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LETTERA AD UN AMICO 2 di Simone Boemio

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[ 9 novembre ] 
Nella seconda era (nell’ultimo secolo) caratterizzata della libertà di circolazione di capitali, merci, servizi e persone,

capita di rimanere senza lavoro perchè al proprietario conviene aprire in altro luogo del globo,

capita di vedere agricoltori disperati buttare al macero la produzione e prodotti provenienti dall’estero nei negozi cittadini in luogo delle primizie locali

e capita di dover competere con manodopera straniera a basso costo, rinunciando a sacrosante tutele, pur di lavorare.

In questa Unione Europea, patria elettiva del liberismo, dove tutto è competizione, sempre di più dovremo rinunciare ai nostri diritti ed ai nostri piaceri quotidiani, perchè contrastanti con le necessità dei mercati.

Caro amico mio, 
 capisco quando mi chiedi di mettermi nei panni del pensionato o dell’esodato che si reca negli hard discount stranieri per risparmiare, ma ti chiedo di andare oltre per capire che così facendo si toglie lavoro ai propri concittadini.Il punto è quindi un altro: cosa ci sta costringendo a fare tutto questo e perché.


E’ si giusto che ciascuno impegni i propri averi come meglio crede in funzione delle proprie possibilità, ma è altresì giusto che tutti abbiano di che vivere dignitosamente.


Il sistema liberista instauratosi a partire dagli anni ’80 anche in Italia, ad opera delle multinazionali che sostenevano Thatcher e Reagan, prevede innanzitutto che ogni aspetto della vita delle persone venga regolato tramite le leggi di mercato e non più mediante l’azione di tutela dei cittadini da parte degli Stati.
Simone Boemio


Ciò significa, in soldoni, che per soddisfare ogni necessità ciascuno deve metter mano al portafogli (lo vediamo ogni giorno nel pagare servizi pubblici, ticket, tasse su ogni cosa, ecc.).E così, dopo anni di benessere diffuso e di diritti inviolabili dei cittadini garantiti dalla Costituzione repubblicana del ’48, ora, come mai prima (per le generazioni viventi), si assiste ad una mercificazione di tutto.Tutto ha un prezzo regolato solamente da due fattori:la legge della domanda e dell’offerta e quella del profitto; non c’è più spazio per le norme che prima garantivano una vita dignitosa anche ai meno abbienti.

Ora, la tutela del lavoro sarebbe ancora stabilita costituzionalmente, tanto da avere come primo articolo quello che recita:L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. … concetto poi precisato nel successivo quarto articoloLa Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.“,ma tutte queste parole, se prima trovavano senso compiuto nella vita dei cittadini, a partire dagli inizi degli anni ’80 hanno smesso di “funzionare” ed ora ci ritroviamo in una Unione Europea, mai scelta dai cittadini, dove le Costituzioni degli Stati sono state esautorate e con esse è venuta meno ogni tutela dei lavoratori. Il regime fortemente competitivo instauratosi, ci costringe solamente a rinunciare a ciò che avevamo prima pur di “tirare avanti” (la maggior parte delle famiglie ha un figlio in cerca di lavoro e le entrate non consentono quanto in passato, quindi sanno di cosa parlo).Ancora molti in Italia possono godere di vecchi diritti e di piccoli capitali risparmiati (cosa che purtroppo alimenta egoismo e mancata coesione sociale), ma la tendenza è tracciata: siamo in competizione tutti contro tutti e, quando si compete, il più grosso arraffa tutto.Senza uno Stato forte, efficiente, democratico e sovrano, capace di regolare ogni processo tutelando tutti i propri cittadini, non c’è altro risultato che il travaso di ricchezze dal Popolo alle elité globalizzatrici, travaso che, a sua volta, costringe le classi meno agiate al doversi approvvigionare dove conviene a scapito di altri, il che, a sua volta, provoca ulteriori licenziamenti e chiusure di attività, in una spirale verso il basso (si chiama spirale deflattiva) senza fine.


Ora tu mi chiederai, ma allora la soluzione qual è?Molti studiosi hanno già formulato le loro analisi e stilato soluzioni ed oggi, solo relativamente al tema di questa mia, ti dico che la soluzione c’è ed è stata già sperimentata con successo in tutto il mondo. Va considerata unitamente al ritorno della legalità costituzionale nel Paese (con quanto ne consegue) e prevede il ripristino dei controlli e delle tariffe doganali.Questi, non sono affatto un “dispositivo obsoleto”, ma una forma di tutela dei lavoratori e chi ti spiega il contrario ha forti interessi contrari a quelli delle popolazioni che vuol dominare.


Lascia che ti faccia un esempio:qualche tempo fa fui incaricato da una ditta svizzera di effettuare dei lavori per conto loro; bene, per sole due giornate di lavoro ho dovuto passarne quattro a sbrigare pratiche burocratiche rese necessarie dal fatto che se, qualora in Svizzera ci fosse stato un professionista in grado di eseguire quei lavori al pari di me, la ditta avrebbe dovuto affidarli a lui. Recatomi sul luogo del lavoro, mi sono ritrovato in mezzo ad operai di ogni età (anche giovanissimi) che lavoravano letteralmente in letizia, sorridenti e contenti di ciò che stavano facendo; com’è possibile questo? Lo è se il lavoratore si sente tutelato dal proprio Stato. Null’altro!Ora come sai, la Svizzera ha una dimensione economica molto limitata se la si raffronta all’Italia e non è che si facciano mancare scandali, corruzione e sprechi, ma hanno due cose che noi abbiamo perso entrando nell’Unione Europea: la sovranità e la democrazia.


Ora ti faccio un altro esempio (attinente alla foto in testa a questa mia) di cosa significhino i controlli e le tariffe alla dogana per il bene dei lavoratori:un tempo, poi neanche tanto lontano, se un importatore voleva distribuire nel nostro paese delle merci già prodotte internamente, doveva versare all’erario un dazio; questo non era “un retaggio antipatico del passato”, ma erano soldi che servivano per garantire ammortizzatori sociali (sanità, scuola, cassa integrazione, ecc.) ai lavoratori che sarebbero rimasti a casa per effetto dell’ingresso nel paese di merci (e anche servizi) dall’estero, che fino a quel momento avevano prodotto loro.Senza entrare nei tecnicismi, devi sapere che in quelle condizioni, avremmo si avuto sui banconi alla coop arance provenienti dall’estero, ma sarebbero costate quanto le nostre a causa della tariffa doganale e la gente (che non aveva un disoccupato in famiglia) avrebbe avuto i soldi per comprare quelle nostrane “schifando” alimenti prodotti chissà con quali tecniche e chissà grazie a quale sfruttamento; ciò quindi avrebbe sostenuto le produzioni locali favorendo il lavoro dei nostri concittadini; il tutto in una spirale questa volta positiva.


Ora tu mi dirai: ma ora c’è la globalizzazione!Vedi, a parte il fatto che la globalizzazione non è un fatto nuovo nella storia dell’umanità e che l’ultima in passato ci ha condotti a ben due guerre mondiali prima di essere sconfitta dal keynesismo (di cui è intrisa la nostra Carta Costituzionale), la globalizzazione attuale altro non è che un sistema di trattati, quasi mai sottoposti al Popolo che, come sono stati ratificati, possono essere abrogati.


I trattati internazionali sono uno strumento che cristallizza i rapporti tra le nazioni ed hanno un grave difetto: sanciscono il fatto che, chi al momento del trattato è più forte, conservi tale forza (altrimenti non proporrebbe il trattato) e, grazie a questa forza, successivamente trarrebbe sempre maggiori benefici fino a risultare progressivamente sempre più egemone nei confronti dello Stato più debole (hai presente cosa succede tra Germania e sud Europa nella Unione Europea?).E’ logico, se io sono forte 60 e tu 40, sono io a chiederti di sottoscrivere un patto dove questo rapporto di forze si consolida e tu, quasi costretto dalla mia potenza, accetti; ma così facendo mi autorizzi ad usare la mia supremazia fino a che inevitabilmente ti schiaccerà!

Ti ricordo che l’Italia, quando era uno Stato sovrano rappresentava una delle economie leader mondiali e, grazie ai principi costituzionali, molti vantaggi ricadevano sulla popolazione.Ora, da quando qualcuno ha deciso per noi e senza di noi che la Costituzione è vecchia (come se i principi potessero invecchiare) e che lo Stato democratico (la cui funzione principale è quella di salvaguardare i diritti dei propri cittadini) è un “carrozzone insostenibile”, noi ci ritroviamo a vivere nella vessazione e, molti dei nostri conoscenti, nella miseria.


Concludo ricordando che qualcuno un tempo scrisse:


“Da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”

Diamoci quindi da fare insieme affinché ciò trovi compimento, impegniamoci per l’abrogazione di ogni norma liberista introdotta nell’ordinamento negli ultimi trent’anni e lottiamo per far riprendere alla Costituzione Repubblicana originaria il proprio ruolo e mandare all’inferno chi vuol renderci servi.


Un caro saluto,

Simone ArticoloUno Boemio
Fonte: simoneboemio.blogspot.it

Un pensiero su “LETTERA AD UN AMICO 2 di Simone Boemio”

  1. Anonimo dice:

    Siamo passati da "lettera a un coglione" a "lettera a un amico"…meno male…

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