[ 9 luglio ] Sopra l’icastico titolo de Il Sole 24 ore di oggi pomeriggio. Gli squali della finanza esultano. L’euro è salvo. Per i greci lacrime e sangue.
Nella sua replica di ieri al Parlamento europeo Tsipras, con la mano destra sul cuore, ha giurato:
«Non ho nessun piano segreto… Se avessi voluto portare la Grecia fuori dall’euro non avrei detto quello che ho detto dopo il referendum. Non ho nessun piano segreto».
Era il secondo segnale funesto che il suo governo, pur di scongiurare la via della rottura con l’eurocrazia, era disposto a pagare il prezzo salato che i falchi capeggiati da Berlino gli chiedevano da mesi.
Noi abbiamo spesso criticato Tsipras, ma non abbiamo mai messo in dubbio la sua disarmante sincerità. In effetti, malgrado tutti i precedenti tentennamenti e mesi di trattative-melina, non poteva esserci momento più propizio per l’uscita dall’eurozona che immediatamente dopo la schiacciante vittoria al referendum.
Le urne erano chiuse da poco (le banche da giorni ed i capitali già scappati senza che il governo avesse fatto nulla!), che Tsipras annunciava la sua determinazione a continuare il negoziato. E lo ha fatto recandosi in Parlamento allo scopo di ottenere, in perfetto stile “Unione Sacrée, un mandato dalle destre per neutralizzare e sterilizzare l’opposizione di sinistra. Era il primo, inequivocabile, segnale funesto.
Chi fino all’ultimo ha sperato che Tsipras stesse giocando d’astuzia —”SYRIZA ha un piano per l’uscita dall’eurozona ma vuole far cadere sulle spalle della Merkel questa responsabilità”— farebbe bene a ricredersi ed a mettersi l’anima in pace.
Tsipras non ha mai voluto prendere in considerazione la rottura per tornare alla sovranità nazionale e monetaria. Punto e basta.
A farsi friggere son andate quindi anche le strampalate spiegazioni delle dimissioni di Varoufakis: è chiaro o no che ha dovuto alzare i tacchi per permettere a Tsipras di siglare l’accordo capestro?
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Ci sarebbe tempo fino a domenica per rompere con l’eurocrazia o capitolare, ma il neo-ministro Tsakalotos ha già fatto sapere (vedi la lettera all’Esm) che SYRIZA è disposta, in cambio di un terzo “salvataggio” —ovvero in cambio di quella liquidità a strozzo che Atene ha rifiutato di autocreare—, a seppellire, assieme al suo programma di governo la vittoria referendaria. Il tutto, si badi, senza nemmeno portare a casa la ristrutturazione certa (haircut) del debito —richiesta su cui i falchi capeggiati da tedeschi oppongono e opporranno tenace resistenza, forti delle diaboliche peculiarità del meccanismo Esm—, ciò che avrebbe consentito a Tsipras, almeno, di salvare la faccia.
Si legge in questa lettera:
«La repubblica greca è pronta a varare un comprensivo pacchetto di riforme e misure incentrato ad assicurare la sostenibilità del bilancio, la stabilità finanziaria e la crescita economica di lungo periodo».
Ergo: non solo accettazione del dogma del pareggio di bilancio, ma addirittura dell’avanzo primario… così la crescita economica di lungo periodo te la puoi scordare.
E Tsipras ha precisato davanti al beffardo Junker:
«Le riforme sono fondamentali e indispensabili, sono l’unico modo di aver un surplus di bilancio e non un deficit». [replica al Parlamento europeo]
In parole povere: UN TERZO MEMORANDUM: tagli alle pensioni e alla spesa sociale, aumento delle tasse tra cui l’Iva, la più ingiusta. Forse nuovi tagli ai dipendenti pubblici. La Grecia sarà ancora alle prese con austerità, recessione, crollo della domanda interna, disoccupazione di massa, salari da terzo mondo.
Se abbiamo ragione, la Merkel ha quindi in tasca l’accordo, ovvero la capitolazione di Tsipras.
Tutto sta a vedere, adesso, cosa succederà in Grecia. Il passaggio parlamentare è inevitabile. La sinistra interna di SYRIZA capeggiata dal Ministro Lafazanis (come anticipava ieri il Financial Times) ha già fatto sapere che voterà contro l’accordo di bail-in.
Quindi: o Tsipras accetterà i voti di Nea Demokratia e Pasok, formando di fatto una nuova maggioranza di governo (evitando dimissioni ed elezioni anticipate), o si dimetterà ed indirà nuove elezioni.
C’è una terza possibilità: pur di rendere immediatamente esecutivo l’accordo, Tsipras accetterebbe volentieri i voti dei vecchi notabili già asserviti alla troika, e subito dopo chiederà di sciogliere il Parlamento per andare ad elezioni anticipate immediate, anche a costo di subire la scissione della sua ala sinistra.
Evanghelos Venizelos, segretario del moribondo Pasok, e Antonis Samaras leader di Nea Demokratia si sono dimessi dopo il referendum. Tsipras non ha per adesso nemici temibili sul suo fianco destro. Perderà molto voti a sinistra ma ne guadagnerà altrettanti, vista la sua politica (ir)responsabile, dalla sponda opposta. Ha messo nel conto il divorzio definitivo con tutto ciò che gli sta a sinistra.
Verrebbe da ridere se non ci fosse da piangere.
E ci sarà da piangere, se non nell’immediato futuro, in quello prossimo.
Se, come siamo sicuri, questo terzo “piano di salvataggio” sarà un fallimento, SYRIZA verrà travolta, ed i greci alla fame chiederanno una svolta radicale.
L’inevitabile esodo dalla gabbia euro-tedesca sarà guidato dai neofascisti di Alba Dorata?
https://www.youtube.com/watch?t=829&v=Nynm3UL1mLkNon venite a dire che almeno il movimento non prova a dire la verità.
Una cosa non mi è chiara: se è possibile che Tsipras sia sinceramente convito che la strada giusta sia di accettare tagli, tasse e riforme è possibile che ne sia convinta anche la Troika?In parole povere l' obiettivo dei creditori è veramente quello di recuperare il debito o piuttosto quello didistruggere definitivamente una nazione? In buona fede, si intende, se sono ambedue sinceri.
Né la troika né tantomeno Tsipras, sono convinti che la Grecia possa venir fuori dal marasma sociale con politiche austeritarie di segno neoliberista e monetarista.Tuttavia… Mentre quelli della troika (ovvero il sinedrio dei dogmatici sacerdoti liberisti) sono convinti che il sacrificio della Grecia è il prezzo da far pagare affinché altri paesi alla fine "crescano", la sola cosa che può spiegare l'atteggiamento di Tsipras e della maggioranza di SYRIZA è che sono politici senza coraggio e senza attributi. SPosti davanti al bivio, si sono tirati indietro spaventati.
L'inevitabile esodo dalla gabbia euro-tedesca sarà guidato dai neofascisti di Alba Dorata?ovvero dagli sbirri, visto che è il partito votato dal 50% di loro, e non a caso? Gente che non si farà nessun problema a massacrare i morti di fame che manifesteranno, mentre difenderanno le case dei milionari come armatori and co…
Fine di una "trattativa"farsa e forse è meglio così.Quando si intavola un negoziato è necessario che le due parti,soprattutto quella più potente,lasci alla parte più debole ed esposta almeno la parvenza di una concessione.Ma fino ad ora il prode Tsipras chi si è trovato di fronte,persone disposte almeno ad ascoltarlo?Una trattativa/farsa in cui si è perso solo tempo prezioso a scapito del popolo greco che avrebbe avuto bisogno di ben altro:per esempio un un bel NIET e poi NIET alle provocazioni della Troika,e un minuto dopo la vittoria alle elezioni dare il benservito ad una oligarchia criminale da cui tenersi alla larga,invece…invece ancora una volta nella storia una pseudo sinistra ci riconsegnerà nella grinfie assai poco "accomodanti"di una destra che non vede l'ora di "accarezzare"il sogno di sempre,bastonare disperati per conto terzi.Luciano
A costo di apparire fastidiosamente ripetitivo mi ricollego al commento di Luciano per far notare che esiste anche un' altra sinistra non pseudotale e che propone un ben diverso atteggiamento verso euro ed "Europa".Si chiama Partito Comunista Ellenico (KKE).Giulio Bonali
"la sola cosa che può spiegare l'atteggiamento di Tsipras e della maggioranza di SYRIZA è che sono politici senza coraggio e senza attributi."Se negli ultimi 25 anni le dirigenze di sinistra hanno saputo accumulare solo e dico solo tradimenti (da Rifondazione a Sel, dai Gruenen a Die Linke, dal Labour a Syriza) forse è un tantino semplicistico ridurre tutto alla mancanza di coraggio di singoli individui.Forse sarebbe necessaria una riflessione politica e antropologica un tantino più approfondita, che cercasse di comprendere la mutazione esistenziale che il popolo e la stessa nozione di sinistra hanno attraversato nell'arco di un cinquantennio: dagli autonomi che salutavano col gesto della P38 alle quote rosa.