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L’EGUAGLIANZA E LA COSTITUZIONE di Piero Calamandrei

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[ 22 ottobre]

Prendiamo da un bel post di Luciano Barra Caracciolo sulla “Questione meridionale” ai tempi dell’euro, che quindi consigliamo di leggere, un brano di Piero Calamandrei, [nella foto] tratto dal suo Discorso sulla Costituzione pronunciato  il 26 gennaio 1955.
E’ per noi un punto d’appoggio contro il nuovo sbrego della carta compiuto da un Parlamento illegittimo sotto la guida della cricca di Matteo Renzi. Abbiamo una possibilità preziosa di difendere la Costituzione, votare NO in occasione del referendum che si svolgerà fra un anno. Un NO non solo in difesa della democrazia, un NO per provare a cacciare i “mercanti dal tempio”.
«Ma c’è una parte della nostra costituzione che è una polemica contro il presente, contro la società presente. Perché quando l’art. 3 vi dice:
“E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”, riconosce che questi ostacoli oggi vi sono di fatto e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la costituzione, un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale, che la costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani.

Ma non è una costituzione immobile che abbia fissato un punto fermo, è una costituzione che apre le vie verso l’avvenire. Non voglio dire rivoluzionaria, perché per rivoluzione nel linguaggio comune s’intende qualche cosa che sovverte violentemente, ma è una costituzione rinnovatrice, progressiva, che mira alla trasformazione di questa società in cui può accadere che, anche quando ci sono, le libertà giuridiche e politiche siano rese inutili dalle disuguaglianze economiche dalla impossibilità per molti cittadini di essere persone e di accorgersi che dentro di loro c’è una fiamma spirituale che se fosse sviluppata in un regime di perequazione economica, potrebbe anche essa contribuire al progresso della società. Quindi, polemica contro il presente in cui viviamo e impegno di fare quanto è in noi per trasformare questa situazione presente.

Però, vedete, la costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La costituzione è un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla costituzione è l’indifferenza alla politica, l’indifferentismo politico che è -non qui, per fortuna, in questo uditorio, ma spesso in larghe categorie di giovani- una malattia dei giovani.
”La politica è una brutta cosa”, “che me ne importa della politica”: quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina, che qualcheduno di voi conoscerà, di quei due emigranti, due contadini, che traversavano l’oceano su un piroscafo traballante.
Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime e il piroscafo oscillava: E allora questo contadino impaurito domanda a un marinaio: “Ma siamo in pericolo?”, e questo dice: “Se continua questo mare, il bastimento fra mezz’ora affonda”. Allora lui corre nella stiva svegliare il compagno e dice: “Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare, il bastimento fra mezz’ora affonda!”. Quello dice: ” Che me ne importa, non è mica mio!”. Questo è l’indifferentismo alla politica.

E’ così bello, è così comodo: la libertà c’è. Si vive in regime di libertà, c’è altre cose da fare che interessarsi alla politica. E lo so anch’io! Il mondo è così bello, ci sono tante cose belle da vedere, da godere, oltre che occuparsi di politica. La politica non è una piacevole cosa. 

Però la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che io auguro a voi, giovani, di non sentire mai, e vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, dando il proprio contributo alla vita politica.
La costituzione, vedete, è l’affermazione scritta in questi articoli, che dal punto di vista letterario non sono belli (Calamandrei, al tempo, non poteva lontanamente immaginare quanto la “bruttezza” letteraria potesse dilagare all’interno della Costituzione “riformata”; 
ndLBR), ma è l’affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune, che se va a fondo, va a fondo per tutti questo bastimento. E’ la carta della propria libertà, la carta per ciascuno di noi della propria dignità di uomo».

3 pensieri su “L’EGUAGLIANZA E LA COSTITUZIONE di Piero Calamandrei”

  1. Anonimo dice:

    Pare che in Portogallo si stiano cominciando a incazzare con la UE addirittura quelli al governohttp://www.telegraph.co.uk/finance/economics/11946412/Defiant-Portugal-shatters-the-eurozones-political-complacency.html

  2. Anonimo dice:

    Queste cose andrebbero insegnate a scuola: la vera Buona ScuolaV

  3. Ippolito Grimaldi dice:

    Devo ammettere di essermi commosso nel rileggere Calamandrei.L' esortazione ai giovani di quel tempo è evidentemente caduta nel vuoto.

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