Impressioni di settembre…
…o forse di luglio, infatti tanto per battere un colpo pubblichiamo un pezzo, il terzo di fila, che il manifesto ha censurato a fine luglio – si sono arrabbiati perché ho usato la parola censurato, e cosa sennò visto che hanno un pensiero unico!
Lasciando da parte la bassa bottega del potere, la questione europea costituisce senza dubbio il motivo divisivo più importante nella sinistra, ragione persino di lacerazioni inter-personali. Un tentativo di riconciliazione è lontano e forse impossibile. Sfortunatamente le vicende e l’analisi non sono dalla parte dei “più Europa”.
Nei riguardi della vicenda greca è apparsa persino penosa, nelle parole di Dino Greco (alla direzione del PRC), “la capacità (di cui la sinistra italiana ha credenziali da master universitario) di trasformare le sconfitte in vittorie, il che equivale a non elaborarne e a non apprenderne la lezione, rimanendo prigionieri di una sorta di coazione a ripetere”.
L’analisi si basa in genere sull’assunto per cui la globalizzazione economica renderebbe inderogabile lo scioglimento delle sovranità nazionali in enti sovranazionali. Si dimostri tuttavia perché decine di paesi (della nostra dimensione o più piccoli) come la Corea del sud o, per rimanere nell’UE, la Polonia non pensino lontanamente a unioni monetarie o politiche. Almeno Salvatore Biasco ammette che l’euro è stata un’enorme sciocchezza anche se, a suo avviso, non si può tornare indietro.
Naturalmente quella della rottura dell’euro è una problematica seria, ma che non risolve tutta la questione. L’unico argomento residuale di una qualche dignità dei “più Europa” rimane così quello idealista, per cui l’abbandono del sogno europeo, e per taluni addirittura dell’euro, sarebbe un tradimento della ragione d’essere della sinistra.
Nel propugnare entità sovra-nazionali v’è la curiosa convergenza, messa in luce da consolidati studi (per esempio di Robert Gilpin), fra l’internazionalismo marxista e quello liberale fondati, rispettivamente, sulla “solidarietà proletaria” e sulle virtù armoniche del libero mercato internazionale.
Vi è però una terza corrente marxista e democratica che nello Stato nazionale vede la chiave della libertà e del progresso sociale – è recondito citare i compagni Kurdi a conferma di una verità storica? Solide riflessioni pubblicate, per esempio, su Asimmetrie mostrano come l’Europa politica o è ordo-liberista o non è, per cui v’è poco terreno realistico su cui battersi per un “esito diverso e solidale”. In verità l’UE e l’euro sono in perfetta continuità con la globalizzazione del capitale: dopo che la mobilità di quest’ultimo l’ha reso sfuggente alla lotta di classe, anche lo Stato si fa evanescente transustanziandosi in irraggiungibili entità sovranazionali sì da svuotare la democrazia nazionale di ogni significato sostanziale.
Di democrazie sovranazionali fra entità nazionali disomogenee culturalmente ed economicamente non v’è traccia storica (se non molto limitatamente nel caso della Svizzera) e pour cause, dato che Parlamenti sovranazionali con poteri significativi sulle risorse federali e con poteri di perequazione regionale si dividerebbero presto lungo linee nazionaliste, Jugoslavia docet. E’ da apprendisti stregoni voler mettere in pericolo il futuro del proprio popolo e la pace internazionale in nome di ideali di questo tipo. La pace si tutela con la cooperazione fra popoli liberi e sovrani. Mi basta citare Edward Carr o Danilo Zolo a sostegno.
Lasciando da parte le posizioni più liberal-idealistiche (o hegeliano-marxiste), la sinistra è dunque di fronte a un dilemma: da un lato v’è chi sostiene che pur essendo la scommessa europea rivelatasi fallimentare, essa è oggi l’unico “game in town”.
Sebbene realistica, questa è una resa al Montismo o al Renzismo, vedete voi di quale squallidezza volete morire, un adeguamento alla globalizzazione di Stato e mercato. L’alternativa è una sinistra che si renda promotrice di una consapevolezza di massa della natura reazionaria del disegno europeo e si ponga come obiettivo la crisi politica di quest’ultimo. Porre la questione in termini euro sì/no è solamente banalizzarla: essa è più profonda e complessa. Segnali di ripensamento sull’Europa provengono, fortunatamente, da parte di avveduti esponenti del “più Europa” come Luciano Gallino e altri. E’ importante che con costoro la riflessione prosegua serrata con reciproca onestà intellettuale.
La questione euro si/euro no è banale nel senso che non ha senso parlare di 'riforma dell'Europa' senza prevedere la dissoluzione preventiva della moneta unica.Per quanto riguarda la sinistra il suo 'realismo'è semplicemente patetico: una forza minoritaria nella società se vuole effettivamente cambiare qualcosa non può permettersi di essere realista, altro che voglia ricoprire il ruolo di Syriza in Grecia (raccogliere i voti dell'elettorato di sinistra per sommarli a quelli di centro per fare le politiche di destra – realiste per definizione)
Quando penso a un hegeliano-marxista penso a Lenin. Cosa diceva un secolo fa a proposito degli USE dovrebbe essere noto.Qui abbiamo a che fare con una banda di cialtroni traditori della propria patria e dei lavoratori.Finiamola con 'sta storia del Manifesto che censura: organo di stampa che nasce come operazione reazionaria nel '69 da un gruppo di liberali dipinti di rosso (del sangue dei lavoratori).E il passo da liberale a fascista è breve.La continuità tra nazifascismo ed europeismo è nota, stessi sponsor, sovrastrutture diverse.Che fascisti si dichiarino "di sinistra" non è una novità: lo facevano anche gli agenti dell'OVRA; è solo un'ulteriore aggravante: il traditore è peggio del nemico di classe.Junius