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EUROPA: UNA NUOVA WESTFALIA NON UNA NUOVA VENTOTENE di Sergio Cesaratto

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[ 27 luglio ]

Cesaratto, dopo aver nominato le due sinistre, quella del “meno Europa” e quella del “più Europa”, conclude in maniera inattesa che, malgrado le due opposte visioni, “può realizzarsi un’unità fra queste due sinistre”, un’unità addirittura nella forma di un “nuovo soggetto politico”. L’idea ci pare del tutto velleitaria e la ragione è contenuta nella stessa premessa di Cesaratto: la direzione degli Stati uniti d’Europa è opposta a quella di una nuova “Pace di Westaflia”. Se con la pace del 1648 si mise fine al Sacro Romano Impero (Heiliges Römisches Reich) o “Primo Reich”, una nuova Westaflia non potrà che decretare quella di un’Unione europea che assomiglia tanto ad un “Quarto Reich” tedesco.
Forze che tirano in un’opposta direzione strategica non possono evidentemente stare nello stesso partito, paralizzandosi a vicenda in nome… di un nome, quello della sinistra che fu.
UNA PROVA? Ascoltate quel che dice Cofferati (in fondo all’articolo).
«Gli infelici esiti della vicenda greca hanno reso più evidente l’esistenza di due punti di vista nella sinistra italiana (“sinistra” senza aggettivi poiché il PD non è più un partito di sinistra) che per comodità potete identificare col meno e col più Europa, rispettivamente. 

Il primo fronte ritiene che una prospettiva politica dentro un quadro europeo considerato irriformabile non possa che risolversi, contro ogni buona volontà, in una forma di renzismo se non peggio. 
Dall’altro fronte si ribatte tacitando di infantilismo e avventurismo ogni prospettiva di rottura con quel quadro. Sgombrando il campo dalle goffe coperture di una tragica débâcle, per cui l’aggravamento dei destini greci diventa un frivolo “pericolo recessivo” mentre la Troika si sarebbe addirittura “spaccata”, come sostenuto da un esponente del “più Europa” su il manifesto, domandiamoci se v’è spazio per una ragionevole comprensione fra le parti?

Intanto gli esponenti del primo fronte hanno per primi messo in evidenza le difficoltà geopolitiche di una Grexit tanto più che, almeno a sentire Tsipras, il governo greco non avrebbe trovato sponde finanziarie e incoraggiamento politico né da Russia né dalla Cina. Quindi nessun facile processo a Tsipras. Semmai colpisce una certa credulità della maggioranza di Syriza nell’andare alle trattative con l’Europa pensando che davvero quest’ultima potesse cambiare. Questo è il vero tema del contendere. 


La storia ha certamente i suoi tempi, e così la consapevolezza politica. E’ molto probabile che non solo nei drammatici giorni a cavallo fra fine giugno e inizio luglio, ma sin dall’inizio Syriza non avesse alternative alla carta della trattativa. Se il sacrificio non è servito al popolo greco, destinato a una manovra atroce su un corpo mutilato (altro che “pericolo recessivo”!), esso è almeno servito a disvelare il vero volto dell’Europa di entità sovra-nazionale e ordo-liberista, dominata dagli interessi mercantilisti del paese più potente. Il primo fronte ne conclude che quel quadro vada rotto. 

Il secondo replica che non v’è alternativa a battersi con perseveranza per modificarlo, ma senza romperlo. Il primo fronte ribatte che in quel quadro l’unica politica possibile è quella che decidono gli altri. E la direzione scelta dalla Germania è quella di un’Europa ancora più invasiva e autoritaria.

Una convergenza fra i due fronti v’è naturalmente nel tratteggiare quale potrebbe essere un’Europa diversa pur nel quadro dato. Senza cadere in voli pindarici che anche c’è toccato leggere sempre su il manifesto –—“Europe dei popoli”, le “economia solidali” e “nuove Ventotene” — gli scorsi anni hanno visto una sequela di proposte per una Europa più keynesiana, inclusi innumerevoli Piani Marshall

Il primo fronte mantiene tuttavia uno scetticismo circa l’efficacia di tali piani a ripianare i disastri dell’euro, in particolare la mezzogiornificazione della periferia. Ma, soprattutto, ritiene che gli interessi mercantilisti della Germania siano incompatibili con il ruolo di traino che il mercato intero di quel paese dovrebbe svolgere. Al contempo denuncia come difficilmente i paesi più ricchi vorrebbero contribuire al cospicuo bilancio federale, necessario a ripianare gli squilibri. In definitiva ritiene che un completamento dell’Europa monetaria con una più piena Europa politica e redistributiva pecchi di velleitarismo. L’unica Europa possibile sarebbe la presente, costruita scientemente allo scopo di privare le classi lavoratrici nazionali dell’interlocuzione col proprio Stato sovrano, dopo che anche il capitale si fa evanescente con le delocalizzazioni. Dunque fondamentalmente autoritaria.

Ma se il primo fronte considera velleitaria “l’altra Europa”, il secondo fronte restituisce pan per focaccia circa il famoso Piano B. A ben vedere, tuttavia, le questioni poste dal primo fronte sono più profonde di un più o meno meticoloso Piano B. Se e quando l’euro entrerà in crisi non sarà per l’agitazione di un dettagliato Piano B, bensì quando verranno a mancare le condizioni politiche per la sua sopravvivenza. Quando ciò accadrà, certamente ci sarà vita anche dopo, e sarà interesse internazionale di trovare nuovi equilibri –·una nuova Vestfalia che restituisca la sovranità democratica agli Stati in un quadro di cooperazione, più che una nuova Ventotene.

E’ naturalmente compito importante delineare degli scenari alternativi per l’Europa, che tengano anche conto degli effetti geopolitici, dato che gli USA hanno precise preferenze geostrategiche mentre il nodo tedesco, il vero cancro europeo, sarà ancora lì. Ma accanto al necessario lavoro di approfondimento degli scenari, mi sembra ora urgente trarre beneficio dalle incrinature che la vicenda greca ha apportato alla costruzione europea, per accelerarne la crisi politica e impedirne la possibile degenerazione in forme ancor più autoritarie. 

Su questo presupposto può nascere un nuovo soggetto politico capace di suggerire alle nuove generazioni un terreno di lotta in cui tradurre in politica il dramma esistenziale del proprio futuro.

Un’unità fra le due sinistre può dunque realizzarsi nell’obiettivo di una crisi di quest’Europa e delle sue derive autoritarie attraverso una vasta opposizione sociale. Poi ciascuno avrà in tasca un esito possibile, tenendo a mente con onestà intellettuale che la storia potrà dimostrare che è l’altra opzione quella con più filo da tessere, e che comunque può per certi versi essere utile agitarle entrambe (o si cambia o si rompe)».


PROVATE VOI A FARE UN PARTITO CON CERTI EUROPEISTI…

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