VENEZUELA: LE RAGIONI DI UNA SCONFITTA di Giampaolo Martinotti
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[17 dicembre ]
Venezuela, tra crisi politica ed economica. Ecco perché Maduro ha perso le elezioni. Intervista con Francesco Bogliacino che insegna economia politica all’Universidad Nacional de Colombia
D. Proviamo a capire cosa sta succedendo in Venezuela con Francesco Bogliacino, che insegna economia politica a Bogotà, nell’Universidad Nacional de Colombia occupandosi prevalentemente di mercato del lavoro, di crescita e sviluppo e di economia comportamentale. Il netto risultato delle elezioni legislative del 6 dicembre segna la prima grande sconfitta del Partido Socialista Unido de Venezuela (Psuv) negli ultimi vent’anni. Quali sono essenzialmente i motivi della débâcle del partito del presidente Maduro?
R. Intanto direi che era ampiamente attesa, forse non dalla maggior parte dei latinoamericanisti italiani che quando parlano della regione sentono suonare i violini, ma sicuramente da chiunque avesse un minimo di senso della realtà. La sconfitta è il combinato di vari fattori. Su tutti direi tre: (a) un problema gravissimo di sicurezza, a sua volta il prodotto di varie concause, dalla guerra sporca dell’ala dura dell’opposizione fino al frutto malato di avere legittimato gruppi opachi dentro il chavismo, dalla penetrazione del narcotraffico alla crisi economica; (b) un problema di scarsità di alimenti di base e di un’inflazione elevatissima, parte dei problemi economici; (c) la scarsa popolarità di Maduro, determinata dall’inevitabile usura del chavismo al potere, dai problemi e dalla scarsa leadership. Maduro non è Chávez, se ci fossero stati dei dubbi…
Qual è la gravità della crisi economica che affligge da tempo il Venezuela? È davvero possibile costruire un’alternativa al sistema capitalista in una economia (fortemente basata sulla rendita petrolifera) come quella venezuelana?
La crisi è sicuramente grave. C’è questo slogan trito e fastidioso a sinistra, secondo cui la “questione è politica”. Il Venezuela lo svela perfettamente, la questione non è politica perchè il cambio si dà sul terreno delle mediazioni reali. E qui veniamo alla seconda risposta: è possibile pensare a un superamento, ma non alle condizioni di struttura economica esistenti (e questo per definizione). L’errore di tutta la sinistra latinoamericana è stato pensare di ottenere il cambiamento sociale senza stravolgere la “matrice produttiva” come si era soliti chiamarla nello strutturalismo sudamericano. Si è commesso l’errore di pensare che il contesto di boom esterno e boom delle materie prime fosse una garanzia di lungo periodo. Intendiamoci, chi pensa che la sinistra potesse andare al potere in Paesi come il Venezuela e la Bolivia senza essere populista vive su Marte, ma il processo richiedeva di accompagnare la redistribuzione con una vera agenda sul lavoro, pensando a cosa e come produrre. Invece no, ci si è concentrati sull’aspetto redistributivo, con il risultato che al crollo del prezzo del petrolio l’economia è arrivata con squilibri interni e esterni insostenibili.
Mi dilungo ma qui ci sono almeno tre paradossi: l’agenda redistributiva va benissimo anche alla destra purchè non metta in discussione i vincoli di sistema, la prova è che se confrontiamo Mercosur e Alianza del Pacifico (rispettivamente la nuova sinistra e la destra neoliberale nella vulgata) vediamo che le riduzioni nella disuguaglianza (uso il Gini come indicatore) sono state assolutamente comparabili. Volete la prova? Tutta la politica sociale in Colombia l’ha fatta Uribe (il peggio del peggio per intenderci) e la destra l’ha usata per vincere le elezioni. Se guardiamo ai programmi sociali non c’è differenza tra Brasile, Colombia, eccetera, sono i programmi di interventi mirati (targeted) figli della Banca Mondiale.
Secondo paradosso: l’agenda “redistribuzione-più-energia” ha riarmato il braccio nordamericano, che infatti sovvenzionando la sua industria e con le innovazioni tipo fracking ha invaso il mercato facendo crollare i prezzi e colpendo tutti i suoi nemici strategici.
Terzo paradosso: alla fine l’indigenismo e le questioni ambientali che erano buone per accusare Washington sfociano nell’ipocrisia perchè per esempio in Venezuela sul tema ambientale ci sarebbe da sviluppare una critica profonda.
La Mesa de Unidad Democrática (MUD) ha ottenuto ben 112 seggi su 167 all’assemblea nazionale. La coalizione giudata da Jesus “Chuo” Torrealba è contraddistinta da un forte orientamento liberale, democristiano e antichavista. In questo contesto sarà possibile preservare le conquiste sociali ottenute da Chávez?
La MUD è un coacervo che scoppierà nelle sue contraddizioni, è un carrozzone che include ex golpisti, destra neoliberale, sinistra non chavista, eccetera. C’è un elemento che molti non hanno sottolineato: l’assemblea in questi anni è stata una specie di “ente inutile” visto che con la ley habilitante prima Chávez poi Maduro governavano per decreto, quindi il primo cambio sarà ripristinare il potere legislativo, ma dubito che la MUD sappia gestire la situazione (nè mi aspetto nulla di buono). Ovviamente ci saranno dei cambiamenti radicali: a breve termine ciò che sicuramente cambierà sarà Petrocaribe, il sistema di allenze con cui Chávez contribuiva a controllare il centroamerica a cambio di petrolio sussidiato. Naturalmente una parte delle politiche sociali sarà smantellata perchè al momento il Venezuela sopravvive con prestiti dalla Cina.
L’affermazione di Mauricio Macri in Argentina prima, la sconfitta del Psuv poi: possiamo parlare della “fine di un’era” per le sinistre sudamericane? Qual è il futuro dei governi dell’America Latina che si ispirano al chavismo?
Credo sia sbagliato fare ragionamenti unitari a livello regionale. Sicuramente c’è una tendenza in atto che è quella del consolidamento dell’area pacifica (attuale Alianza del pacifico) che sta adottando una serie di accordi sui movimenti di capitale che danno prospettive fosche a medio lungo termine. Poi ci sono le storie nazionali: l’Ecuador per colpa della dollarizzazione vivrà una crisi finanziaria e credo che la mossa di Correa sia quella di fare andare al potere la destra perchè si bruci per poi ritornare da eroe. La Bolivia sembra il paese più stabile, in Colombia dipenderà dall’esito del punto finale del negoziato. Il Brasile vira a destra ma tuttavia si ridimensionerà a livello geopolitico. In ogni caso il modello va ripensato, la redistribuzione pura va bene quando il bilancio è ricco ma il contesto è cambiato, ripeto che le sole politiche sociali non bastano più
È plausibile pensare che la stagione di egemonia della “revolución bolivariana y chavista” in Venezuela stia volgendo al termine. Le parole di Nicolás Maduro, «Il Paese è vittima di una guerra non convenzionale, economica, finanziaria, criminale e psicologica», potrebbero dare adito ad una svolta militare nella strategia del Psuv?
Il Venezuela ha comunque dato prova di maturità, i risultati sono stati accettati e vedremo ciò che succederà. È bene ricordare alle destre di tutto il mondo che i golpe in questo secolo ci sono stati contro Chávez e contro Zelaya (Honduras), non certo da parte delle sinistre. Maduro semplicemente mostra tutti i suoi limiti e in parte cerca di sottolineare le minacce esterne (USA, il conflitto frontaliero con la Colombia, eccetera) per ottenere consenso interno. Il modello, ripeto, va ripensato. Ma non sarà certo Maduro il protagonista di questa eventuale fase.
* Fonte: Popoff quotidiano