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ELEZIONI IN SPAGNA: L’INSTABILITÀ NELLA STABILITÀ E LA SFIDA DI PODEMOS

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[ 21 dicembre ]

«Pensavamo di finire come la Grecia, invece abbiamo fatto la fine dell’Italia».

In questo tweet, inviato da un cittadino spagnolo alla redazione di El País, mentre si consolidavano quelli che saranno i risultati elettorali definitivi, si descrive come meglio non si può, il quadro politico emerso dalle urne.
Partito Popolare e Partito Socialista, i due pilastri del sistema politico spagnolo, hanno perso più di 6 milioni di voti, a vantaggio delle due nuove forze politiche, Podemos e Ciudadanos.

Un terremoto non devastante, ma che potrebbe rappresentare il de profundis del regime bipolare (PP-PSOE) attraverso cui le classi dominanti, grazie anche ad una legge elettorale truffaldina, hanno esercitato la loro supremazia dalla fine del franchismo ad oggi. Usiamo il condizionale anche se in tutti i talk show delle tv spagnole, questa sera, non si fa che parlare della “fine del bipartitismo” 
È lo stesso refrain che Pablo Iglesias, leader di Podemos, ha utilizzato a spoglio non ancora ultimato, in tarda serata, ai suoi sostenitori nella piazza gremita.
Che il bipartitismo spagnolo sia ormai una parentesi chiusa, ce lo dirà il prossimo futuro.
Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco.

Ce lo auguriamo, ma ciò dipenderà da diversi fattori, tra i primi come si comporterà Podemos nei prossimi mesi, ovvero se finirà a fare la stampella del Partito Socialista o se, come promesso durante la campagna elettorale, respingerà qualsiasi accordo per un governo che assicuri la “governabilità”. [1]

Pablo Iglesias intanto tenta di godersi la festa, vista l’avanzata di Podemos, si tratta tuttavia di un’avanzata zoppa data l’aspettativa di diventare secondo partito, come i primi exit pool, di nuovo sbagliando, attestavano.
Inizia per Podemos la sfida più difficile: fallito l’obiettivo dell’assalto al cielo, di una rapida ascesa al governo, ora si tratta di passare ad una difficile “guerra di posizione”: costruire con tenacia ed intelligenza un’egemonia più ampia, un blocco sociale che possa davvero, non solo affossare il bipartitismo, ma rovesciare le oligarchie dominanti.
Podemos non ci riuscirà se non si libererà da quella che potremmo chiamare “sindrome grillina”, ovvero la presunzione di autosufficienza.

Pablo Iglesias potrebbe ritenere, anzi sicuramente riterrà, che il fatto che Izquierda Unida abbia ottenuto il peggior risultato della sua storia, ha dato ragione al suo deciso rifiuto di ogni alleanza a sinistra. Temiamo si sbagli. Nella sua visione contano solo i movimenti sociali e non c’è posto per alleanze con settori politici ben radicati e con una lunga storia, che lui liquida come “identitari”, “essenzialisti”, “roba vecchia”, e quindi minoritari.
Ma i movimenti vanno e vengono, la loro spinta è sussultoria quanto incostante, quindi sempre incerta, mentre anche a causa del carattere multinazionale dello stato spagnolo, anzitutto in Catalogna e nei Paesi Baschi, esistono forze politiche ben radicate e con cui non si può non fare i conti, con le quali, per dirla alla Manolo Monereo, si dovrebbe costruire un “blocco nazional-popolare”.
Checchè ne dica Iglesias, Podemos è ormai un partito a tutti gli effetti e deve saper dimostrare di essere una forza antisistemica anche ove venisse a mancare la forza propulsiva dei movimenti sociali.

Vedremo già nelle prossime settimane come andranno le cose in Spagna e per Podemos.
Con un parlamento senza maggioranza sembrerebbe scontato il ricorso alle elezioni anticipate.
E’ probabile che i dominanti, forti dell’appoggio delle oligarchie eurotedesche, applicheranno lo schema già sperimentato prima in Grecia e recentemente in Francia, usando la stessa narrazione e gli stessi metodi: si paventerà ai cittadini il rischio del caos per spaventare i settori popolari che si sono espressi per un profondo cambiamento, si demonizzerà chiunque parli di sovranità popolare, si richiameranno infine all’ordine i loro fantocci (PP e PSOE) per obbligarli a coalizzarsi allo scopo di tenere in piedi la traballante baracca. 

La sfida delle prossime settimane per Podemos è quindi molto più difficile di quella che si lascia alle spalle.

Il nostro augurio, malgrado tutto, è che possa vincerla.
E per vincerla dovrebbe lasciarsi alle spalle non solo le illusioni movimentiste, ma le tante ambiguità e reticenze sulla questione delle questioni: il rapporto con l’euro-Germania.
In estrema sintesi, avrà Podemos, la capacità di sfuggire alla demonizzazione, ma finalmente ponendosi come perno di un blocco ampio che ridia al Paese la sua sovranità perduta?


NOTE

[1] Iglesias ha questa notte ribadito che Podemos è disponibile solo ad un “governo di scopo” che per la riforma costituzionale. Nello specifico tre passi: (1) Inserire in Costituzione articoli che “blindino”, cioè sanciscano l’universalità del welfare, quindi l’obbligo dello Stato a erogare i servizi sociali; (2) Inserire un articolo che consenta ai cittadini di esprimere, evidentemente attraverso un referendum, la “sfiducia” verso un governo che non applichi il suo programma —di fatto è il principio del vincolo di mandato o mandato imperativo; (3) Il carattere plurinazionale della Spagna. 

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