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PODEMOS AVANZA: LA SINISTRA SPAGNOLA AL BIVIO di Manolo Monereo

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[ 5 giugno ]

Un’analisi impeccabile delle recenti elezioni spagnole e di quanto sta accadendo a sinistra dopo l’avanzata di Podemos. 
(Nella foto Manolo Monereo)

Hanno dipinto Julio Anguita come un dottrinario ed un pessimo tattico. Non è vero. L’ex coordinatore di IU ha solidi principi mai applicati dogmaticamente, ma, soprattutto, ha avuto ed ha un grande istinto politico per vedere il nuovo che veniva emergendo a tradurlo in voti. Non è un caso che i giovani del 15M lo hanno considerato un interlocutore, e lo ha fatto a modo suo, cioè senza lusinghe e in un dialogo franco e onesto. Né è stato casuale la nascita del Fronte Civico
Izquierda Unida (Iu), sempre timorosa, lasciò cadere questa iniziativa senza accettarne le dovute conseguenze politiche. Pablo Iglesias lo capì per primo e convertì le idee di Anguita nel nucleo del discorso politico di Podemos.

Circa un mese prima delle elezioni, Anguita ha scritto un articolo dal titolo “Il nodo gordiano“, estremamente coraggioso e audace. Quello che stava dicendo è chiaro: esprimeva la grave preoccupazione per una sinistra che non è all’altezza delle circostanze drammatiche del nostro paese e proponeva la creazione di una nuova formazione politica al di là di Iu e del Partito comunista spagnolo (Pce). Temo che questo articolo sarà trattato come quelli precedenti cioè, lasciare che passi e che il tempo lo dimentichi. Un’altro errore dei pusillanimi di turno, perché, che sia sia d’accordo o meno con lui —ed io lo sono— questo il dibattito è utile e può chiarire molto dilemmi strategici delle forze che, in una direzione o nell’altra, chiamano all’unità popolare.

Tutto questo, è evidente, ha a che fare con l’analisi e la valutazione delle elezioni municipali e regionali svoltesi pochi giorni fa, che costituiscono parte di un ciclo che si concluderà nel mese di novembre di quest’anno. Ci riferiamo a delle elezioni che hanno una loro specificità poiché chiamano in causa forze emergenti in condizioni particolarmente difficili. Inventarsi organizzazioni, svilupparsi territorialmente e generare centinaia di candidature in poco più di un anno non è facile. Questo ci obbliga a considerare queste elezioni come la continuazione di un ciclo iniziato con le europee e che si concluderà con le politiche di novembre. Sullo sfondo, il 15M.

I risultati erano, potremmo dirlo così, prevedibili. In primo luogo, la sconfitta politica del Partito Popolare (Pp) . La destra ha perso voti, ma soprattutto, perderà il potere, molto potere. È vero, il Pp rimane la principale forza politica del paese e dovrebbe far riflettere come e perché si continui a votare per un partito politico legato strutturalmente alla corruzione. In secondo luogo, il bipartitismo arretra ma resiste grazie al Psoe. La strategia Pedro Sanchez [segretario dal 2014 del Psoe, Ndr] si è rivelata vincente, mostrarsi alternativo alla destra per contrastare la sinistra e Podemos. Rispetto a coloro che pensavano che era tempo della “grande coalizione” [Pp-Psoe] e che egli avrebbe sfumato lo scontro col Pp, il segretario generale del Psoe ga capito che ciò sarebbe stato un suicidio che avrebbe lasciato una vasto spazio elettorale a Podemos.

Meglio tuttavia non farsi confondere troppo. Apparire avversari del Pp e giocare sull’asse destra-sinistra come riferimento, risponde alla solita tattica del “voto utile”, ed alla la necessità di sostenere la “sinistra” per impedire la vittoria della destra. La “storia” è sempre quella: o si vota per il Psoe o vince la destra. Questo è stato il ricatto discorsivo per oltre 30 anni, ricatto dal quale Izquierda Unida quasi mai ha saputo respingere.

Tutti sapevamo che la tattica del “voto utile” era una trappola relativamente facile da smascherare: se alla sinistra del Psoe crescono forze con progetti alternativi, i socialisti, avrebbero dovuto decidere se continuare ad accordarsi con i poteri economici, o svoltare a sinistra promuovendo politiche a favore della maggioranza sociale e, in particolare, dei lavoratori. Il fattore decisivo, come tutti sappiamo, è un sistema elettorale che costringendo al “voto utile” lascia le forze realmente di sinistra senza opzioni significative.

Monereo (secondo da destra) accanto a Iglesias nel canale Forte Apache 

Qui si vede, ancora una volta, che il vero partito del regime è il Psoe, in quanto garantisce e porta consenso ai veri governanti, quelli che non si presentano alle elezioni, così che in nessun momento venga messo in discussione il modello economico e di potere vigente. Il partito di Pedro Sanchez, pur perdendo più di 600.000 voti, esce più forte da queste elezioni, ciò che servirà come una piattaforma per affrontare ragionevolmente le elezioni politiche generali. Quelli che comandano ne hanno già preso atto.

Podemos si consolida territorialmente e si sviluppa organicamente. Anche in questo caso, il gioco tra le aspettative e la realtà fa premio. Queste sono state le elezioni più difficili per il partito di Pablo Iglesias, e sono state superate alla grande. Dobbiamo analizzare ogni singolo caso e non confondere le elezioni regionali con le comunali, anche se entrambi sono state strettamente correlate. In alcuni casi le comunali hanno tirato le regionali, in altri casi le hanno rallentate o addirittura fatte arretrare. Si è verificato anche il contrario.

Podemos, nelle regioni e in decine di città, accumula potere istituzionale e una notevole influenza politica; tuttavia, i dilemmi che avrà di fronte non sono piccoli. In molti luoghi ha abbastanza seggi, insieme con il Psoe, per scalzare la destra e favorire una nuova situazione politica. L’altro lato della contraddizione è evidente: ci si accorda con il principale concorrente elettorale che è un pilastro decisivo del bipartitismo dominante. “Assedio e guerra di posizione“, questo è il teatro di una battaglia politica e strategica la cui posta in gioco è, né più né meno, l’ennesima restaurazione borbonica o un vero cambiamento, cioè la rottura democratica. Si deve anche tenere conto che il campo di forze della trasformazione reale è diventato più pluralista, più eterogeneo, e che forgiare una alternativa, non la semplice alternanza dei partiti del turno dinastico, sarà un compito complesso e irto di difficoltà.

I risultati di Izquierda Unida sono stati persino peggiori di quelli predetti dai sondaggi. Sono apparsi patetici, la notte delle elezioni, gli sforzi del Coordinatore di Iu per mascherare gli scarsi risultati alle regionali opponendo quelli delle elezioni comunali, non rendendosi conto che così facendo, è diventato chiaro il vero problema: Iu ha un’organizzazione eccellente ma difetta di (direzione) politica. Per dirla più chiaramente, quando si tratta di organizzare, di assemblare centinaia di liste e candidature, tra cui decine di candidature di unità popolare, gli uomini e le donne di Iu bastano e avanzano; si potrebbe dire, senza esagerare, che non hanno bisogno di direzione; sanno far bene il loro lavoro, punto.

Il problema è che quando andiamo alle elezioni regionali, la politica, la buona politica, la giusta direzione e la tattica giusta, contano molto. Le carenze della direzione federale [nazionale, Ndr] —la sua non-politica in alcuni casi o le sue scelte equivoche in altri— hanno pregiudicato il discorso alle regionali e le opzioni elettorali. Quando c’è stata una scelta politica, questo non è stata altro che la razionalizzazione del ripiego identitario, spesso condito con un discorso anacronistico, che è apparso falso e senz’anima.

Sicuramente il dato più rilevante delle elezioni è stato l’avanzata delle liste di unità popolare (manifestatasi in modo esemplare a Madrid e Barcellona), ​​con l’eccezionale presentazione di centinaia di candidature tenacemente costruite in tutto il paese, in condizioni — va sottolineato—difficili ed a volte estremamente dure. Dove queste sono state organizzate democraticamente, rispettando la pluralità e superando l’arroganza e il settarismo, hanno funzionato diventando il fatto più rilevante della nostra realtà politica vista dal basso e dal punto di vista dell’alternativa democratica.

Non si deve dimenticare in questo momento: centinaia di militanti e attivisti di Iu sono stati davanti e dietro a queste candidature di unità popolare, il più delle volte vincendo l’opposizione del direzione di Iu e dovendo subire ogni tipo di coercizioni, minacce e, alla fine, anche espulsioni. Sì, ci sono centinaia di iscritti ad Iu esclusi dall’organizzazione in tutto il paese per aver difeso ciò che era stato approvato dalla XI. Assemblea di Iu. Ora, dopo le elezioni, Cayo Lara [coordinatore nazionale di Izquierda unida, Ndr] dice che hanno vinto la convergenza e l’unità popolare, cioè ciò per cui tanti sono stati emarginati o esclusi dalle diverse direzioni regionali e locali di Iu. Una vecchia storia; va bene il gol, non il giocatore.

E ora passiamo a Julio Anguita. La linea di fondo è semplice e coerente con la sua visione della politica di questo paese dalla riflessione solitaria di Cordoba: si deve costruire l’alternativa, questo richiede l’organizzazione di un progetto autonomo con volontà di potenza; il tempo è breve e l’unità non può attendere. Ci giochiamo tutto in poco tempo e noi tutti dobbiamo fare il nostro dovere. A Podemos spetta la responsabilità di strutturare un blocco nazional-popolare sapendo che da solo non ce la farà.

Ad Izquierda Unida tocca “rifondarsi”, vale a dire fondarsi di nuovo. Non è così difficile da capire: il progetto storico di Iu non funziona con questa forma-partito. Occorre aprirsi al nuovo che sorge nella nostra società e che è destinato a restare.

Un pensiero su “PODEMOS AVANZA: LA SINISTRA SPAGNOLA AL BIVIO di Manolo Monereo”

  1. Anonimo dice:

    Oggi il mercato ha perso il 2,10% sui timori per il caso greco.Tsipras continua col suo tira e molla in cui fa dichiarazioni al limite della sottimissione e poi ogni volta che si arricpva vicino a una conclusione tira fuori qualche motivo per rifiutare l'accordo.Ora hanno addirittura dilazionato i pagamenti al FMI. Nei trattati è previsto che esista questa possibilità ma se non ricordo male fino adesso ne ha usufruito solo lo Zambia negli anni '80 che, prego notare, successivamente finí per fare default.La mia impressione è che questa dilazione del pagamento è un atto di sfida dei greci; non falliranno mai loro da soli nè prenderanno la decisione di uscire dall'euri ed eventualmente dall'Unione: vogliono che siano gli altri a fargli fare il default e a cacciarli perchè sanno che un simile atto di imperio e di violenza contro un popolo in ginocchio avrebbe delle ripercussioni politiche, economiche e psicologiche catastrofiche.

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