UNIONE EUROPEA: LA SINISTRA INGLESE CI RIPENSA di Joaquín Rábago*
[ 16 dicembre ]
Le tattiche negoziali utilizzate dai paesi della zona euro verso il membro più debole, la Grecia, descritte da alcuni “brutali”, hanno fatto sì che molti, nella sinistra britannica, stanno riconsiderando le loro opinioni sulla UE dominata dalla Germania.
[Nella foto uno degli ultimi sondaggi su come voterebbero i cittadini britannici se ci fosse il referendum sull’appartenenza alla Ue]
Owen Jones, noto giornalista britannico e autore del libro “Chavs, la demonizzazione della classe operaia (ed. Swing Capital), ha scritto un articolo molto critico che sollecita i laburisti a mettere il tema della Ue all’ordine del giorno in vista del prossimo referendum sulla permanenza del paese nella UE.
Jones cita vari intellettuali di sinistra che non nascondono il loro disappunto per la piega sempre più asfissiante presa dall’Unione europea ad egemonia tedesca .
“Tutto il buono che aveva l’Unione europea è in dismissione e tutto il male è trabordato”, dice ad esempio,George Monbiot, editorialista del Guardian e autore di diversi libri sulla società e l’economia. Per Monbiot, “La Grecia è l’ultimo campo di battaglia nella guerra delle élite finanziaria contro la democrazia”.
Un’altra nota editorialista, questa volta del Times, autrice di libri femministi, Caitlin Moran, confessa di essere stata per tutta la vita a favore dell’Europa, ma riconosce che il mantenimento di questo atteggiamento diventerà sempre più difficile visto come la Germania ha trattato la Grecia.
Nick Cohen, editorialista per varie testate, tra cui il domenicale The Observer, aspro critico della Terza Via dell’ex primo ministro laburista Tony Blair, consulente ben pagato di grandi fondi d’investimento e governanti poco raccomandabili, scrive che la Ue è “una istituzione crudele, fanatica e stupida”.
E’ un fatto che mentre per le sinistre spagnola greca e di altri paesi usciti da una dittatura l’Unione europea significò al tempo una spinta importante per la democratizzazione e la modernizzazione, molti laburisti videro nella Ue un’opportunità per liberarsi dalle politiche profondamente antisociali del primo primo ministro conservatore Margaret Thatcher.
In un primo momento, la sinistra laburista ritenne che l’adesione al club di Bruxelles avrebbe costretto il governo britannico, a prescindere dal suo colore, ad adottare finalmente una legislazione progressista nel campo dei diritti del lavoro o in quello dei diritti umani.
Tuttavia, a poco a poco questa visione idealistica, man mano che aumentava il peso della Germania, evaporò. La stessa Germania che per ben due volte aveva combattuto nel XX secolo il popolo mostrava nuovamente la sua pulsione egemonica implacabile, pronta nuovamente sopraffare i suoi vicini con la forza della sua economia.
Come ha scritto il commentatore politico Janan Ganesh, della Banca centrale europea molti laburisti ora vedono solo gli aspetti negativi: “nella Banca centrale europea un monetarismo estremo, nel mercato unico le regole asfissianti sugli aiuti di Stato che vietano l’attivismo industriale, e nella libera circolazione dei lavoratori l’arrivo di immigrati poco qualificati che danneggiano la classe operaia nativa”.
La stessa classe operaia che sta abbandonando il partito laburista e che è all’ascolto del canto delle sirene sempre più patriottico ed eurofobico dell’UKIP.
I più europeisti nel partito laburista, gente come l’ex primo ministro Gordon Brown, l’ex ministro delle finanze Alistair Darling o l’ex ministro Blair per la Scozia, Douglas Alexander, sono oramai fuori dal Parlamento, uno andando in pensione, gli altri perché sconfitti alle ultime elezioni.
Nel frattempo, coloro che si preoccupano di scoprire cosa succede a Bruxelles, vedono che, per esempio nel caso della Grecia, l’ultimo “piano di salvataggio” poco ha fatto per aiutare i greci, o per modernizzare la sua economia, mentre ha aiutato aiutare Germania e Francia a recuperare il denaro prestato alla Grecia.
Vedono anche come l’euro, di cui il regno Unito, sempre geloso della sua sterlina, non ha mai voluto far parte, è servito principalmente a rafforzare la Germania come il principale esportatore a scapito di tutti i suoi membri, incapaci di competere data la disparità di condizioni nella UE.
La sinistra laburista teme soprattutto che la firma del Trattato transatlantico del commercio e degli investimenti (Ttip), negoziato per mesi in segreto da Washington e Bruxelles e oggetto di forti pressioni da parte delle multinazionali e della finanza, faciliti ulteriormente le privatizzazioni i servizi che sono restati fino ad ora pubblici.