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ABBIAMO GIÀ PERSO IN PARTENZA? In risposta a Barra Caracciolo di Leonardo Mazzei

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[ 26 ottobre ]
L’appuntamento è tra circa un anno, ma già se ne discute. Potrà il voto popolare rovesciare quanto appena approvato dal Senato in materia costituzionale? 
A parere di alcuni sì, a giudizio di altri no. Chi scrive ha cercato di argomentare più volte – (vedi ad esempio QUI) – le ragioni che inducono a valutare come ragionevolmente possibile la cancellazione della contro-riforma Renzi-Verdini.
Altri, sempre nel campo dei difensori della Costituzione del 1948, sono assai più pessimisti. E’ questo il caso del nostro amico Luciano Barra Caracciolo (alias Quarantotto), che ha esposto le sue convinzioni in un articolo di qualche giorno fa.

Barra Caracciolo divide sostanzialmente il suo ragionamento in tre parti. Nella prima spiega l’impossibilità che il referendum si svolga nella piena consapevolezza dei temi e dei problemi sui quali l’elettore dovrà pronunciarsi. Nella seconda, strettamente legata alla prima, vengono elencate le gravi violazioni della legalità costituzionale compiute da Renzi, senza che gli elettori possano avere gli strumenti culturali per fronteggiarle in sede di referendum. Nella terza, l’autore giunge alla conclusione che, in virtù di quanto affermato nelle due parti precedenti, non vi è sostanzialmente nessuna possibilità che il referendum possa correggere il “legno storto” della riforma renziana.


Come si può ben capire, non saremmo ora a discutere queste tesi se non vi fosse appunto una conclusione così drastica e, a mio giudizio, profondamente sbagliata. Partendo da premesse sostanzialmente condivisibili (quelle che sopra abbiamo chiamato prima e seconda parte), Barra Caracciolo ne fa discendere infatti una conclusione del tutto discutibile, stabilendo un meccanico rapporto di causa-effetto che non tiene conto di altri e decisivi fattori.


L’esito del referendum è davvero scontato? Credo che chi vuol combattere la contro-riforma dovrebbe stare ben attento ad emettere una simile sentenza. In questo modo si rischia soltanto di produrre sfiducia e scoraggiamento prima ancora di ingaggiare la battaglia. Ma non si tratta solo di una questione di opportunità politica. Si tratta invece di capire cosa sarà effettivamente il referendum dell’autunno 2016. Perché un referendum non è fatto solo della materia su cui si vota, ma del contesto in cui avviene, di quanto vi “investono” le diverse forze politiche, del significato più generale che talvolta una consultazione referendaria può assumere, del clima culturale, eccetera.


A mio parere il referendum costituzionale può essere vinto. E proverò a spiegare il perché. Prima, però, mi pare doveroso ripercorrere i punti essenziali del ragionamento di Barra Caracciolo. 


Egli ci dice anzitutto che è impensabile che «il referendum si svolga nella piena consapevolezza… dell’intera gamma di problemi di violazione dei principi fondamentali della Costituzione che ne risultano coinvolti». Una notazione certamente realistica, che possiamo facilmente condividere, anche se bisognerebbe comunque porsi il problema di cercare di costruirla quella «consapevolezza», almeno nella misura del possibile da qui al prossimo autunno.

Ma, ci dice Quarantotto

«Le condizioni, —culturali, mediatiche e politiche—, che avrebbero consentito tale possibilità di “resistenza” della legalità costituzionale sono, evidentemente, da tempo venute meno. Basti dire che la motivazione e i presupposti politici di questa riforma sono stati definiti, e mediaticamente supportati in modo totalitario, su queste basi: “se facciamo le riforme che gli italiani chiedono da 20 anni, anche i populisti indietreggiano”». 

Dunque, ed è la pura verità, l’argomento della lotta al populismo è in realtà usato populisticamente proprio dalle élite per far passare in maniera plebiscitaria il loro messaggio, con parole facilmente assimilabili come “efficienza”, “modernità”, “semplificazione”, eccetera. E questo può avvenire soltanto per l’assenza di una cultura veramente alternativa a quella diffusa da almeno trentacinque anni dal pensiero unico dominante.


Ma quali sono i «principali problemi di grave violazione della legalità costituzionale che gli italiani si troveranno a dover fronteggiare… senza poter avere a tal fine i mezzi culturali e di corretta informazione dell’opinione in sede di referendum»? 
Barra Caracciolo ne indica quattro, che qui mi limito ad elencare sommariamente, rimandando per l’approfondimento al suo articolo, tra l’altro corredato da utilissime citazioni di importanti costituzionalisti come Mario Dogliani, Vincenzo Caianiello e Luigi Ferrajoli.


Questi problemi sono così posti in un ordine logico di pregiudizialità:

a) «Indipendentemente dai suoi contenuti, QUESTO PARLAMENTO non aveva il potere legittimo di adottare una revisione costituzionale». 

b) «Il contenuto della riforma costituzionale non è conforme al potere di revisione comunque attribuito al Parlamento».c) «Il monocameralismo “de facto” è compatibile soltanto con una legge elettorale strettamente proporzionale, a pena di violazione dell’art.48 Cost.». d) Gli effetti del mostro partorito dal governo Renzi «si riflettono su tutte le istituzioni di garanzia costituzionale la cui elezione dipende dall’assetto istituzionale così instaurato: innanzitutto, il Presidente della Repubblica e la stessa Corte costituzionale». Questo perché essi «perdono la loro indispensabile neutralità super partes e divengono inidonei a rappresentare pienamente degli istituti di bilanciamento del potere politico di vertice accentrato sul solo Esecutivo».  

L’accordo con Barra Caracciolo su questi punti è assolutamente totale. La trattazione dei quattro  problemi è chiara ed esaustiva, e dovrebbe rappresentare la base del NO alla contro-riforma Renzi-Verdini in sede referendaria. Ma a questa battaglia bisogna crederci, perché è quella che ci resta per provare a fermare il processo di costruzione di un vero e proprio regime.


* * *


Veniamo allora al disaccordo politico con le conclusioni di Quarantotto. La sua tesi è questa:

«Il referendum, in questo contesto oggettivo, di cui non si può presumere un mutamento sostanziale (tranne un certo rafforzamento del M5S che però porta semplicemente all’ampliamento delle forze fedeli prioritariamente al principio anti-casta-spesa-pubblica improduttiva), avrebbe un esito approvativo, o meglio non oppositivo, praticamente scontato. Salve sorprese del tutto atipiche, rispetto al paradigma “mediatico-culturale” attuale».

«Esito praticamente scontato»: e chi l’ha detto mai? Forse l’ha detto Renzi, e lasciamoglielo credere, ma attenti a non cadere nella sua interessata narrazione. Quella secondo cui il popolo è con lui, perché non ne può più dei riti parlamentari, delle cosiddette “lentezze” della democrazia e dei “professoroni” che osano criticarlo. Ma è davvero così grande il consenso a Renzi? A me non sembra proprio.


Nonostante l’appoggio pressoché unanime dei media, il suo partito ha perso alle regionali dello scorso maggio (leggi QUI) un sonante 9%, e le sue quotazioni attuali non vanno oltre il 32%. Ed accanto a sé ha soltanto dei micro-cespugli centristi (Ncd ed altri) che elettoralmente valgono più o meno uno zero tondo, per non parlare dell’ingombrante compagnia del fido Verdini, che in Senato gli è stata utile assai, ma nelle urne referendarie potrebbe avere invece un effetto opposto.


«Insomma il Pd è solo. La controriforma è sua. In questo momento anche la vittoria è sua. Ma cosa succederà al referendum confermativo, che dovrebbe tenersi nell’autunno 2016? Prevedibilmente in quel passaggio il Pd sarà ancora più solo. E solissimo sarà il suo segretario tuttofare. Tra l’altro nessuno pensi che al ricompattamento del Pd a livello parlamentare corrisponda un’identica disciplina di voto della sua base tradizionale. L’attore Renzi predilige la parte dell’uomo solo al comando. Anzi, è l’unica che gli è congeniale. Bene, lasciamogliela recitare e forse ne vedremo delle belle.Basterà tenere a mente due cose.La prima è che bisognerà chiarire che il voto non sarà sul Senato, ma sull’approvazione o meno di un sistema istituzionale (includente ovviamente la legge elettorale) che apre di fatto la strada ad un vero e proprio regime.La seconda è che bisognerà fare in modo che si tratti di un referendum su Renzi. Operazione che non dovrebbe essere così difficile. Se sul punto precedente (la denuncia della tendenza al regime) convergerà solo una minoranza, per quanto consistente, sullo schiaffo da dare a colui che questa tendenza interpreta confluiranno in molti di più». 

Vediamo di aggiungere qualche ulteriore considerazione a queste affermazioni.


Abbiamo detto che due sono le cose importanti: 1) che la parola chiave non dovrà essere “senato” bensì “regime”, 2) che occorre chiedere un pronunciamento contro Renzi.


In fondo, si tratta solo di applicare due semplici regole della politica e della comunicazione. Nessun messaggio troppo complicato. Al contrario, un linguaggio semplice e diretto che evidenzi un pericolo (il regime) ed un nemico (Renzi).


LA PAROLA CHIAVE E’ “REGIME”

Questo significa che si debba rinunciare alle argomentazioni più profonde, siano esse inerenti allo stravolgimento sostanziale della Costituzione, o all’idea di democrazia e di società che sta dietro il mostro Renzi-Verdini? Assolutamente no. Ma quelle argomentazioni dovranno essere “vive”, collocate nel mezzo della sofferenza sociale percepita da milioni di persone. Esse dovranno andare incontro —non contro— al sentimento definito semplicisticamente “antipolitica”, che molto spesso antipolitica non è, ma solo giusto rifiuto della politica istituzionale così come essa concretamente si presenta oggi.  


Sicuramente gli italiani non amano il Senato, sicuramente hanno qualche difficoltà a capire tutte le implicazioni del mostro renziano (controriforma costituzionale + Italicum), ma hanno certamente la giusta sensibilità, ed i relativi anticorpi, alla prospettiva di un regime. Ecco perché la parola chiave dovrà essere “regime”. Si tratta di un’eccessiva semplificazione? No, si tratta di un’efficacissima sintesi. Un “No al regime” può essere uno slogan efficace, purché non sia l’unico e purché venga spiegato ed argomentato a dovere.


Ma anche il “No al regime” sarebbe insufficiente senza la capacità di chiedere noi un plebiscito, per l’esattezza un pronunciamento contro Renzi. Bisogna cioè abbinare la denuncia della tendenza al regime con il nome di colui che la promuove, per poi beneficiarne. Solo una minoranza del paese è con lui e non tutti i voti del Pd andranno a riversarsi nelle urne referendarie. Egli ha vinto in parlamento solo grazie ai vantaggi di una legge elettorale truffaldina, dichiarata proprio per questo incostituzionale dalla Consulta.


Qui mi immagino l’obiezione di Barra Caracciolo. Quella secondo cui anche buona parte degli elettori di M5S e della destra avrebbero in realtà in simpatia la controriforma renziana. Questa obiezione è sicuramente valida e sensata, purché non la si voglia assolutizzare. Ad esempio, è chiaro che la propaganda “rottamatrice” di Renzi intercetta in parte la posizione anti-casta di M5S, così come il presidenzialismo de facto disegnato dalla controriforma del governo va certo incontro al desiderio dell’«uomo forte» che da sempre alligna a destra.


Tutto vero. Ma pensiamo che tutto ciò si trasformerà, senza contraddizioni, in un SI’ plebiscitario al segretario del PD? A proposito, ecco un punto dolente: “segretario del PD”. Sai quanta voglia avrà l’elettorato di partiti avversari o concorrenti di rafforzare il “segretario del PD”…


Il fatto è che gli elettori, essendo esseri umani, non sono (e giustamente) mono-tematici. Potranno così esistere elettori di M5S magari d’accordo con l’abolizione sostanziale del Senato, ma non per questo propensi a dare forza a quello che percepiscono come il loro principale avversario. E ci saranno senz’altro elettori di destra attratti dal renzismo, ma ce lo vedete un leghista che va a votare SI’ per dare una mano al rignanese? Dubitarne è più che lecito.


Dunque vincere è possibile. E vincere il referendum 2016 è la premessa per affrontare il più generale stravolgimento che la Costituzione repubblicana ha subito negli ultimi anni, a partire dall’assurda (e peraltro non rispettata) norma sul “pareggio di bilancio”. Su questo Barra Caracciolo sarà senz’altro d’accordo.


Concludiamo riprendendo dal suo articolo una citazione del prof. Dogliani in sede di audizione parlamentare: 

«Il generale accordo sul fatto che l’attuale legislatura debba avere l’intera durata quinquennale costituzionalmente prevista, comporta uno sfregio dei cosiddetti effetti retroattivi della sentenza della Corte costituzionale, e cioè del significato obiettivo della sentenza. Sfregio che consiste nel far leva sullo spropositato premio di maggioranza – dichiarato incostituzionale – proprio per autoassegnarsi quella durata al fine di approvare gli strumenti – elettorali e costituzionali – volti a sopraffare le attuali minoranze interne e le opposizioni esterne».

E’ esattamente quanto scritto nel mio precedente articolo, che aggiungeva però una precisa conclusione relativamente al referendum:

«Renzi vuol rendere questo truffaldino vantaggio attuale un privilegio stabile, scritto nella legge elettorale e in una Costituzione all’uopo stuprata. C’è un modo per impedirglielo, il referendum 2016. Lì varrà, forse per l’ultima volta, il principio “una testa, un voto”. Il passaggio dalla Costituzione che fu di Terracini a quella del duo Renzi-Verdini può essere ancora fermato».

Partire da questa convinzione è decisivo. E’ una condizione necessaria, anche se ovviamente non sufficiente, per puntare alla vittoria. Bando dunque al pessimismo, specie quando non c’è alcun motivo per ritenere imbattibile l’avversario. E Renzi imbattibile non lo è proprio.

4 pensieri su “ABBIAMO GIÀ PERSO IN PARTENZA? In risposta a Barra Caracciolo di Leonardo Mazzei”

  1. Anonimo dice:

    Vedo voi e Barra Caracciolo nel pallone, ma di brutto.L'unica speranza è che il M5S decida di votare contro e faccia sua questa battaglia altrimenti con una vanilla intelligentsia del genere si parte regolarmente sconfitti in partenza.

  2. Anonimo dice:

    "Vedo voi e Barra Caracciolo nel pallone, ma di brutto.L'unica speranza è che il M5S decida di votare contro e faccia sua questa battaglia altrimenti con una vanilla intelligentsia del genere si parte regolarmente sconfitti in partenza."Certo che la redazione è proprio di manica larga a far passare certi commenti!Le opinioni di Caracciolo sono opposte a quelle di Mazzei (almeno per quanto concerne le conclusioni): chi dei due starebbe "nel pallone":Gli argomenti di entrambi sono comunque di grande spessore.Altro che le cazzate dei grillini su casta e corruzione!

  3. Ippolito Grimaldi dice:

    Il suo coraggio ( di LBC ) ci da coraggio.Ci è stato dichiarata guerra: quando il nemico attacca si getta il cuore oltre l' ostacolo, non ci si giustifica ed auto assolve per l' eventuale sconfitta.

  4. Anonimo dice:

    37 da Constituição Federal (DI PIETRO, 2007, p. 689).

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