti (orbite e pugnale di colore rosso per distinguerlo da quello usato dagli squadristi fascisti), gladio con foglie di alloro e quercia, la scritta “A noi!”. Simboli e motti, tra i molti, usurpati successivamente dal fascismo. Da segnalare che altre milizie antifasciste – ad esempio quelle comuniste romane –  indossavano la camicia nera sulla quale era cucito un teschio di filo d’argento. Molti arditi del popolo usavano il saluto “A noi!” col pugno chiuso.

Come abbiamo visto all’organizzazione antifascista aderirono militanti dei partiti operai, sovversivi “senza partito”, anarchici, socialisti “terzini”, repubblicani, sindacalisti-rivoluzionari e soprattutto comunisti, nonostante le direttive contrarie del partito. Per questo motivo il profilo sociale degli aderenti, in breve tempo, cambiò. Prese una connotazione prevalentemente proletaria e di classe e ne fecero parte: ferrovieri, operai delle ferrovie, operai metalmeccanici, braccianti agricoli, operai dei cantieri navali, operai edili, postelegrafonici, tramvieri, contadini. Anche impiegati, pubblicisti, studenti, artigiani e qualche libero professionista diedero il loro contributo. Molti avevano svolto il servizio militare o combattuto in guerra (anche nei reparti d’assalto), alcuni con il grado di ufficiale; numerosi i giovani che non avevano fatto il servizio militare. A Roma perfino alcune guardie regie, ex arditi, aderirono brevemente all’organizzazione antifascista.
Gli Arditi del Popolo ebbero un loro organo di stampa, “L’Ardito del popolo”, che uscì saltuariamente e in pochi numeri, mentre “Umanità Nova”, giornale degli anarchici e molto diffuso, pubblicò sempre comunicati  manifesti e appelli dell’organizzazione.            
Gli Arditi del Popolo vissero per poco più di un anno, dal giugno-luglio 1921 all’ottobre 1922, fino alla marcia su Roma.  Con la nascita dell’Alleanza del Lavoro nel febbraio del 1922 in alcune zone l’organizzazione ne divenne la milizia irregolare, in altri casi opererà congiuntamente con le Squadre d’azione comuniste.  Alcune sezioni, continuarono dopo tale periodo in completa clandestinità, fino al loro definitivo scioglimento.  Il fascio continuò a temerli. Ancora nel giugno del 1924, dopo l’uccisione di Matteotti, molti Arditi del Popolo erano pronti ad agire a Roma ma gli aventiniani non diedero mai l’ordine per l’insurrezione armata.
L’eroica resistenza di Parma

DONNE ARDITISMO E ANTIFASCISMO

L’argomento è ancora tutto da scoprire ma gli archivi storici indicano che anche la componente femminile fu attiva nel primo antifascismo. Quel periodo rappresentò, per le donne, una doppia battaglia, la prima per la loro emancipazione, la seconda per affermare la loro consapevolezza politica, in una società essenzialmente conservatrice e maschilista.  Esse parteciparono attivamente al movimento antifascista e numerose caddero per mano dei fascisti. A Trieste fu operativo un raggruppamento di Ardite Rosse, mentre viene segnalata a Torino una componente femminile negli Arditi del Popolo.
I fascisti si meravigliarono non poco di trovarsi di fronte delle donne come avversarie politiche:non più angeli del focolare, mogli, madri ma belve!  Le violenze subite dalle donne furono eguagliabili per cruenza a quelle inflitte agli uomini. La prima vittima donna fu Teresa Galli, operaia e sovversiva, uccisa negli scontri che portarono alla devastazione dell’Avanti! milanese, il 15 aprile 1919.  Tra il 1919 e la presa del potere del fascismo, le donne si batterono nelle organizzazioni di sinistra o nel movimento fiumano e furono presenti a tutti i momenti decisivi e di massa.
Politicamente decise, molte di loro furono lungimiranti. Ad esempio, le donne socialiste furono risolute, sopravanzando i dirigenti maschi del partito nel censurare la condotta di resistenza passiva, che non faceva altro che rafforzare gli squadristi. Le donne non si tirarono indietro negli scontri e non si fecero intimorire. Gli stessi fascisti lo confermarono, senza mancare di esternare, ovviamente, il loro disprezzo assoluto definendole per questo streghe, megere e prostitute. 

ARDITI DEL POPOLO E RESISTENZA. 
CONTINUITA’ IDEALE

Identificare tout court il movimento ardito popolare con la Resistenza è cosa assai ardua, tuttavia un fil rouge semi nascosto esiste. Lo si può ritrovare nell’opposizione vigorosa e militare alla sopraffazione fascista e dello Stato e nella continuazione della lotta di quegli uomini, ex arditi del popolo, che combatterono per la libertà sulle barricate della Resistenza.  Se vi fu una continuità ideale dell’antifascismo tra l’arditismo popolare e Resistenza, esso ebbe senz’altro significati diversi per composizione e obiettivi politici e sociali. L’arditismo antifascista fu un fenomeno tendenzialmente di classe, che agì manu militari contro lo squadrismo fascista all’interno di uno scontro tra movimento operaio e borghesia, nella strenua difesa di diritti, libertà democratiche e conquiste economiche del proletariato. Diritti e libertà conquistati con sacrifici e lotte, negli anni precedenti. L’arditismo ebbe come nemico anche quella società liberale (che andava dai socialriformisti di Bonomi ai nazionalisti), che prima favorì l’ascesa del fascismo e poi con esso ne fu ampiamente colluso. Quello stesso mondo che, vent’anni dopo, ritroveremo nel campo resistenziale;  un mondo che sapeva già in anticipo che, tolto di mezzo il fascismo, doveva riorganizzare lo Stato nella continuità e che per questo motivo doveva salvare le vecchie burocrazie e i vecchi poteri istituzionali per arrivare alla repubblica ma impedendo alle sinistre di prendere il potere. Per questo mondo la Resistenza fu un semplice intermezzo da inibire immediatamente.  A conferma di ciò, Bonomi, capo del governo e filofascista nel 1921, lo ritroveremo quale presidente del Comitato di Liberazione Nazionale, presidente del Consiglio dopo la liberazione di Roma e primo presidente del Senato della Repubblica.
La Resistenza nel contesto storico e internazionale in cui agì ebbe come priorità, senz’altro, la lotta di liberazione nazionale cui fece seguito, però, l’affermarsi di un ordinamento democratico a carattere interclassista. Essa, infatti, ebbe senz’altro due anime, una filo anglo-americana moderata/democratica che fu prevalente, l’altra – per la “patria socialista” – socialista, comunista azionista, libertaria anarchica – favorevole invece a un cambiamento radicale, sia sociale sia politico. In questa seconda compagine va collocata la continuità ideale tra l’arditismo antifascista e la Resistenza.         
Molti arditi antifascisti continuarono a combattere il fascismo prima in clandestinità, poi in Spagna tra le formazioni garibaldine e anarchiche (si costituì addirittura un battaglione di volontari che esplicitamente si rifaceva all’arditismo popolare chiamato Battallon de la Muerte /Centuria Malatesta) e successivamente nella Resistenza. Durante la lotta partigiana molte formazioni – comuniste e anarchiche – si diedero il nome di Arditi del Popolo. Tra queste quella del gappista romano Antonello Trombadori. Lelio Basso, socialista di sinistra e responsabile del Fronte proletario rivoluzionario, propose che le bande partigiane si chiamassero,  “Arditi del Popolo”, mentre il giornale del FPR, Bandiera Rossa, invitava alla costituzione di “squadre di Arditi del Popolo decise a combattere per l’instaurazione e la difesa della repubblica socialista”(in A. Peregalli: L’altra Resistenza Ed. Graphos).   

CONCLUSIONI

Al termine di questo percorso storico vale la pena porsi tre domande e darsi possibili risposte, nel tentativo di chiarire le complessità dell’arditismo antifascista.
Perché gli Arditi del Popolo hanno avuto, in un così breve periodo, un ampio consenso?
·       Perché, pur nati nel variegato solco del diciannovismo, combatterono lo squadrismo fascista sullo stesso piano militare.
·       Perché riuscirono laddove socialisti e comunisti fallirono: unirono organicamente ex combattenti dei reparti d’assalto e movimento operaio in un fronte antifascista, dando forma all’idea mito del  combattente proletario, del soldato del popolo, dell’esercito rosso proletario (Guido Picelli in ”L’Ardito del popolo” del 1 ottobre 1922).
·       Perché furono trasversali a tutte quelle forze della sinistra proletaria: anarchici, socialisti, comunisti, sindacalisti rivoluzionari, repubblicani.
·       Perché ebbero il più ampio consenso dalle basi dei partiti proletari.
·       Perché praticarono sul campo, senza fumose alchimie compromissorie, quel fronte unico di azione diretta, auspicato dall’Internazionale comunista e dagli anarchici.
   Perché gli Arditi del Popolo furono sconfitti?
·       Per la mancanza di “raffinatezza politica”, in quanto eredi di quella parte del diciannovismopost bellico che però si schierò decisamente nel campo dell’antifascismo.
·       Per non avere avuto un progetto politico forte di ampio respiro ma per avere puntato  tutto sull’aspetto militare a difesa del movimento proletario aggredito dallo squadrismo fascista.
·       Per divergenze interne all’organizzazione e l’allontanamento di Secondari.
·       Per essere stati ostacolati, abbandonati, ostracizzati dal PSI e PCdI.
·       Per la mancanza di un giusto equilibrio, a sinistra, tra pacifismo e utilizzo della forza quando si viene aggrediti. 
·       Per il Patto di pacificazione siglato tra socialisti e fascisti.
·       Per la repressione dello Stato (D.L. del 2 ottobre 1921 sul disarmo dei cittadini e applicazione unilaterale del codice penale).
·       Per la virulenta azione squadristica dei fascisti.
    Perché gli Arditi del Popolo sono stati dimenticati nel secondo dopoguerra?
·       Perché l’antifascismo ufficiale avrebbe dovuto ammettere la sua incapacità nell’analisi del fascismo e dei suoi metodi violenti, nonché l’aperta collusione di liberali, cattolici, nazionalisti con il fascismo stesso.
·       Perché si doveva ammettere apertamente che la Resistenza non fu un blocco omogeneo ma fu distinta in due parti per nulla convergenti negli obiettivi finali.
·       Perché significava scrivere una contro-storia dell’antifascismo fuori dagli schemi storici e politici a priori stabiliti dai partiti “dell’arco costituzionale”.
·       Perché è stato lasciato irrisolto, in quel frangente storico, il che fare?quando l’avversario si arma e si avvale anche della violenza delle istituzioni e per non avere usato, per tempo, la forza contro il fascismo.
·       Perché la sinistra è rimasta sorda di fronte alla necessità del fronte unito, auspicato dall’Internazionale comunista e dagli anarchici.
·       Perché significava ammettere l’enorme contributo dato dagli anarchici, dall’inizio alla fine,   all’esperienza ardito-popolare.   

Per dirla con Arnaldo Lippi, ex ardito del popolo di Terni: “Questi arditi del popolo, che non l’ha voluti riconoscere nemmeno il governo nella legge a tutela degli antifascisti, sono stati i primi, autentici identificatori  che hanno interpretato in senso giusto la svolta reazionaria nel nostro paese. Erano i grandi protestatari, l’iniziatori d’un nuovo, che i vecchi non vedevano” (Alessandro Portelli – Biografia di una città. Storia e racconto: Terni 1830-1985 Ed. Einaudi ). Una sorte che segnerà anche il combattentismo sovversivo  antifascista europeo degli anni venti: tra esso, la Roter Frontkamperbund tedesca e il Front Rouge francese.

Si dovranno attendere gli anni Settanta per vedere rivalutato il fenomeno degli Arditi del Popolo quale esempio militante di antifascismo d’azione contro la rinascita dello squadrismo neofascista, strumento del  golpismo e dello stragismo di stato.  

    

Gli Arditi del Popolo furono compagine antiborghese e sovversiva, un movimento di classe, anche se al di fuori dagli schemi classici dell’ortodossia marxista, “ ribelli combattenti di strada” con obiettivi politici poco definiti e articolati. Ciò non toglie, però, che furono tra i primi che si risolsero contro il fascismo con l’azione diretta. Poco importa stabilire che gli Arditi del Popolo non affondavano le loro radici nel movimento operaio ma nel combattentismo rivoluzionario, quel che conta è che ben presto s’integrarono in esso a pieno titolo divenendone, prima di altri, milizia armata a sua difesa. Certamente un fenomeno eterodosso rispetto alle “purezze ideologiche” politiche, vecchie e nuove, dell’epoca.
Arditi!
Getto il petardo dell’adunata.
In quest’ora livida di raffiche e torbida di avvenimenti, lancio il nostro grido “all’erta”.
L’Ardito che ha l’iniziativa radicata nell’animo, ha atteso pazientemente appartato e adesso vede il suo momento propizio. Eccoci qua alfine in piedi; restammo nell’ombra, pensatori di un sogno sconfinato, ma ora sorgiamo tremendi e ammonitori verso chi ci insediò lungamente.
Eravamo nelle nostre case, ai nostri lavori, alla sanità della vita, sentimmo sulla piazza rumor di conflitti, udimmo individui immeritevoli fare un monopolio del nostro nome luminoso. Come fummo Arditi in battaglia, Arditi nei compiti civili, con l’istinto insofferente radicato nell’animo, noi siamo sempre i ribelli. Il sovversivismo, con la sua amara ebbrezza, ci istiga ad assumerci il grave compito di una morale di resurrezione ed emancipazione.
Possiamo serrare adesso le nostre file, forti del nostro pensiero e sicuri del nostro braccio di lavoratori. Il campo è ormai ben delineato e diviso: lavoratori da un lato, parassiti, energumeni ed aggressori dall’altro. Ebbene: i lavoratori sono fermamente decisi a non lasciarsi più oltre sopraffare: essi hanno reclamato noi che siamo i loro esponenti, forze vive e agili: e noi abbiamo risposto entusiasticamente all’appello. E come nei reparti d’assalto, noi figli del popolo fummo animati dal pensiero autonomo, fieri, ribelli ad ogni comando ma fautori dell’esempio, così ora, rivendicando la nostra povertà onesta siamo la scorta incitatrice all’azione nobile di giustiziere di rivendicazioni.
Noi arditi, che non ci vendemmo o prostituimmo, noi che restammo incontaminati dalle morbose imperialistiche passioni, reparto anarchico per eccellenza, rappresentiamo oggi sparpagliati nella vita civile, la pattuglia di punta e di avanguardia di tutte le idee progressiste e ardimentose, consapevoli che ineluttabilmente si dovrà passare per un lavacro sociale rigeneratore.
La vita è per noi una parentesi dentro la morte: siamo tutt’ora le tempre dei prodigiosi temerari: ed anche avendo le membra stroncate noi rifuggiamo dalla lotta in campo aperto e gridiamo il nostro “urrà” di vittoria. Abbattuti i milionari mostruosi idoli, proseguiremo a passo rapido sulla via della civiltà.
Questo è il nostro compito, o arditi che lavorate, non altri!
Noi sovversivi nel senso più vasto della parola, non daremo mai il nostro braccio per le tirannie, non ci lasceremo illudere da scopi che non sono i nostri: e saremo tra i più intransigenti selezionatori di chi vorrà essere tra noi (“Un manifesto agli arditi del popolo” in Umanità Nova 3 luglio 1921).                       
Le ambiguità e le zone d’ombra a volte sono l’azzardo, la scommessa dei soggetti politici nascenti ma esse si possono spiegare (nel caso degli arditi del popolo) anche, come scrive Eros Francescangeli, “con il profilo politico dei suoi quadri dirigenti, tutti quanti, chi più chi meno, degli eretici….degli irregolari dei rispettivi movimenti. Comunisti antisettari, socialisti antirinunciatari, anarchici militaristi, repubblicani e sindacalisti più classisti che nazionali e popolari più proletari che clericali erano accumunati da quell’indole “interventista” che, se era garanzia di volontà d’azione, non era però foriera di analisi politica di ampio respiro.”

Mentre i dirigenti dei partiti operai, chiusi nelle loro monadi ideologiche, non seppero valutare il fascismo, l’arditismo popolare fu, per l’appunto, una minoranza combattiva del movimento proletario che scese sullo stesso terreno di scontro. Una risposta concreta alle drammatiche esigenze reali di quella fase storica.  (fine)


SCHEDA STORICA

DAGLI ARDITI DI GUERRA AGLI ARDITI DEL POPOLO, 1917- 1922

1917
·       Costituzione del corpo degli Arditi nel Regio Esercito Italiano. Gli arditi spesso solidarizzano con i fanti contadini contro i Reali Carabinieri, usati dai comandi in funzione repressiva.
1918
·       Fine del primo conflitto mondiale. Smobilitazione dei reparti in armi.
1919
·       Congedo degli ex combattenti.
·       1 Gennaio: Costituzione dell’Associazione fra gli Arditi d’Italia per opera del capitano Mario Carli. Nasce sotto l’influenza futurista. Nonostante l’idealità sovversiva antiborghese che caratterizza gli arditi e un “ vago programma di sinistra”, il patriottismo e l’essere contro il socialismo – quello del PSI pacifista e neutralista – li porterà a lavorare per la reazione. Ma non durerà a lungo, la contraddizione tra idealità sovversiva e pratica reazionaria esploderà. Dopo la fine dell’impresa fiumana una parte consistente di ex arditi si schiererà con il fronte antifascista.    
·       Inizio del Biennio Rosso: moti contro il carovita e occupazione delle fabbriche.
·       23 marzo: Fondazione a Milano dei Fasci Italiani di Combattimento – Programma di San Sepolcro.
·       15 aprile: Devastazione dell’Avanti! milanese da parte dei fascisti. Parti consistenti degli Arditi non vogliono prestare il fianco alla reazione. Articolo di Mario Carli su “L’Ardito”: “Arditi e non gendarmi”. Per gran parte del 1919 gli arditi della AFAI svolgono essenzialmente il ruolo di “guardie bianche” del padronato italiano ma a volte si schierano con i dimostranti nelle lotte del caroviveri e ammiccano al Partito socialista.        
·       12 Settembre: Occupazione di Fiume da parte di Gabriele d’Annunzio.
 1920
·       Lento esaurirsi del Biennio Rosso.
·       Gli Arditi nel mese di giugno guidano a Brindisi, Ancona e Trieste la rivolta e le manifestazioni contro l’invio di truppe in Albania.
·       Tra la primavera e l’estate, il fascismo mostra il suo vero volto reazionario in funzione dichiaratamente antioperaia.
·       Nascita dell’Associazione Nazionale Arditi d’Italia filo-fascista e anti-Fiume.
·       In autunno i fascisti, con l’aiuto dei militari, mettono a ferro e fuoco Trieste, devastano l’Avanti! romano, assaltano e devastano i municipi socialisti. Il 21 novembre assaltano il comune di Bologna.  Fatti di Piazzale Accursio: 9 morti e 60 feriti, punto di non ritorno.
·       Contatti tra D’Annunzio movimento operaio e anarchici. Malatesta, Bombacci e Serrati tentano di organizzare un’insurrezione che prevede una marcia su Roma. Il Tentativo fallisce. Lenin criticherà aspramente il mancato progetto d’insurrezione. 
·       Ha termine l’impresa fiumana.
·       Fondazione della Federazione Nazionale Legionari Fiumani (che comprende molti ex arditi accorsi a Fiume) che si schiererà su posizioni antifasciste con l’avallo di D’annunzio.
1921
·       14 gennaio sul Popolo d’Italia Mussolini annuncia la propria “riconciliazione” con il capitalismo e lo definisce un valore “insostituibile.”
·       21 gennaio nascita a Livorno del Partito Comunista d’Italia.
·       Gramsci su L’Ordine Nuovo traccia un bilancio positivo dell’impresa fiumana, stigmatizzando l’incapacità del Partito Socialista di cogliere la potenzialità rivoluzionaria, che in essa vi era.
·       Escalation della violenza fascista.
·       Tentativo d’incontro in primavera tra D’Annunzio e Gramsci.
·       Nasce a Roma nel mese di gennaio il Partito Nazionale Fascista.
·       Il fascismo è definitivamente una forza di destra antiproletaria.
·       I fascisti nel mese di novembre decretano la fine del patto di pacificazione con i socialisti firmato ad agosto.
·          L’ANAI nel corso dell’anno cambia rotta, ritrova lo spirito di sinistra, rivendica autonomia nei confronti dei fascisti e si schiera contro le violenze da essi perpetrate contro il movimento proletario. Riprende i contatti con D’Annunzio e la FNLF, fa propria la Carta del Carnaro e invita i suoi membri a fuoriuscire dai FIdC.  Propugna un’equidistanza tra fascisti e socialisti e si schiera per una pacificazione nazionale. A Roma l’ala filo-fascista viene espulsa, mentre quella anarchica e repubblicana, che fa capo a Secondari, si dichiara contro l’equidistanza e apertamente antifascista. Tale componente che darà vita, in estate, agli Arditi del Popolo si schiererà senza indugio a difesa del movimento proletario.
1922
·       In primavera incontro tra D’Annunzio e D’Aragona segretario della CGdL, nel tentativo di mettere il poeta alla testa del movimento antifascista. L’incontro non avrà seguito.
·       28 ottobre marcia su Roma da parte dei fascisti.
·       In autunno l’ala filo fascista, espulsa dall’ANAI, fonda la Federazione Nazionale Arditi d’Italia.
·       Presa di potere definitiva del fascismo.
SCHEDA STORICA: ARDITI DEL POPOLO E ANTIFASCISMO
1919
·       A Trieste si forma una sezione del fascio che diverrà una delle più grandi d’Italia. Da essa partiranno le azioni violente contro croati, sloveni e movimento operaio.
1920
·       I fascisti incendiano a Trieste il centro economico, culturale e politico delle nazionalità slovene e croate. Periscono 2 persone. 
1920-1921
·       Primi episodi di squadrismo fascista e prime forme di resistenza armata operaia e popolare.
·       Il tenente anarchico Argo Secondari dell’ANAI tenta di fare schierare gli arditi con le agitazioni operaie del Biennio Rosso.
1921
·       All’inizio della primavera nasce la necessità di un’azione antifascista a livello nazionale. Nascono le prime squadre armate antifasciste (Guardie Rosse- Lupi Rossi –Figli di nessuno). La loro incisività è però scarsa perché operano isolatamente.
·       La componente anarchica repubblicana individualista dell’ANAI si schiera risolutamente con l’antifascismo militante. A Roma il 27 giugno viene costituito il battaglione “Arditi del Popolo”.
·        L’arditismo antifascista si sviluppa rapidamente su tutto il territorio nazionale con il contributo di numerosi operai, ex combattenti, ex legionari fiumani. Gli Arditi del Popolo inizialmente si appoggiano alla Lega Proletaria (molte sezioni della Lega, sotto attacco fascista, divennero sezioni degli Arditi del Popolo) e ad altre formazioni.
·       Nel mese di luglio, all’Orto Botanico di Roma imponente manifestazione antifascista organizzata dal “Comitato di difesa proletaria romano”. Vi partecipano duemila Arditi del Popolo, inquadrati militarmente che si scontreranno successivamente con i fascisti. Lenin sulla Pravda indicherà gli Arditi del Popolo quale esempio da seguire per la rivoluzione in Italia. I dirigenti del PCdI e del PSI, con motivi diversi, decidono invece di isolare l’arditismo antifascista.
·       10-11-12 luglio fatti di Viterbo. Mobilitazione antifascista di massa.
·       L’Ordine Nuovo di Gramsci esprime una  valutazione positiva sul fenomeno dell’arditismo antifa.
·       17-18-21 luglio fatti di Sarzana. I fascisti prima vengono fronteggiati poi caricati dagli arditi e dalla popolazione.
·       A Milano nascono gli Arditi Ferrovieri.
·       A Brescia inaugurazione del gagliardetto della locale sezione degli Arditi del Popolo.
·       A Novate Milanese segnalata la presenza di giovani Arditi del Popolo.
·       Azione repressiva del governo Bonomi contro gli Arditi del Popolo.
·       Attività antifascista degli Arditi del Popolo a Pavia.
·       Pubblicazione del primo numero “L’ardito del popolo – giornale proletario”.
·       Emanato dal governo Bonomi il decreto legge sul disarmo dei cittadini. Il decreto verrà usato esclusivamente contro gli arditi antifa e i sovversivi.
·       Gli Arditi del Popolo guidati da Baldazzi, succeduto a Secondari, decidono di proseguire l’attività antifascista in semi legalità.
·       7-11 novembre a Roma in occasione della nascita del Partito Nazionale Fascista gli Arditi del Popolo insieme con altri militanti di sinistra (comunisti-socialisti-anarchici-proletari in genere) attaccano i fascisti. Questi ultimi tengono il centro della città ma accerchiati non penetreranno nei quartieri popolari. Violentissimi scontri a San Lorenzo, Testaccio, Trionfale, Trastevere.
·       Il governo Bonomi preserverà le squadre d’azione fasciste e ordinerà invece lo scioglimento degli Arditi del Popolo.
1922
·       Le azioni squadristiche proseguono su tutto il territorio nazionale.
·       Nasce l’Alleanza del Lavoro per opporsi alla reazione antiproletaria.
·       Il 25 aprile la città di Piombino è difesa dagli Arditi del Popolo dall’assalto dei fascisti che sono sbaragliati.
·       A Milano una squadra di circa sessanta Arditi del Popolo si scontra con la Guardia Regia.
·       Il 24 maggio a Roma il tentativo dei fascisti di espugnare San Lorenzo fallisce per la mobilitazione popolare antifascista. I fascisti vengono tratti in salvo dalla forza pubblica.
·       L’azione quadristica e la repressione governativa si fanno sentire: morti, arresti, carcerazioni.
·       9/24 luglio: battaglia di Novara contro le squadre fasciste.
·       La conoscenza anticipata della data dello sciopero – 1 agosto – organizzato dall’Alleanza del Lavoro da’ modo ai fascisti e al Governo di accentuare la violenza e la repressione sugli antifascisti.
·       2 /4 agosto: battaglia di Ancona. Nonostante la strenua difesa della città le milizie antifasciste vengono battute dall’azione congiunta di fascisti e forza pubblica. Faranno seguito le devastazioni delle sedi del movimento operaio.
·       2/4 agosto: battaglia di Bari. Gli Arditi del Popolo, alla cui testa vi è Giuseppe Di Vittorio, impediscono ai fascisti di Caradonna di conquistare la città.
·       4 agosto: battaglia di Civitavecchia. Gli Arditi del Popolo, all’interno dei quali sono inquadrati 300 operai jugoslavi, con altre forze proletarie battono le forze dell’ordine e i fascisti.
·       2/5 agosto: battaglia di Genova. I fascisti appoggiati dalle forze dell’ordine hanno ragione della resistenza antifascista.
·       1-2 agosto: a Livorno, dopo gli scontri tra antifascisti e fascisti, la giunta socialista rassegna le dimissioni.
·        2/5 agosto: battaglia di Parma. Gli Arditi del Popolo, guidati da Guido Picelli e Antonio Cieri, con la Legione Proletaria “Filippo Corridoni” e il popolo in armi sconfiggono quindicimila fascisti, guidati da Italo Balbo. I soldati, dopo la ritirata dei fascisti, solidarizzano con gli insorti.
·       28 ottobre marcia su Roma. Il fascismo è ormai dilagante, il Re conferisce l’incarico a Mussolini di formare il suo governo. A Roma però i fascisti non riusciranno a penetrare nei quartieri popolari di San Lorenzo, Testaccio,  Trionfale.
·       Il 31 ottobre a Roma l’ex tenente degli arditi, nonché fondatore degli Arditi del Popolo, Argo Secondari viene aggredito selvaggiamente dai fascisti. Non si riavrà da questa aggressione. Morirà anni dopo in manicomio.
·       Gli Arditi del Popolo sono messi fuori legge in tutta la nazione.   
ARDITI DEL POPOLO
·       Argo Secondari. Tenente degli Arditi, anarchico, fondatore degli Arditi del Popolo a Roma.  Morirà nel manicomio di Rieti il 17 marzo 1942, dove fu ricoverato per le conseguenze della  brutale aggressione avvenuta nel 1922, da parte dei fascisti. I funerali si svolsero in privato per ordine della questura. Dopo circa vent’anni i fascisti temevano ancora la figura dell’indomito combattente antifascista. Riposa nel Cimitero Maggiore di Rieti. Il 14 marzo2013 l’ANPI Provinciale di Rieti, il Circolo libertario Popolo 33 di Rieti, l’Archivio di Stato di Rieti, l’ARCI di Rieti, hanno reso omaggio alla figura di Argo Secondari.  
·       Gino Lucetti. Ardito, anarchico, organizzò a Roma l’11 settembre 1926 l’attentato a Mussolini. Durante la Resistenza partigiana, in Toscana si formò il battaglione anarchico Lucetti.
·       Riccardo Lombardi. Simpatizzante degli Arditi del Popolo partecipò alle loro azioni. Personaggio di spicco della Resistenza, fu Prefetto nella Milano liberata.
·       Giuseppe Di Vittorio. Sindacalista rivoluzionario pugliese, socialista poi comunista. Combattente in Spagna con i repubblicani, parteciperà alla Resistenza. Primo segretario della CGIL nel secondo dopo guerra.
·       Vincenzo “Cencio” Baldazzi. Volontario e ardito di guerra. Responsabile degli Arditi del Popolo a Roma dopo l’allontanamento di Argo Secondari. Imprigionato, partecipa successivamente alla Resistenza romana.
·       Guido Picelli. Responsabile della difesa di Parma. Sottotenente e socialista, fonda la Lega Proletaria a Parma e organizza la Guardia Rossa. Arrestato, viene scarcerato perché eletto deputato nel PSI. Fonda gli Arditi del Popolo di Parma. Nel 1923 diviene deputato del PCdI. Il 1 maggio 1924 fa sventolare la bandiera rossa a Montecitorio. Incarcerato nuovamente, fugge in URSS. Raggiunge la Spagna e combatte con i repubblicani nelle fila delle Brigate Internazionali. Il 5 gennaio 1937, sempre in Spagna sulle alture di S. Cristobal, al comando del battaglione Garibaldi, morirà in combattimento.
·       Antonio Cieri. Anarchico, combattente con i gradi di caporale, venne decorato con la medaglia di bronzo al valor militare. Ad Ancona nel 1920 organizza il blocco delle truppe italiane destinate all’Albania. Successivamente, sempre ad Ancona, fonda la locale sezione degli Arditi del Popolo. A Parma insieme a Picelli organizza la difesa nell’agosto del 1922. Combattente in Spagna morirà a Huesca nel 1937.
·       Gaetano Perillo. Militante degli Arditi del Popolo, combattente della Resistenza nella lotta antifascista a Genova.
·       Armando Vezzelli. Combattente durante la prima guerra mondiale e insegnante.  Responsabile degli Arditi del Popolo di Genova, fu uno dei fondatori del PCdI. Partigiano, imprigionato muore nel lager di Gusen.
·       Umberto Marzocchi. Militante anarchico, combattente degli Arditi del Popolo, si distingue nella difesa di Sarzana. Antifascista, combatte con i repubblicani in Spagna. Sarà partigiano nella Resistenza francese.
·       Dante Gorrieri. Combattente nel primo conflitto mondiale, entra nella Gioventù Socialista per passare poi al PCdI. Sindacalista della Unione Italiana del Lavoro di Alceste De Ambris, contribuirà alla difesa di Parma nelle fila degli Arditi del Popolo. Fu antifascista e partigiano.  
·       Aldo Eluisi. Ardito di guerra, anarchico partecipa all’impresa di Fiume. Insieme a Secondari fonda a Roma gli Arditi del Popolo. Antifascista collabora con Baldazzi. Si avvicina al Partito d’Azione, è responsabile della Resistenza romana nelle fila di Giustizia e Libertà. Catturato e torturato dalla banda Koch, tiene duro. Sarà fucilato alle Fosse Ardeatine.
·       Emilio Canzi. Militante antifascista degli Arditi del Popolo di Piacenza. Combattente con i repubblicani in Spagna. Antifascista e capo partigiano di spicco nella zona del piacentino, muore investito da una camionetta inglese il 17 novembre 1945.
·       Attilio Paolinelli. Anarchico interventista, fonda a Roma con Secondari gli Arditi del Popolo. Militante antifascista, più volte incarcerato, è posto sotto strettissima sorveglianza dei fascisti prima della liberazione di Roma.
·       Alberto Acquacalda. Tenente degli arditi, mazziniano e interventista di sinistra. Durante il Biennio Rosso svolge attività di propaganda rivoluzionaria nel ravennate. Nel 1921 aderisce al PCdI. Istruttore e capo squadra degli Arditi del Popolo di Ravenna. Ucciso dagli squadristi l’11 agosto 1921. 
BIBLIOGRAFIA
·       Nanni Balestrini: Parma 1922. Ed. Derive Approdi.
·       Luigi Balsamini: Gli Arditi del Popolo. Ed. Galzerano.
·       (A cura di) Francesco Barilli: intervista a Ivano Tagliaferri autore di “Morte alla morte. Arditi del Popolo a Piacenza 1921-1922”. Ed. Vicolo del Pavone.
·       Cesare Bermani: La battaglia di Novara. Ed. Derive Approdi.
·       Fabrizio Billi: recensione di “The resistibile rise of Benito Mussolini”, in Iperbole.
·       Pino Cacucci: Oltre torrente. Ed. Feltrinelli.
·       Pino Cacucci: “Argo l’ardito”, in Ribelli. Ed. Feltrinelli.
·       Mario Carli: Il nostro bolscevismo. Ed. S.E.B.
·       Armando Ceste e Gianfranco Torri: La storia degli Arditi del Popolo. Ed. Savelli.
·       Ferdinando Cordova: Arditi e Legionari dannunziani. Ed. Manifesto Libri.
·       Massimiliano e Pier Paolo Di Mino: Il libretto rosso di Pertini. Ed. Purple Press.
·       Vittorio Foa: Questo novecento. Ed. Einaudi.
·       Eros Francescangeli: Storia degli Arditi del Popolo. Ed. Odradek.
·       Enrico Galmozzi: Diciannovismo. Senza edizione.
·       Valerio Gentili: La Legione romana degli Arditi del Popolo. Ed. Purple Press.
·       Valerio Gentili: Roma combattente. Ed. Castelvecchi.
·       Valerio Gentili: Bastardi senza gloria. Ed. Castelvecchi.
·       Valerio Gentili: Nuova introduzione a “La Legione romana degli Arditi del Popolo”, Antifascismo, un’analisi del fenomeno.
·       Antonio Gramsci: Opere/Scritti giovanili 1914-1918; Socialismo e fascismo – L’Ordine Nuovo 1921-1922. Ed. Einaudi.
·       Emilio Lussu: Teoria dell’insurrezione. Ed. Gwynplaine.
·       Giuseppe Maione: Il Biennio Rosso. Ed. Il Mulino.
·       Paolo Nello: L’avanguardia giovanile alle origini del fascismo. Ed. Laterza.
·       Moreno Pasquinelli: Politicamente scorretto. Ed. Giovane Talpa.
·       Patria Indipendente – Rivista dell’ Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, 23 maggio 2004: Gli Arditi del Popolo di A.L.
·       Arturo Peregalli: L’altra Resistenza. Ed. Graphos.
·       Mario Rossi: Arditi non gendarmi. Dall’arditismo di guerra agli Arditi del Popolo 1917-1922. Ed. BFS.
·       Mario Rossi: Siam del popolo gli arditi. In A Rivista anarchica n° 367 dicembre 2011-gennaio 2012.
·       Mario Rossi: Un altro genere di arditismo/Donne cadute per mano fascista. In A Rivista anarchica n° 373 Estate 2012.
·       Paolo Spriano: Storia del PCI – Vol.1, parte prima, Da Bordiga a Gramsci. Ed. L’Unità/Einaudi.
·       Giancarlo Bocchi: Il ribelle. Guido Picelli una vita da rivoluzionario. Ed. IMP
·       Marco Minardi: Le “trincee del popolo” Ed. Ediesse
·       Claudia Piermarini: I soldati del popolo. Ed. Redstarpress.
·       Siti internet.                   
      

5 pensieri su “ARDITI DEL POPOLO. SOVVERSIVI, RIBELLI E ANTIFASCISTI di Marco Mainardi”

  1. Anonimo dice:

    Pagina di storia italiana ormai quasi ignorata, ma che ebbe allora momenti di epico eroismo. Purtroppo finì tutto nel regime e, con il tempo, si evolse nell'attuale PD !!!!!!!!!!!.Sic transit …..Sembra una cosa impossibile che si sia finiti così nonostante le angarie che il Popolo ha dovuto subire negli ultimi anni!

  2. Anonimo dice:

    Interessantissimo saggio. Grazie alla redazione per averlo pubblicato.

  3. Anonimo dice:

    " …. eurofasciste"L'aggettivo è fantasioso. Non c'è la minima analogia fra fascismi ed "Europa dell'euro" dato che quest'ultima, a meno che non la si inquadri nel neo nazismo, è di concezione atlantista e sottoposta ad interessi di certo non europei. Basta considerarei debiti pubblici.

  4. Fiorenzo Fraioli dice:

    Se avessi scritto "merde fasciste sapevatelo!" lei avrebbe sicuramente ragione. Ma ho scritto "eurofasciste", che è come dire "nazionalsocialisti" invece che "nazisti" o "socialisti". Che nel nazismo ci fossero influssi socialisteggianti e keynesisteggianti questo è innegabile, ma né il socialismo né il keynesismo possono essere ridotti al nazismo.Allo stesso modo, anche se è vero che nel progetto eurista vi è, alla base, una visione liberale, è pur vero che si farebbe torto al pensiero liberale se lo si identificasse, tout-court, con la sua declinazione in salsa eurista. In sintesi: il tutto è più della somma delle cose.

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