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DAS AUTO, DAS BETRUG di Mauro Barberis

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[ 1 ottobre ]

Inutile dire che, dinanzi allo scandalo culminato ieri nelle dimissioni del presidente della Volkswagen, Herr Prof. Dr. Lup. Mann. Martin Winterkorn, abbiamo tutti goduto come dei ricci. 


Sono secoli che i tedeschi ci fanno la morale, a noi europei del sud in genere, e a noi italiani in particolare, dipingendoci come una massa di levantini e inaffidabili cialtroni.

Ha cominciato un altro Martin, Lutero, quando raffigurava la Roma pontificia come la Grande Prostituta di Babilonia; ma probabilmente già i primi teutoni, affacciandosi sul Brennero con i loro simpatici copricapi bicornuti, ci guardavano con un misto di curiosità e disprezzo.

L’accanimento terapeutico contro la Grecia, motivato soprattutto dal fatto che i predecessori di Alexis Tsipras avevano truccato i bilanci per entrare nell’Euro, è solo l’ultimo episodio di questa rovinosa serie. E badate che anche da questa vicenda, catastrofica per la sua immagine, la Germania era appena uscita bene. Dopo essersi piegato al diktat tedesco, infatti, Tsipras ha appena rivinto le elezioni, mentre la Cancelleria si rifaceva una verginità, se posso usare l’espressione, accogliendo frotte di profughi siriani nello sconcerto dei suoi vicini dell’est.

Ripensandoci, però, alla gioia maligna per la figuraccia tedesca, subentra un sentimento più complesso, che qua e là sconfina addirittura nell’ammirazione. Mettiamola così: c’è una sinistra grandezza in questa truffa perpetrata scientificamente in Bassa Sassonia, nella linda città di Wolfsburg, da un’azienda modello che non prende una decisione senza consultare le autorità locali e i sindacati. Un’industria che puntava a superare gli altri colossi del settore, Toyota e General Motors, non solo per le vendite, ma anche per la sostenibilità ecologica: confermando l’altro stereotipo della Germania verde che dà lezioni agli spreconi americani.


Studiata meticolosamente, coperta con professionalità, scoperta fortunosamente, la truffa ha finito così per deflagrare in modo ancora più dirompente. Ha coinvolto anche il governo, il cui ministro dei Trasporti da un anno rispondeva in modo sibillino a interrogazioni parlamentari sul tema, e insomma ha finito per sollevare dubbi non solo sull’affidabilità di un marchio di fabbrica, ma sulla credibilità di un intero paese. Anche in questo in tedeschi non sono come noi, che al massimo ci facciamo cogliere con le mani nella marmellata: pure le fesserie devono farle in grande, nelle proporzioni di una Gotterdammerung (caduta degli dei).

Qualche cifra? Sorvolando sull’entità delle multe minacciate dalle autorità statunitensi ed europee, comparabili solo al debito pubblico italiano, e gli effetti del crollo in borsa, che ci vorranno anni per riassorbire, pensiamo solo all’inquinamento prodotto. Le 482mila vetture diesel a marchio Volkswagen e Audi coinvolte in Usa avrebbero emesso tra le 10mila e le 41mila tonnellate di gas tossici all’anno.

Moltiplicando queste cifre per gli 11 milioni di veicoli venduti in tutto il mondo, si arriva a qualcosa che sta fra le 230mila e le 950mila tonnellate di ossidi di azoto all’anno, concentrati soprattutto in Europa, dove quasi la metà delle auto sono diesel rispetto al solo 3% degli Usa.

Quasi un milione di tonnellate di ossidi d’azoto sulla nostra testa, ci pensate? Non so voi, a me manca il respiro. E considerate che neppure lo so, cosa diavolo sia l’ossido d’azoto, dopotutto sono solo un cialtrone italiano, mica un manager tedesco.


* Fonte: Micromega

2 pensieri su “DAS AUTO, DAS BETRUG di Mauro Barberis”

  1. MDA dice:

    collegare il cervello prima di scrivere articoli di merda.http://torino.repubblica.it/cronaca/2015/09/25/news/terremoto_volkswagen_spaventa_l_indotto_in_ballo_oltre_un_miliardo-123632843/ma di sicuro non sono problemi per il giornalaio. Lui il suo stipendio lo avrà a vita, sia che il suo foglio venda 1 copia sia che ne venda 1milione.

  2. Redazione SollevAzione dice:

    L'articolo de La Stampa mostra che numerose piccole medie industrie piemontesi lavorano per VW, quindi che in caso ci crollo di vendite di VW sarebbero a rischio molti posti di lavoro.Il tipico ragionamento "realista" del capitale.Quindi si doveva continuare ad avvelenare Taranto e non far chiudere i reparti della morte per non mettere a rischio i posti di lavoro? Il diritto alla vita non viene forse prima di quello al posto di lavoro?E comunque tutto questo poco c'entra con l'articolo che vuole solo rimarcare quanto siano falsi i miti teutonici dell'efficienza, dell'onestà ecc.

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